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sabato 9 novembre 2013

UNO DEI PADRI DEL SOCIALISMO ITALIANO

Francesco De Martino


Francesco De Martino, nato a Napoli nel 1907 e spentosi nel 2002 è stato giurista, politico, intellettuale, tra i padri del socialismo italiano laureatosi in giurisprudenza entrò come praticante nello studio di Enrico De Nicola e lavorò al fianco di Giovanni Leone, suo coetaneo. A Napoli ricoprì a lungo l’incarico di professore di Diritto Romano all’Univeristà e di questa disciplina fu anche uno dei più autorevoli studiosi ed autore di testi di grande rilievo.
Si dedicò alla ricerca nel campo dell’economia e del Diritto Romano, pubblicando opere note anche all’estero:
Storia della Costituzione Romana (6 volumi)
Storia Economica di Roma Antica
Francesco De Martino fu anche un grande intellettuale e un attento meridionalista. A Napoli, negli anni '50-'60 si struttura una parte importante del pensiero meridionalista fortemente influenzato dalla “Questione meridionale” di Antonio Gramsci e cresciuta nell’analisi del pensiero di un conservatore come Giustino Fortunato. 
Una scuola che raccoglie comunisti come Giorgio Amendola, Giorgio Napolitano, Maurizio Valenzi (futuro sindaco della città nel 1975), un repubblicano come Francesco Compagna e, appunto, un acuto professore socialista come Francesco De Martino. Li accomunava una critica ai ritardi strutturali dei nostro sud e sulla necessità che il meridione trovasse in se stesso le risorse intellettuali, intellettive e umane per crescere e progredire.
Antifascista storico, De Martino partecipa alle proteste contro il regime e, come molti fra i giovani democratici dell’epoca, chiede una linea meno isolazionista rispetto all’Aventino. Negli anni della dittatura si dedica agli studi universitari con un saggio sulla libertà nel diritto romano. Suona come una dura critica, quest’inno ai diritti dell’individuo, alla dittatura fascista e, soprattutto al nazismo appena arrivato al potere in Germania.
Vince la cattedra di diritto romano all’Università di Napoli e inizia la carriera d’insegnamento, un’esperienza che durerà per quarantanni facendone uno dei massimi esperti di storia del diritto romano.
Nozioni e conoscenze che non lo abbandoneranno mai nemmeno nella sua attività di politico che inizia subito dopo la Liberazione. La sua militanza politica attiva inizia nel Partito d’Azione e si basa sul tentativo di coniugare libertà, democrazia e giustizia sociale. Frutto dello studio e dell’impegno, il progetto di cui De Martino si fa portavoce si basa sulla speranza di unire tutta la sinistra, dalle componenti liberaldemocratiche ai comunisti ai quali, pur condividendone l’attività politica e sindacale in materia economica e di allargamento della partecipazione politica nazionale, non risparmi critiche per gli errori e le violenze perpetuate da Stalin in Unione Sovietica.
Dopo lo scioglimento del Partito d’Azione, mentre Ugo La Malfa e FERRUCCIO Parri confluiscono nel Partito Repubblicano Italiano, il professore napoletano aderisce al Partito Socialista Italiano, dove ritrova molti ex azionisti suoi antichi compagni di partito come Emilio Lussu e Riccardo Lombardi.
Non passa un anno che una nuova scissione divide la sinistra italiana, a Roma nel 1947 Giuseppe Saragat fonda il Partito Socialista Lavoratori Italiani (Psli), poi Partito Socialdemocratico (Psdi) che collabora al governo con i moderati della Dc, del Pri e del Pli.
Saragat rompe il Psi in polemica con il gruppo dirigente guidato da Pietrp Nenni, accusato di avere legami troppo stretti con il Pci di Togliatti.
De Martino rimane nel Psi e il 18 aprile 1948 viene eletto deputato nelle liste del Fronte Democratico Popolare, la lista comune tra comunisti e socialisti presentatisi uniti sotto il simbolo della faccia di Garibaldi su richiesta di Nenni e duramente sconfitti dalla Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi. Saragat, presentatosi con una lista comprendente socialdemocratici ed ex azionisti come Piero Calamandrei da nome Unità socialista, ottiene un buon 7%, massimo storico mai raggiunto dal Psdi.
La storia di De Martino segue quella di Nenni e del Psi. Stretto collaboratore del leader socialista ne è vicesegretario e ne condivide la svolta a favore della collaborazione con la Dc di Fanfani e Moro e il Pri di La Malfa ai tempi del centrosinistra degli '60.
Nel I governo Moro del 1963 Nenni è vicepresidente e De Martino lo sostituisce alla segreteria del Psi. Apertura ai comunisti, necessità di riunificare tutta la sinistra, collaborazione con la sinistra De e le parti avanzate del pensiero laico. Sono queste le tappe e le ambizioni del segretario De Martino.
Gli anni della riunificazione socialista che vedono Psi e Psdi convivere sotto lo steso tetto per tre anni dal 1966 al 1969 lo vedono in prima linea come uno dei due cosegretari (l’altro è il socialdemocratico Tanassi) del Psu, il “partito della bicicletta”per via del simbolo che vedeva affiancati come le ruote di una bicicletta i due simboli dei due partiti socialisti italiani.
Non solo politica attiva, ma anche tanta attività teorica e intellettuale. Il pensiero socialista, che De Martino vede come pungolo al Pci, ma indissolubile dalla collaborazione con i comunisti, mentre gli ex socialdemocratici intendono come terza via tra democristiani e socialisti, ma in netta concorrenza con questi ultimi, si manifesta su “Mondo Operaio”, rivista fortemente influenzata e orientata dallo stesso De Martino. Giuseppe Tamburrano, Federico Coen e Francesco Forte rappresentano solo alcuni degli intellettuali che scrivono sulla rivista che è la vera e propria vetrina dell'intelligenza socialista degli anni '60.
Il fallimento della riunificazione, la nuova scissione del 1969 e il '68 influiscono duramente sul socialismo italiano. De Martino guida il Psi in questi difficili anni e nel 1968 è vicepresidente dei Consiglio nei governo RUMOR. Lo rimane fino al 1972 quando, usciti i socialisti dal governo per la svolta di centrodestra rappresentata dal governo Abdreotti-Malagodi (Dc-Pli, con l’appoggio esterno del Psdi).
I socialisti tornano ben presto al governo con due governi Rumor e De Martino e ancora alla guida del Psi. Nel 1975, con la sua richiesta di “equilibri più avanzati” fa entrare in crisi il governo IV governo Moro, spianando la strada alle elezioni anticipate del 1976 vinte dal Pci che supera il 35% dei voti e non perse dalla Dc di Zac (Benigno Zaccagnini, di Ravenna, eletto alla segreteria nel 1975 dopo la defenestrazione di Fanfani sconfitto sul referendum sul divorzio nel 1974 e sconfitto alle regionali del 1975 che videro la grande avanzata dei comunisti di Berlinguer) che recupera dopo la disfatta dell’anno prima.
II Psi per la prima volta è sotto il 10%. Il 13 luglio 1976 a Roma ai “congresso del Midas”, dentro il comitato centrale avviene la “rivolta dei quarantenni” che induce De Martino a dimettersi. Bettino Craxi prende la guida del partito defenestrando la vecchia guardia legata al professore, (la foto sotto è eloquente: il quasi settantenne segretario del Partito, si allontana con un’aria amareggiata lasciando la poltrona e il microfono al quarantunenne Craxi).
Inizia il craxismo, rappresentato dall’arrembaggio e dall’arroganza del suo leader che, forte del fatto di essere l’ago della bilancia tra De e Pei, avrà un ruolo di regolo nella politica italiana con potere e ruolo di molto superiore ai voti (sempre sotto il 15%) raccolti. La fine del Psi corrisponderà, nei primi anni '90 con la parabola umana, politica e giudiziaria dello stesso Craxi.
“Vidi che c’era stata una mutazione genetica”. Così De Martino ha sempre ricordato il craxismo contro il quale si è sempre battuto e caratterizzato dallo scontro con il Pci di Berlinguer e l’alleanza con la parte destra della Dc (Piccoli prima, Forlani e
Andreotti poi).
Sostenitore della necessità di un rapporto con i comunisti nel 1983 accetta la ricandidatura al Senato solo in una lista congiunta Pci-Psi.
Nei 1987, a fronte dell’impossibilità di una riedizione dell’esperimento, rinuncerà ad un collegio sicuro offertogli da Craxi e resterà fuori dal Parlamento. Nel 1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nomina Senatore a vita. Aderisce al gruppo del Psi e poi a quello Socialisti-Laburisti e poi a quello dei Democratici di Sinistra. Negli ultimi anni, di fronte alle difficoltà, alle vittorie (nella sua Napoli rappresentata dalla “buona amministrazione” di Antonio Bassolino) e alle sconfitte della sinistra De Martino ha sempre cercato l’unità, invitando tutti gli eredi del movimento operaio a riunirsi in un solo grande partito. Quella che un comunista come Berlinguer chiamava “unità nella diversità”, doveva, per citare un socialista come Nenni, “far andare avanti chi la storia ha condannato a restare indietro”.
Di fronte alle difficoltà e alle sfide di un mondo sempre più complesso e più ingiusto, De Martino invocava “un nuovo Marx”, capace di portare a sintesi i problemi e dare risposte sempre con l’occhio attento e rivolto ai più deboli.
È morto a Napoli il 19 novembre del 2002 all’età di 95 anni tra il cordoglio di tutto il mondo politico.
L’attività politica però fu quella che gli diede maggiore notorietà: deputato del Partito Socialista Italiano dal 1948 ne fu anche a lungo Segretario, dal 1963 fino alla svolta di Bettino Craxi con cui si trovò più volte in contrasto perché non ne condivideva l’opposizione ai comunisti e l’alleanza con la destra della DC. Piuttosto che piegarsi  ad accordi politici preferì, nel 1987, rinunciare ad un seggio sicuro offertogli dallo stesso Craxi, e restò fuori dal  parlamento.
De Martino lottò a lungo per le grandi riforme, teorizzando sempre l’unità delle forze e del pensiero, in un costante impegno per l’arretrato Sud Italia, e non si allontanò mai dalla vita e dall’attività politica. Nel 1991, alla vigilia della Festa della Repubblica, Francesco Cossiga lo nominò Senatore a vita, assieme ad Andreotti, Taviani e Agnelli, e grandi festeggiamenti ricevette in Senato in occasione del suo novantesimo compleanno. Infine una nota di colore per capire il personaggio. 
Nella sua casa di via Aniello Falcone Francesco De Martino allevava uccelli e canarini, ripetendo spesso la frase di Eliot: “Gli animali sono così piacevoli, non fanno domande, non criticano”. Nella stessa casa, tra i suoi libri e di fronte al golfo della sua città Francesco De Martino si spense all’età di novantacinque anni il 18 novembre 2002; gravemente malato non aveva potuto presiedere, come Senatore più anziano, la prima seduta della nuova legislatura nel 2001, e cedette quindi il suo posto a Paolo Emilio Taviani. Ma fino agli ultimi giorni della sua vita De Martino continuò lucidamente a pensare e teorizzare, cercando di costruire una politica nuova, dove una volta per tutte le varie forze, nate da uno stesso pensiero, siano capaci di lavorare insieme. Una grande intuizione che forse costituisce la sua eredità spirituale più importante; un’idea forte e concreta che certo non è morta con lui

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