Pochi ricordano oggi, soprattutto tra i giovani, il nome ed i meriti di Ernesto de Martino, scomparso 50 anni orsono, il quale seppe raccontare nei suoi libri il mondo magico del sud Italia ed un patrimonio di miti e riti che rischia di scomparire, non solo nella realtà, ma anche dal ricordo.
Miseria e nobiltà di un Mezzogiorno, da tempo più che una regione geografica un luogo dell’anima.
Erano gli anni del boom economico e mentre al nord si pensava unicamente ad aumentare la produzione, il sommo antropologo indagava gli antichi riti di guarigione della civiltà agricola e pastorale e nel suo celebre libro La terra del rimorso ci fece conoscere la terapia del tarantismo con le donne del Salento che, invasate come baccanti, ballavano al ritmo di antiche melodie antenate della Tarantella.
Una scheggia impazzita che faceva comprendere al grande pubblico come il Medioevo in alcune zone del nostro Paese non fosse ancora tramontato. Ed ancora oggi la memoria del pizzico fatale del ragno non è scomparsa, al contrario la tarantola da antico stigma del sottosviluppo è divenuto il simbolo di una speranza nel futuro, basata su uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
Sono nate così grandiose manifestazioni che attirano turismo e denaro come la Notte della Taranta, durante la quale migliaia di giovani ballano con passione. E si può ora affermare senza ombra di dubbio che il ragno pizzica ancora, ma ora il suo morso provoca salti di gioia e fa ballare per ore, ma senza rimorso.
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