20/6/2009
Marullo, la cui figura si è persa a lungo nel limbo degli stanzioneschi minori, dove fu collocato dal Causa, che lo definì un "ritardatario ispido e legnoso" ha viceversa un suo spessore, che è stato evidenziato di recente dal passaggio in aste internazionali di alcune sue opere di qualità molto alta e dal contribuito di un' esaustiva monografia che ha fatto ordine nel suo catalogo, che in precedenza si confondeva con lavori di Niccolò De Simone, di Pacecco De Rosa e dello stesso Stanzione.
Alla figura del Marullo va agganciata quella di Nicola Marigliano (1634ca - 1728), che fu suo allievo e che pare da giovane avesse studiato anche con Stanzione. Il De Dominici lo cita più volte come tramite di tradizioni orali e fonti scritte, tra cui il famoso manoscritto «Vite e memorie» di Stanzione; non ricorda però nessun quadro dell’artista ed in seguito soltanto il Giannone nelle sue «Giunte» alle «Vite» del De Dominici scritte tra il 1768 ed il 1773 sembra aver avuto notizie del Marigliano, che non sarà mai citato da altri autori e per il quale i pur fertili archivi napoletani non hanno ancora partorito alcun documento, lasciandolo nel limbo degli «artisti senza opere».
La biografia del Marullo è incerta, come il suo cammino artistico, soprattutto negli ultimi anni della sua attività, ai quali fino all'uscita della monografia la critica aveva dedicato poca attenzione.
Parte della sua produzione è caratterizzata «dal gesto teatrale e dall’espressione talvolta carica in maniera artificiosa» (Ascione), mentre in molte sue tele, come la Pesca miracolosa(fig. 1), il suo capolavoro, o il San Pietro(fig. 2), firmato, di collezione privata, le teste dei personaggi posseggono un imprinting caratteristico, allungato e spigoloso, che richiama prepotentemente il tipico stile del Greco pre spagnolo, probabilmente studiato dall’artista durante qualche visita di aggiornamento a Roma. Questa lampante similitudine è rimasta sorprendentemente a lungo misconosciuta dalla critica fino a quando non è stata evidenziata dal De Vito in una breve nota del 1984.
Conosciamo numerose sue opere firmate, datate e spesso documentate, che ci permettono di scandire il percorso della sua attività. Ne ricordiamo alcune: la Sacra Famiglia del 1633, per la chiesa dei Ss. Severino e Sossio, ritenuta la sua prima opera fino alla scoperta di una sua pala d'altare raffigurante Madonna col Bambino e due Sante, firmata e datata 1631 nella chiesa delle Pentite di Castrovillari in Calabria, la Caduta di San Paolo del 1634 nella chiesa di San Paolo Maggiore, una Immacolata Concezione per la chiesa di San Giacomo Maggiore, collocabile agli anni Cinquanta ed una Santa Maria delle Grazie(fig. 3) nel ritiro di piazzetta Mondragone, che il De Dominici cita come sua ultima opera.
Devono essere ancora ricordati una inedita Carità romana siglata, di spettacolare dolcezza, sul mercato antiquariale napoletano, passata precedentemente in asta a Londra con una attribuzione a Pacecco De Rosa, un Incontro di Rachele e Giacobbe di collezione Luongo a Roma, firmata e documentabile al 1644, un San Michele Arcangelo nella chiesa di San Michele a Portalba, in cui si avverte un pesante influsso del Guarino, presente anche nella spettacolare Ebbrezza di Noè, firmata e datata 1660, già in collezione Baratta a Napoli ed una grandiosa Madonna delle Grazie con le anime purganti già in S. Agostino alla Zecca.
Nel sesto decennio l’attività del Marullo, come capita a tanti artisti nella fase calante della carriera, si svolge quasi tutta in provincia, prevalentemente in Puglia, ove a Terlizzi troviamo un Sant’Antonio in estasi firmato e datato 1660. Il suo stile involve oramai in formule stanche e ripetitive e le sue composizioni sono secche e legnose, estremamente piatte e spesso il colorito è una pedissequa imitazione di quello del Reni. Nel 1685 il pittore muore senza soldi e senza amici e la sua ultima dimora è, a detta del De Dominici, in San Giovanni Maggiore, vicino a quella che fu la sua casa in via Mezzocannone, ma tra i documenti della parrocchia, diligentemente conservati nell'archivio diocesano, non compare il suo atto di morte.
Per una maggiore conoscenza dell’artista rinvio il lettore alla mia monografia(consultabile sul web) Giuseppe Marullo opera completa.
Presentiamo ora una decina di inediti dell'artista, precisando che per la maggior parte si tratta di passaggi dall'anonimato all'attribuzione certa sulla base dell'identificazione di alcuni segni distintivi che vanno ad integrare l'elenco delle molte tele datate e firmate.
Tra i caratteri patognomonici che facilitano il riconoscimento di dipinti autografi sottolineiamo quando sono presenti figure femminili, l'utilizzo prevalente delle stesse modelle e la presenza sul volto di un'ombra parziale sulla guancia sinistra; è il caso dell’Annunciazione(fig. 4) conservata nella chiesa di San Paolo Maggiore, della Madonna del Pilar(fig. 5) della chiesa di S. Antoniello a Port’Alba e della Natività(fig. 6) esitata nell’asta Sotheby’s del maggio 2008 a Milano. Tutti quadri considerati di ignoto e con certezza riconducibili al catalogo del Marullo.
Nel caso della Madonna con Bambino(fig. 7) presentata nel 2007 alla mostra dell’antiquariato a Napoli come Stanzione, oltre al cono d’ombra, incontriamo una caratteristica che contraddistingue tutti i Bambin Gesù realizzati dall’artista: la fila dei capelli, costantemente biondi, che sale in profondità nel cuoio capelluto, spesso accompagnata dalla mano che indica con uno o due dita una direzione, come possiamo osservare nel S. Antonio(fig. 8) della quadreria del Pio Monte della Misericordia a Napoli o nella Madonna con Bambino, San Giovannino, S. Anna e San Gioacchino(fig. 9), transitata negli anni Cinquanta sul mercato a Roma.
Anche il Bambin Gesù dormiente sulla croce(fig. 10) di una collezione privata milanese si presenta come gli altri e conferma la sua autografia con la firma del pittore(fig. 11) uguale a tante altre, come ad esempio quella posta sotto un San Gerolamo(fig. 12) di collezione privata a Bari.
Cono d’ombra sulla guancia sinistra e Bambino dal dito imperioso ci permettono con facilità di far uscire dall’ombra dell’anonimato il Miracolo di San Nicola(fig. 13) della Chiesa di S. Marta e la Visione di S. Candida(fig. 14) della Fondazione Mondragone di Napoli, un luogo, che il De Dominici segnala come sede dell’ultima sua opera e dove tra chiesa e stanze dell’amministrazione possiamo identificare altre tele attribuibili con ragionevole probabilità al Marullo: due Madonne del latte(fig. 15), delle quali una di notevole fascino(fig. 16) ed una S. Elisabetta regina d’Ungheria(fig. 17).
Tra gli inediti reperiti in fototeca due splendidi dipinti; un San Giovan Battista giovanetto(fig. 18) di spettacolare bellezza, transitato sul mercato a Pesaro, stesso modello adoperato per la tela eponima(fig. 19), firmata, conservata in collezione privata a Napoli ed un Lot e le figlie(fig. 20) di collezione privata milanese, sensuale e di vaga ascendenza artemisiana.
Concludiamo con due tele border line: una Fuga in Egitto(fig. 21) già in collezione Mariottino a Napoli e poi nel contenitore della chiesa del Buon Consiglio, ritenuta copia della tela di Stanzione, conservata a Pontremoli nella raccolta Dosi Delfino, esposta anche alla mostra Civiltà del Seicento, che riteniamo, seguendo anche un antico parere di Federico Zeri, di poter assegnare al Marullo, ispiratosi al lavoro del maestro. La seconda composizione è un Abramo e i tre angeli(fig. 22) ad ubicazione sconosciuta, che ci ha lasciato e ci lascia ancora incerti tra Beltrano e Marullo e per la quale chiediamo il conforto dei napoletanisti per giungere ad una decisione definitiva.
Nessun commento:
Posta un commento