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giovedì 14 maggio 2015

Arte lombarda dai Visconti agli Sforza

Milano al centro dell’Europa

12- La pala sforzesca


articolo di Elvira Brunetti

Nella splendida cornice dell’Expo 2015 non poteva mancare il valido sostegno alla storia di Milano e alla sua centralità nella cultura europea, offerto dalla mostra in itinere fino al 28 giugno: “Arte lombarda dai Visconti agli Sforza”.
Già nel 1958, sempre nella stessa sede di Palazzo Reale, Roberto Longhi aveva fortemente incoraggiato la prima esposizione, di cui l’attuale è un ritorno, sull’arte lombarda del tardo Medioevo e del Rinascimento.
Quello fu il momento della nascita di una riflessione, che continua ancora oggi grazie al ritorno del tema sull’importanza e sul contributo specifico del Ducato di Milano alla fioritura della cultura artistica moderna.
Basti pensare alla magnificenza della fabbrica del Duomo che non ha pari nelle altre corti dell’epoca per avere un’idea del livello artistico raggiunto dal potere di Gian Galeazzo Visconti.
Le singole sezioni della mostra si aprono con brevi ma sufficienti introduzioni storico artistiche che permettono di seguire i vari sviluppi e le varie influenze.
Dopo le difficoltà iniziali incontrate dal primo Signore di Milano, l’arcivescovo Ottone, proclamato tale nel 1277, il casato Visconteo si consolidò con Azzone, Luchino e Giovanni. Per tutto il Trecento nonostante i veri intrighi familiari per la successione e grazie a matrimoni importanti, l’espansione territoriale avvenne in direzione del Veneto, dell’Emilia, della Toscana e del Piemonte. Gian Galeazzo riceve nel 1385 l’investitura imperiale con titolo ducale su Milano e territori soggetti. Sposa Isabelle di Valois, sancendo un’alleanza di prestigio con i reali di Francia e creando l’imbarazzante precedente che determinerà la fine del Ducato.
L’ultimo duca Visconti muore  nel 1447 senza eredi maschi legittimi. In tal modo il passaggio del potere agli Sforza avviene senza il riconoscimento imperiale in quanto Francesco I sposa Bianca Maria Visconti figlia illegittima di Filippo Maria. Nella successione si distinguerà soprattutto Ludovico Maria Sforza Visconti detto il Moro, che con metodi non tanto ortodossi sgominò i rivali e impose il suo potere che culminò con l’agognata investitura imperiale del ducato. Necessari furono giochi diplomatici come le nozze di Bianca Maria Sforza con l’imperatore Massimiliano insieme ad un congruo svuotamento delle finanze ducali. Il quadro che evidenzia un simile desiderio di legalità è La Pala Sforzesca della pinacoteca di Brera (fig.12), nella quale Ludovico si fa ritrarre con la moglie e i due figli. 
Quando però Luigi d’Orleans nipote ed erede di Valentina Visconti diventò re di Francia nel 1498 col nome di Luigi XII, il ducato fu invaso dalle sue truppe col diritto di rivendicazione sul territorio. Ludovico fu costretto a trovare rifugio presso la corte imperiale di Innsbruck. Quelle stesse trattative che servirono a dare lustro alla corte lombarda si rivelarono poi dannose per la sua fine.
La mostra offre ai visitatori un ricco percorso attraverso l’età dell’oro di Milano dall’inizio del Trecento fino alla caduta di una corte brillantissima aperta ai contatti con l’Europa della quale era parte centrale anche geograficamente. Più di 250 oggetti riuniti nelle sale, dai libri delle Ore (fig. 01), le cui pergamene miniate con dovizia di particolari provenienti dalla Bibliothéque Nationale  de France di Parigi sono solo un esempio loquace, testimoniano la presenza di artisti di notevole calibro. Sebbene l’opera di Giotto in primis a Palazzo Reale, proprio dove si tiene la mostra, sia andata perduta, segni inequivocabili del suo linguaggio pittorico si riscontrano in varie forme di espressione: dagli affreschi con personaggi a grandezza umana (fig. 02), distaccati e fissati su telai di legno, impressionanti per l’impronta del maestro di riferimento, al marmo del Metropolian museum di N.Y. di Giovanni di Balduccio (fig. 03)“San Pietro con donatori ”fino al bellissimo tondo in vetro colorato (fig. 04). Dal Bode Museum di Berlino due statuine alte non più di 50cm realizzate da Bonino da Campione che vivono di una dinamicità leggibile nella contorsione dei corpi dalla testa alle mani. Sono “Maria dolente” e “Giovanni dolente”(fig. 05).

01-Libro delle ore
03-Giovanni di Balduccio. San Pietro e donatori

02-Affresco giottesco


04-Tondo in vetro

05- Statuine dal Bode di Berlino

Con Gian Galeazzo si raggiunge l’apice dell’espansione artistica di Milano dalla Francia alla Boemia. Le sezioni espositive di tale periodo vedono protagonisti del gotico internazionale due importanti miniatori e pittori: Giovannino de Grassi e Michelino da Besozzo. Il primo attivo anche nel Duomo contribuì in modo esemplare all’opera di raffinatezza della corte ducale. Il secondo diventato famoso per “La Madonna del roseto” (fig. 06) proveniente da Verona e logo della mostra è artista che incanta per il tono poetico avvolgente le figure religiose dolcissime, fluttuanti in un mare di ori e rose. Le sue due tempere su tavola presenti in mostra rappresentano entrambe la Madonna e Santa Caterina in due momenti diversi. Nel suo capolavoro già menzionato esse sono immerse in un eden delizioso, una immagine insolita, nuova, direi moderna delle due donne. In quella proveniente da Siena (fig. 07) si glorifica invece il matrimonio mistico della Santa con la singolarità della firma incisa a grossi caratteri sullo sfondo interamente dorato. Michelino da Besozzo è per un lungo periodo l’artista di riferimento e la sua immensa produzione, attenta sì al naturalismo ma più fedele al passato che incline all’innovazione, spazia dalle pale d’altare alle oreficerie fino alle carte da gioco, enormi non come quelle comuni, per il divertimento della corte.
Con Francesco Sforza si ha l’apertura verso la cultura toscana e l’avvio del primo vero Rinascimento pittorico lombardo, di cui il massimo esponente è Vincenzo Foppa, il quale produrrà per tutto il Quattrocento. Le influenze in questo periodo sono varie da Gentile da Fabriano incantato anche lui dall’ars pictorica di Michelino all’ars nova fiamminga con Zanetto Bugatto, per esempio, nel polittico della Madonna Cagnola (fig. 08). Tra le opere esposte c’è un marmo del 1470, proveniente dal Duomo di Napoli, che rappresenta la Madonna col bambino dello scultore Cristoforo Mantegazza (fig. 09).

06- La Madonna del roseto

07- Il matrimonio mistico di S.Caterina

08- Dal Polittico della Madonna di Cagnola

09- C. Mantegazza

Gli ultimi decenni del Quattrocento con Ludovico il Moro i cantieri ducali sono rilanciati, ampliati e definiti. Dal Castello Sforzesco alla Certosa di Pavia fino a Santa Maria delle Grazie, mausolei dei Visconti e degli Sforza. Gli artisti lombardi si confrontano con Andrea Mantegna e soprattutto col Bramante presente a Bergamo e subito dopo a Milano. Bernardino Butinone, autore della “Madonna con il bambino in trono e angeli” evidenzia tale influenza, che ha ugualmente tuttavia delle forme personali elaborate attraverso le novità artistiche delle corti di Mantova e Ferrara. Altro esempio di derivazione bramantesca è Ambrogio Bergognone palpabile nella “Madonna allattante”(fig. 10). La tempera appena menzionata proviene dalla celebre collezione Borromeo, sita a Isola Bella sul Lago Maggiore, così come  i due oli su tavola più straordinari dell’intera mostra: “l’Arcangelo Gabriele” e “La Vergine annunciata” di Vincenzo Foppa (fig. 11) in cui è evidente l’impronta leonardesca. Sono diverse le opere che risentono della vicinanza del maestro Da Vinci. C’è un dipinto notevole per la suggestione di grazia e dolcezza: “Il ritratto di un giovane come un San Sebastiano” di Giovanni Antonio Boltraffio, allievo insieme a Bernardino Luini e ad altri di Leonardo. E dire che invitato alla corte di Ludovico il Moro il pittore più noto del mondo si presentò come architetto militare…
Non è un caso, né un particolare di poca importanza la circostanza che vede l’apertura della mostra con la lezione di Giotto e la chiusura della stessa con l’insegnamento di Leonardo da Vinci, del quale tra l’altro come a tutti è noto resta in Santa Maria delle Grazie il famoso Cenacolo.
L’ultima opera esposta è un marmo del Louvre che ritrae Beatrice d’Este (fig. 13), la giovane sposa di Ludovico. Il pregevole busto scolpito da Gian Cristoforo Romano giace in una vetrina proprio al centro della sala permettendo in tal modo la visibilità del profilo dolcissimo e della laboriosa lunga treccia dei capelli.

Elvira Brunetti 

10- A. Bergognone

11-Vincenzo Foppa

13 - Beatrice D'Este


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