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giovedì 27 luglio 2023

Rabdomanzia una facoltà in declino

 


Oggi se abbiamo sete apriamo il frigorifero e beviamo un bicchiere di Ferrarelle o Vitasnella, a seconda se vogliamo acqua gassata o liscia. I più poveri vanno in cucina e dal rubinetto si accontentano di acqua naturale. I morti di fame, come i contadini, immergono un secchio nel pozzo e si accontentano di acqua piovana.

Ma gli uomini primitivi, massimo ogni 2-3 giorni dovevano bere, identificando una sorgente naturale per cui la natura, o Dio se più vi piace, aveva previsto che possedessero la capacità di identificare dove sgorga dell'acqua, una facoltà che può identificarsi come una specie di rabdomanzia, della quale ora spiegheremo ai nostri lettori il suo percorso storico.

Voglio raccontare un incontro che ho avuto in Lombardia negli anni Sessanta, quando viaggiavo in autostop ed alloggiavo in un campeggio contiguo all'autodromo di Monza. Ebbi modo di conoscere e vedere in azione un rabdomante particolarmente dotato, il quale riusciva ad identificare giacimenti di metano e ne localizzò varie decine, collaborando a diminuire le nostre importazioni dall'estero con beneficio per la nostra bilancia commerciale.

Secondo l'etimo (dal gr. ῥάβδος "verga" e μαντεία "divinazione"), la parola rabdomanzia indica la divinazione compiuta a mezzo di un bastoncello, nella forma cioè tradizionale e antichissima che trae la sua origine dai culti arcaici degli alberi e delle piante. In tempi più vicini a noi, il vocabolo (talora sostituito da quelli di radiomanzia, radioestesia e simili) è stato assunto a indicare la ricerca e il ritrovamento di cose nascoste nel sottosuolo (per lo più acqua o metalli), da parte di persone specialmente sensibili (rabdomanti), che adoperano spesso bacchette speciali, o loro equivalenti. 

 

Gli antecedenti storici della rabdomanzia, intesa in questo più preciso significato, non pare si possano considerare come molto lontani dall'epoca nostra. Non si potrebbe infatti ricondurre sotto l'anzidetta definizione il noto episodio biblico di Mosè che fa sgorgare l'acqua dalla roccia di Ḥoreb, percuotendola con la verga (Esodo, XVII, 3 segg.); e tanto meno altri episodî di divinazione a mezzo di verghe, tanto biblici, quanto di scrittori dell'epoca classica (Cicerone e Livio). Sappiamo invece con certezza che in Germania, nel sec. XVI, la bacchetta divinatoria  era usata largamente nelle miniere, per trovare filoni di carbone o falde metalliche. I mercanti inglesi girovaghi dell'epoca elisabettiana introdussero queste pratiche nelle miniere della Cornovaglia, e tanto nella Gran Bretagna quanto in Francia la rabdomanzia venne applicata alla ricerca dell'acqua sino dal sec. XVII. Gli studi moderni intorno al fenomeno s'iniziano peraltro solo con la pubblicazione, rimasta classica, dell'abate L. di Vallemont, La physique occulte ou Traité de la baguette divinatoire (Parigi 1693). Contro la tesi, sostenuta da varie autorità dell'epoca, secondo cui il fenomeno della rabdomanzia si doveva ricondurre a influenza diabolica, il Vallemont sostenne ch'esso si doveva attribuire a cause prettamente naturali, e ne descrisse minuziosamente le varie modalità.


Tradizionalmente, il rabdomante opera come segue: si munisce di una bacchetta foggiata per lo più a Y rovesciato, la impugna con le due mani, lasciando in avanti la parte terminale, parallela o lievemente obliqua rispetto al suolo, e procede sul terreno da esplorare: in prossimità di falde acquee o di filoni metallici, la bacchetta, guidata da moti muscolari automatici, si alza, si abbassa, gira, indicando il luogo dove occorre scavare. 

La forma della bacchetta varia alquanto nelle diverse epoche e secondo le singole abitudini dei rabdomanti, e viene talvolta sostituita da pendoli o da altri apparecchi, tal'altra manca del tutto. Quasi ogni rabdomante ha le sue abitudini e le sue concezioni intorno al significato dei moti della bacchetta o del pendolo, e alla relativa profondità ed estensione dell'acqua o del minerale cercati.


Dopo il Vallemont, gli studiosi che si sono occupati di rabdomanzia hanno seguito due vie divergenti: dagli uni si tende a considerarla come un fenomeno di ordine fisico, ammettendo cioè che dall'acqua o dai metalli o dagli oggetti imprigionati nel suolo partano speciali radiazioni capaci di svegliare la specifica sensibilità dell'apparato neurovegetativo dei rabdomanti, e di provocare in essi scariche motorie; dagli altri si tende a fare della rabdomanzia un caso particolare di quella facoltà di conoscenza extranormale che Ch. Richet ha definito col termine generico di criptestesia, e a considerare il fenomeno come propriamente e squisitamente "metapsichico". Molteplici argomenti sono stati arrecati a sostegno dell'una come dell'altra tesi; il fatto che alcuni rabdomanti sembrano poter esercitare la loro facoltà anche avvalendosi di carte topografiche e di piani catastali starebbe peraltro a per lo meno dimostrare che, a un certo punto, è necessario abbandonare la prima a favore della seconda. 

 



Le ricerche intorno al meccanismo del fenomeno rabdomantico (che come tale è ormai fuori discussione) proseguono anche attualmente e con grande alacrità in ogni paese: congressi, esperienze compiute su larga scala, applicazione alle manifestazioni dei più sottili metodi d'investigazione, anche strumentale, permettono di considerare non lontano il giorno in cui la rabdomanzia sarà definitivamente strappata alla superstizione, e acquisita alla scienza. 

 



2 commenti:

  1. RICORDO DI AVER CONOSCIUTO UN PROFESSORE DI LETTERE TRENTINO, CON IL QUALE ERO DIVENTATO AMICO ESSENDO IO STESSO DI ANTICA PROVENIENZA TRENTINA E DI AVER CON LUI ATTRAVERSATO ROMA DI NOTTE AVENDO LUI SENSIBILITA' DI "RABDOMANTE" CON LA FAMOSA "BACCHETTA A FORCELLA ROVESCIATA" E SCOPERTO CHE ROMA HA UN SOTTOSUOLO PIENE DI FALDE ACQUIFERE, FALDE CHE PERMISERO AGLI ANTICHI ROMANI DI AVERE ACQUA POTABILE IN GRANDE QUANTITA'.
    STELVIO DAL PIAZ

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  2. Grazie,
    Del davvero...interessante Articoletto!
    FdF

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