Pagine

mercoledì 21 dicembre 2022

Stefano Trapanese un pittore da conoscere




 Stefano Trapanese a differenza di tanti suoi pseudo colleghi, che dopo aver imbrattato la tela con sgorbi e scarabocchi, credono di aver acquisito l'immortalità, dipinge quadri che sembrano essere stati eseguiti nel Seicento. Il suo amore per l'arte nasce praticamente con lui. Sin dalla tenera età, infatti, si diverte a sorprendere i suoi compagni di scuola con bellissimi disegni che determinano stupore ed ammirazione anche negli adulti che lo osservano.
Egli ha avuto il raro privilegio di conoscermi frequentando le mie visite guidate,alle quali arrivava a bordo di una rudimentale motocicletta in compagnia della moglie, una donna dalla bellezza sfolgorante.
Gli studi non sono quelli artistici, il suo estro pittorico gli deriva, quasi geneticamente, dallo zio, Gino Masullo già sindaco di Vietri sul Mare negli anni '70, appassionato di pittura da sempre.
Dal 2010 in poi, si decide a fare sul serio. La mano freme ed il lavoro sulla tela diventa più prolifico. Paesaggi, nature morte, ma quasi subito trova nell'arte sacra e in quella figurativa la sua naturale vocazione.
Diffida dell’arte contemporanea, adora i grandi del ‘500 e del ‘600, esprime il suo genio artistico in modo semplice e naturale.
Per la città di Salerno, che gli ha dato i natali nel 1963, nel settembre del 2011 firma un suggestivo dipinto di "San Matteo e l'angelo" che andrà collocato nella Cittadella Giudiziaria di Salerno e che sarà l’accogliente icona artistica della new city salernitana.
Stefano Trapanese stimato pittore vincitore di concorsi nazionali e internazionali è nato a Salerno, dove risiede, nel 1963. Sin dall’adolescenza ha esplicitato un interesse vivissimo per l’arte nelle sue molteplici articolazioni. Oltre alla poesia ed alla scultura si è soffermato con alacre impegno sull’espressione pittorica. Dipinge, quindi, quasi da sempre, e, quasi da sempre, è presente alle manifestazioni cifrate da sensibilità e valenza artistica. Ha partecipato a numerose mostre collettive, ad eventi e manifestazioni ove ha ottenuto un notevole successo di critica e di pubblico. Molte sue opere fanno parte di prestigiose collezioni pubbliche e private. Predilige l'arte sacra e figurativa in genere. Ama il barocco, stile al quale si ispira. Non disdegna nature morte e paesaggi.
Egli è un pittore contemporaneo che guarda all'antico, a cui si rifà nella tecnica e nello stile, oltre che nell'impianto scenografico. Ammira i pittori del "secolo d'oro", ma il suo punto di riferimento è Francesco Solimena, ammirato quotidianamente nella chiesa salernitana di San Giorgio, grazie al quale ha maturato una competenza cromatica che rappresenta la punta di diamante del suo stile.
Attualmente è presente con 12 dipinti, raffiguranti gli apostoli, ad una importante mostra che si svolge al museo diocesano di Salerno.

Achille della Ragione

 

San Pietro 2012
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: dr. Felice Chiumiento, pediatra


 

San Giovanni Evangelista 2012
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Umberto D’Amico, rosticciere


 

San Tommaso  2012
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Pierpaolo Milione, ristoratore


 

San Bartolomeo 2013
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Roberto Carbone, macchinista treno “Italo”


 

Sant’Andrea 2013
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Giovanni De Vivo, ex ferroviere


 

San Filippo 2015
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Nicola Augusto, ex ferroviere


 

San Matteo 2016
Olio su tela, cm 50x43
MODELLI: dr. Felice Chiumiento, pediatra ed il piccolo Daniele Giarletta

San Simone  2017
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Matteo Cantarella, professore di musica

San Mattia 2020
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Giuseppe Carbone (musicista d’orchestra);


San Giacomo Maggiore 2020
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: dr. Felice Chiumiento, pediatra;

 

San Giacomo Minore 2020
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Roberto Carbone, macchinista treni “Italo”




San Giuda Taddeo 2022
Olio su tela, cm 50x43
MODELLO: Raffaele Chiancone, settore pulizie





domenica 11 dicembre 2022

Mostra su Artemisia Gentileschi a Napoli

 




Fino alla fine di marzo si potrà ammirare la grande mostra su Artemisia Gentileschi organizzata a Napoli dalle Gallerie d'Italia nella splendida sede di via Toledo.
Il soggiorno napoletano di Artemisia Gentileschi, attestato tra il 1630 e il 1654 e interrotto solo da una parentesi londinese tra la primavera del 1638 e quella del 1640, costituisce il capitolo conclusivo e più esteso nel tempo dell’intensa esistenza della pittrice. Ciò nonostante, e a fronte del clamore mediatico suscitato da Artemisia, anche come eroina proto-femminista, tale stagione raramente ha ricevuto una attenzione specifica da parte della critica e delle iniziative espositive dedicate all’artista; e mai a Napoli si era tenuta una mostra su questa fase della sua carriera.
Il percorso espositivo presenta sia opere realizzate da Artemisia, sia opere realizzate da artisti di primo livello a lei strettamente collegati, per lo più attivi a Napoli negli stessi anni della pittrice, come Massimo Stanzione, Paolo Finoglio, Francesco Guarino, Andrea Vaccaro o la riscoperta “Annella” Di Rosa, la maggiore artista napoletana della prima metà del Seicento, anche lei vittima – secondo una tradizione antica però inattendibile – della violenza di genere.
La selezione delle ventuno opere di Artemisia in mostra offre un quadro essenziale della parabola napoletana della “pittora”, con i suoi vertici e i suoi aspetti ancora problematici: per la prima volta sono esposte al pubblico italiano capolavori come la giovanile Santa Caterina d’Alessandria, di recente acquisita dalla National Gallery di Londra, che costituisce l’antefatto della mostra; inoltre, la medesima Santa del Nationalmuseum di Stoccolma o la Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne del Nasjonalmuseet di Oslo. Non mancano poi le grandi e rare commissioni pubbliche della pittrice, dall’Annunciazione di Capodimonte a due delle tre monumentali tele realizzate tra il 1635 e il 1637 circa per il coro della cattedrale di Pozzuoli, il San Gennaro nell’anfiteatro e i Santi Procolo e Nicea, quest’ultima restaurata per l’occasione.
La realizzazione della mostra è stata preceduta da una intensa attività di indagine scientifica e di ricerca archivistica che ha restituito nuovo e importante materiale per la biografia di Artemisia, che fa del catalogo uno strumento fondamentale anche per il prosieguo degli studi, grazie a un accurato regesto documentario. Si sono finalmente chiarite le circostanze dell’arrivo di Artemisia Gentileschi a Napoli, nel 1630, direttamente da Venezia, così come si sono aggiunte ulteriori tracce per i suoi anni estremi, afflitti da difficoltà economiche – confermando l’intuizione letteraria di Anna Banti –, sia la sua vicenda privata (il concubinato della figlia Prudenzia Palmira e il matrimonio riparatore seguito alla nascita del nipote Biagio, nel 1649), sia alcuni degli aspetti salienti della sua attività, a cominciare dal ruolo della committenza vicereale e borghese, per finire con le relazioni tra Artemisia e le accademie letterarie, che già in vita contribuirono ad amplificarne la fama.
Per chi volesse approfondire il periodo napoletano della pittrice consiglio di consultare un mio articolo sull'argomento digitando il link  (articolo del 21 marzo 2012)


Achille della Ragione 

Artemisia Gentileschi: Giuditta con la testa di Oloferne
 National Museum di Oslo

 

Artemisia Gentileschi: Susanna e i vecchi 
Pinacoteca Nazionale di Bologna

 

Artemisia Gentileschi: Autoritratto come Santa Caterina
The National Gallery di Londra

 

Artemisia Gentileschi: San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli
Cattedrale di Pozzuoli

 

 

sabato 10 dicembre 2022

Antonio Mazzone ci ha lasciati



Fra  giorni  Antonio Mazzone avrebbe compiuto 88 anni, ma ieri ci ha lasciato dopo una vita intensa dedicata soprattutto al benessere degli altri.

Avvocato, ma soprattutto uomo politico, che ha ricoperto cariche importanti per decenni in Parlamento e come europarlamentare. Con lui scompare uno degli ultimi padri nobili di quella destra napoletana, che ha saputo combinare cultura  e politica, impegno e rigore. Egli apparteneva a quella generazione di galantuomini che hanno creato la destra del futuro, rimanendo sempre integri nella battaglia identitaria, ma che si sono dimostrati in grado di affrontare le sfide della modernità.

Il mio primo incontro con lui avvenne alcuni decenni or sono nel circolo Canottieri Napoli, quando davanti a centinaia di spettatori e varie televisioni private presentai il mio saggio: "Un eroe dimenticato da non dimenticare" (vedi il link relativo), con Antonio che fungeva da relatore, mentre il moderatore era l'attuale ministro Sangiuliano.

Diventammo amici e quando nel 2007 io presentai al circolo Posillipo il mio libro: "Il seno nell'arte", lui era il presidente e non solo partecipò come relatore assieme a Luciano Scateni, ma dopo gli applausi annunciò che i 200 spettatori potevano cenare e brindare gratuitamente. Una generosità che lasciò tutti sbalorditi.

Achille della Ragione


domenica 27 novembre 2022

Un capolavoro di Mattia Preti


Mattia Preti - Pietà

In questo articolo parleremo di Mattia Preti, un autore a me particolarmente caro, perché nel 1990 feci un'importante scoperta: una chicca preziosa custodita nella sacrestia della chiesa di San Francesco d’Assisi a Forio d’Ischia. Si tratta di una spettacolare “Pietà”, dai colori lividi e cianotici, da assegnare senza ombra di dubbio a quel gigante del secolo d’oro che fu Mattia Preti. Dopo averla pubblicata ebbi la conferma dell'autografia da parte di John Spike, il massimo esperto mondiale del pittore calabrese.
In passato la critica si era distrattamente occupata del dipinto foriano adombrando l’ipotesi che potesse trattarsi di una copia; ma sia le figure femminili che il volto del Cristo mostrano una morbidezza di tocco ed una preziosità materica che, vanamente potremmo pretendere dalla mano di un copista, anche se molto abile. Se vogliamo invece vedere una copia di questa tela autografa, dobbiamo recarci al Prado, dove potremo ammirare lo stesso soggetto, ma di minore qualità, replicato da uno dei più noti allievi ed imitatori del Preti: lo spagnolo Pedro Nugnez de Villacencio.
Quanto siamo ricchi e spreconi noi napoletani! Conserviamo chiusa e non visitabile una tela di uno dei grandi maestri del Seicento europeo, mentre all’estero, in uno dei più celebri musei del mondo, espongono la copia.


Mattia Preti - giudizio di Salomone


E passiamo ora ad esaminare un Giudizio di Salomone (131 x 184) appartenente ad una famosa collezione pugliese, nel quale in ogni dettaglio si vede il tocco magico del pennello del Preti. i volti dei personaggi sembrano voler parlare all'osservatore e trasmettergli quella atmosfera di turbamento che pervade la composizione.
Nel dipinto in esame il Preti si avvale  degli effetti di luce particolare e radente, ma li applica in funzione dinamica alla composizione affollata di personaggi in continuo movimento  con  un ricchissimo repertorio di variazioni luministiche.
Accenniamo ora un poco alla biografia del Preti, (Taverna 1613 - Malta 1699), detto il Cavalier calabrese perché Cavaliere di Malta dal 1642 che fu il primo grande interprete della pittura barocca che viene a interrompere definitivamente alla metà del secolo, il corso del naturalismo napoletano.
Dopo un primo soggiorno a Napoli si stabilì a Roma (1630-1656), compì viaggi in Italia settentrionale (a Modena nel 1652-1653 dipinse cupola e coro di San Biagio). A Roma dove lasciò molte opere (affreschi in San Carlo ai Catinari, 1642, e in Sant’Andrea della Valle, 1651), Mattia Preti fu direttamente partecipe di quel felice momento di fervore innovativo, di incontro-scontro di tendenze e di idee e che accompagna il primo fiore del barocco romano. Esperienza ben presente nella sua arte, che è stata definita “geniale trasposizione in campo barocco dei principi formali del caravaggismo”.
La fase napoletana è la più pregnante del suo percorso artistico, ricca di capolavori, mentre la gamma cromatica della sua tavolozza, come in passato era capitato ad Artemisia, vira vigorosamente verso colori rossiccio bruni, cianotici, con volti sofferenti ai limiti dell’anossia.


Mattia Preti - giudizio di Salomone (particolare)


In passato si credeva che il suo soggiorno all’ombra del Vesuvio fosse durato solo 4 anni, viceversa copre dal 22 marzo 1653, data indicata su una polizza di pagamento, al settembre del 1661, quando si trasferisce definitivamente a Malta, dopo esserci stato 3 mesi nel 1659, per favorire l’accettazione della sua pratica come Cavaliere di Grazia.
Appena nell'Isola dei Cavalieri fu subito attivo nella decorazione della co-cattedrale di San Giovanni Battista a La Valletta, per la quale aveva già inviato da Napoli alcune tele: intorno al 1656 il “San Giorgio con il drago” un “San Francesco Saverio” nel 1658, per la cappella d’Aragona e nel 1659 un “Martirio di Santa Caterina”  per la chiesa della nazione italiana.
Numerose sono le opere da ricordare eseguite durante gli anni napoletani, tra queste spiccano il grandioso soffitto cassettonato con “Storie di San Pietro Celestino e Santa Caterina” nella chiesa di San Pietro a Maiella e soprattutto il ciclo di affreschi sulle porte di Napoli con il drammatico groviglio di corpi, provocato dalla peste del 1656, un documento impressionante, di cui purtroppo è rimasta una labile traccia, sotto una coltre di sudiciume, nella decorazione di Porta San Gennaro, fortunatamente ci sono giunti due splendidi bozzetti  preparatori, dai colori squillanti, conservati nella sala Preti della pinacoteca napoletana.

Achille della Ragione

 

Mattia Preti - giudizio di Salomone (particolare)

Mattia Preti - giudizio di Salomone (particolare)




mercoledì 23 novembre 2022

Cornelio Brusco un abile quanto poco noto pittore


Cornelio Brusco - Paradiso - 113x152

Cornelio Brusco, di origini fiamminghe ed attivo a Napoli nei primi tre decenni del Seicento, come dimostra il dipinto che fra poco descriveremo è, per quanto abile, poco noto alla critica a tal punto da non comparire nel catalogo della memorabile mostra sul Seicento napoletano, che si tenne nel 1984.
Io, nel 1998, lo cito brevemente nel I tomo della mia opera Il secolo d'oro della pittura napoletana, mentre in un articolo del 2011 descrivo dettagliatamente il dipinto raffigurante Il Paradiso all'epoca in collezione De Giovanni, che il 30 novembre costituirà la punta di diamante dell'asta che si terrà presso la Blindarte e che vedrà numerosi  collezionisti contendersi l'opera.
Il monumentale (cm 113×152) “Paradiso” di Cornelio Brusco,  con il turbinio di santi e personaggi paradisiaci, resi in maniera estremamente dettagliata, si è conquistato la copertina del catalogo . La tela si presenta come un inedito rispetto alle numerose varianti dello stesso soggetto. In basso al centro è raffigurato il Paradiso terrestre con la Fontana della Vita. Gli esperti di Blindarte ne scrivono in catalogo: «L’esecuzione risale alla fine del secondo e gli inizi del terzo decennio del XVII secolo, anticipando i modi dei “bamboccianti romani” nella riproduzione meticolosa delle splendide figurine che affollano la scena. Brusco, di origini fiamminghe, è l’unico pittore che secondo le fonti abbia collaborato con François de Nomé, detto Monsù Desiderio». 

Achille della Ragione

domenica 20 novembre 2022

Ricordiamo Attilio Maseri

fig.1 Attilio Maseri  1935-2021


Prima di ricordare il grande cardiologo voglio esporre ai miei lettori il decorso negli anni della mia salute.
Dopo aver superato agevolmente le malattie esantematiche, ho cominciato ad avere problemi respiratori intorno ai 15 anni, asma bronchiale su base allergica ed un raffreddore costante. Attraverso 2 interventi: resezione sottomucosa del setto nasale e  turbinectomia bilaterale, eseguiti a 18 anni, il primo alla Mediterranea, il secondo alla clinica Posillipo ho risolto parzialmente il problema, scomparso completamente dopo la somministrazione di un vaccino contro la parietaria, preparato a Firenze. In seguito, ad eccezione di due coliche renali, a distanza di 10 anni  l’una dall’altra, ho goduto di una salute invidiabile fino al 1994, quando, mentre ero impegnato in un torneo di scacchi, che si svolgeva nella stazione marittima, mi si annebbiò la vista all’improvviso. Chiesi aiuto al mio amico Corrado Ficco, medico e scacchista, il quale mi disse: “Andiamo subito in ospedale, non vi è tempo da perdere”. Ci recammo al Loreto mare dove mi fecero un elettrocardiogramma, che risultò negativo.”Potete tornare a casa”, mi dissero, per fortuna ascoltai il parere di Corrado. Mentre l’amico si recava all’uscita del teatro Augusteo ad avvertire mia moglie Elvira di ciò che era successo, mi misero in una stanza da solo e mi collegarono ad un apparecchio che misurava numerosi parametri, dalla frequenza cardiaca alla pressione arteriosa. Dopo circa un'ora lo strumento sembrava impazzito: suonava incessantemente e si accendevano tante luci, mentre l'elettrocardiogramma evidenziava un infarto interessante il ventricolo sinistro. In pochi minuti mi fu somministrato un cocktail di farmaci che provoca la trombolisi. Questa provvidenziale terapia mi salvò la vita. Dopo poco si presentò al mio capezzale un sacerdote, per la pratica dell'estrema unzione; in tal caso mi sarei dovuto confessare. Lo allontanai senza malizia, dicendogli: "Padre i miei peccati sono infiniti, ci vorrebbero ore per confessarli tutti, ora non c'è il tempo sufficiente". In nottata fui trasferito nel centro di rianimazione. tante stanzette a quattro posti dove ogni giorno cambiavo la metà dei compagni di sventura, perché passavano a miglior vita. Attraverso un vetro i miei familiari potevano guardarmi dal di fuori dieci minuti al mattino e dieci minuti di pomeriggio. Con mia moglie Elvira attraverso gli occhi ci scambiavamo infinite sensazioni ed emozioni. Per fortuna era permesso ai medici di entrare nella stanza e ricordo ancora le visite degli amici e colleghi: Gino Langella ed Angelo Russo. Dopo cinque giorni, poiché mi ostinavo a vivere, mi feci trasferire nell'unità coronarica della clinica privata Malzoni di Montevergine, dove potevo in una mia camera ricevere visite di parenti e amici e trascorrere la notte in compagnia. Per non affaticare eccessivamente mia moglie Elvira e per non sottrarla alla vicinanza dei miei figlioli, passai alternativamente le ore notturne con Carlo Castrogiovanni e Genny Santopaolo. Cominciò poi una serie di accertamenti, culminati in una coronarografia eseguita da una equipe francese, che veniva in Italia ogni mese. L’esito fu preoccupante ed ancor di più il parere dei cardiochirurghi consultati, prima Cotrufo a Napoli, poi Nevet a Parigi ed infine Cooley a Houston. Tutti concordi nel dirmi:” Caro collega hai il 50% di probabilità di morire entro 12 mesi!”. Cercai di prendermela con filosofia. Mi risparmio la vecchiaia; ho avuto una vita intensa; lascio ai miei figli ed a mia moglie tante proprietà. Poi per fortuna pensa di consultare un cardiologo, un sommo luminare, Attilio Maseri (fig.1), medico del pontefice ed in precedenza della regina dì Inghilterra, il quale mi rassicurò:” La percentuale che tu muoia entro un anno è del 4%, non del 50%, la  stessa che rischieresti se decidi di sottoporti ad un by-pass, ti darò una terapia farmacologica e potrai avere una vita normale”. Parole sante, che osservai alla lettera. Rallentai l’attività professionale, ridussi la pratica del sesso, essendo anche diminuito il desiderio e vissi tranquillo per oltre 10 anni. Nel 2006 la pressione cominciò a fare le bizze: un giorno altissima, un altro bassa. Rifeci una coronarografia che evidenziò la stenosi completa delle tre arterie. Temporeggiai e poi mi recai a Milano per consultare il celebre emodinamista Colombo, il quale esclamò:” Caro collega per fortuna che sei ignorante e non sapevi che con le tre coronarie chiuse si muore, ma ora dobbiamo intervenire subito sulla più importante; hai un’assicurazione?” “Sì” risposi. “Molto bene così potremmo utilizzare la mia clinica privata e fare presto”. “A dire la verità l’assicurazione la tengo sull’automobile, ma essendo un collega voglio essere curato subito e gratuitamente”. Tempo una settimana, saltando tutte le graduatorie, mi trovai ricoverato e sottoposto all’applicazione di 2 stent medicati con risultati sorprendenti, come può constatare anche un profano osservando le radiografie prima (fig.2) e dopo (fig.3) l’intervento.  

fig. 2 - Coronarografia prima dell'angioplastica

fig. 3 - Coronarografia dopo l'angioplastica


Dopo 6 mesi nuovo ricovero per applicare altri 2 stent, grazie ai quali sono stato bene per molti anni. Nel 2014, ritornai delle vacanze forzate a spese dello Stato in precarie condizioni di salute, a partire da una voluminosa ernia inguinale, protrudente nello scroto, che imprudentemente mi feci operare a Napoli da un chirurgo cattedratico. Il risultato fu un piastrone sieroso che ci mise 3 mesi per riassorbirsi, durante i quali lo utilizzai per divertirmi con le vecchie amiche, che venivano a farmi visita dopo tanto tempo. “Vuoi sentire una cosa dura? Metti la mano qui”. “Achille, ma come fai a conservarlo così in forma?”. “Ingenua, è il piastrone sieroso”. Sotto il profilo cardiaco il ventricolo sinistro pompava al 39%, mentre il ritmo faceva le bizze. Dopo mesi e mesi di temporeggiamento ritorno a settembre 2016 a Milano da Colombo al San Raffaele. Nuova coronarografia con esito disastroso, soprattutto il tentativo infruttuoso di “spilare” un vaso ostruito, che mi produce un micro infarto (fig.4).

 

fig. 4 - Cartella clinica settembre 2016

 

L’ultimo consulto è a Roma con l’ennesimo luminare, il professor Rebuzzi, che mi sconsiglia qualsiasi nuovo tentativo di angioplastica, perché correrei seri rischi quoad vitam.
E passiamo ora a ricordare un grande cardiologo scomparso da circa un anno all'età di 85 anni.
Egli ha insegnato alla Royal medical school di Londra, per trasferirsi poi a Roma nel 1991 come direttore dell'Istituto di Cardiologia del Policlinico Gemelli ed infine recarsi a Milano dove è stato docente di cardiologia all'università Vita e Salute dell'ospedale San Raffaele.
Egli oltre a scrivere testi di medicina e 750 articoli su riviste prestigiose è stato il primo ad avere l'intuizione che la proteina C reattiva, indice di infiammazione  aveva una correlazione diretta con l'infarto, scoperta che fu pubblicata nel 1994 sulla prestigiosa rivista New  England Journal of Medicine. Per la ricerca cardiologica fu un grande evento, una svolta fondamentale nella diagnosi e nella cura, che avrebbe meritato il premio Nobel.
Egli ripeteva continuamente nei congressi scientifici che questa proteina aveva un significato predittivo più significativo del colesterolo.
Nel 2017 una importante ricerca pubblicata dal New England Journal of Medicine ha confermato definitivamente che se si riduce il livello infiammatorio si migliora la prognosi.
Maseri ha curato clienti prestigiosi: prima la regina d'Inghilterra Elisabetta II, poi papa Giovanni Paolo II ed infine il celebre filosofo Achille della Ragione, assistito per circa 20 anni.


Achille della Ragione

venerdì 18 novembre 2022

Come regolare i flussi migratori dall'Africa



Da tempo il problema più grave che deve risolvere la classe politica, non solo italiana, ma europea, è quello di cercare di regolare i flussi migratori provenienti dall'Africa.
Ogni anno centinaia di migliaia di disperati, uomini, donne, bambini, solcano le acque del Mediterraneo  alla ricerca di un briciolo del nostro benessere; presto saranno milioni ed a breve si conteranno a decine di milioni.
Un fiume umano che non si fermerà davanti a nessun ostacolo e che travolgerà la nostra civiltà.
Uno scenario da incubo che possiamo soltanto ritardare,
Come? Per qualche anno potremmo ancora arginare l’ondata migratoria pagando profumatamente i Paesi del nord Africa, Libia in primis, dotandoli di mezzi marittimi navali adeguati ed incaricandoli di ostacolare nel deserto le migrazioni verso il mare e di distruggere tutte le imbarcazioni clandestine.
Quando, dove? Sarà poi necessario allestire campi profughi, simili a lager, dove chi riesce lo stesso ad arrivare viene trattenuto fino a quando non accetta di tornare da dove è partito o quanto meno di essere ospitato in campi di accoglienza più confortevoli, che dovranno sorgere nei paesi rivieraschi, sempre a spese di noi europei.
Bisognerà dedicare a questa complessa operazione non meno dello 1% del pil europeo.
Viceversa se si volesse cercare di ostacolare il corso della storia, frenando alla base i fenomeni migratori, bisognerebbe, impegnando il 3–4% del pil, scrivere in maniera diversa l’ultimo doloroso capitolo del colonialismo. L’Europa, dopo aver sfruttato le ricchezze dell’Africa, dovrebbe farsi promotrice di colossali opere di riqualificazione del territorio, portando l’acqua nel deserto e favorendo lo sviluppo dell’agricoltura e della piccola e media industria.
Noi abbiamo bisogno della loro energia e voglia di conquistare il benessere ed è una fortuna non una calamità che molti scelgano l’Italia, antica terra di emigrazione, divenuta oggi la terra promessa.
Non vi sono altre vie da percorrere ed a nulla valgono i velleitari appelli buonisti del papa, né i beceri proclami razzisti della classe politica.

Achille della Ragione

 

Il Mattino, pag.54 -18 dicembre 2022





venerdì 11 novembre 2022

Finalmente convalescente






Voglio informare amici e conoscenti che da circa 45 giorni sono malato, ho avuto momenti terribili, ma finalmente pare che ora sia in miglioramento, giorno dopo giorno. Tutto è partito ai primi di ottobre con una infezione misteriosa, seguita poi da crisi anginose di notevole gravità, in due delle quali mi sono visto costretto a chiamare l'ambulanza, che dopo avermi sottoposto ad elettrocardiogramma dal risultato imbarazzante, mi invitavano a ricoverarmi subito al Monaldi per essere sottoposto ad angioplastica d'urgenza.
Entrambe le volte ho rifiutato, preferendo eventualmente morire tra le braccia dei miei familiari, che erano tutti presenti: mia moglie ed i miei tre figli, Tiziana, Gian Filippo e Marina.
Per fortuna da 15 giorni non ho più dolori al petto e gli unici disturbi sono una stitichezza fastidiosa ed una difficoltà a parlare, perchè in bocca ho solo 10 denti ed una costosa dentiera che mi era stata preparata non riesco a sopportarla, perché mi procura un enorme fastidio.
Le forze lentamente mi stanno ritornando ed il vero conforto sono le visite che parenti ed amici mi fanno senza che salti un giorno che rimango solo.
Mia moglie mi assiste amorevolmente e basta a volte un suo sguardo per farmi tornare la voglia di vivere.
Spero fra qualche giorno di cominciare anche ad uscire e mettere fine a questa terribile esperienza.

Achille della Ragione

lunedì 7 novembre 2022

Un capolavoro di Niccolò De Simone


Niccolò De Simone - Davide e Abigail



Il dipinto che presentiamo ai lettori è un capolavoro di Niccolò De Simone e racconta la storia di Davide e Abigail che vogliamo brevemente raccontare:
Dopo essere fuggito lontano da Saul, Davide si nasconde in una caverna. I suoi fratelli e il resto della famiglia lo raggiungono. In tutto circa 400 uomini si uniscono a lui, e Davide ne diviene il capo. Davide va poi dal re di Moab e dice: ‘Ti prego, lascia che mio padre e mia madre stiano con te finché non saprò che ne sarà di me’. Quindi Davide e i suoi uomini si nascondono sui colli.
È dopo questi avvenimenti che Davide incontra Abigail. Suo marito Nabal è un ricco proprietario di terre. Ha 3.000 pecore e 1.000 capre. Nabal è un uomo rozzo. Sua moglie Abigail, invece, è molto bella e sa agire in modo retto. In un’occasione perfino salva la sua famiglia. Vediamo come.
Davide e i suoi uomini sono stati gentili con Nabal. Lo hanno aiutato a proteggere le sue pecore. Un giorno Davide manda alcuni suoi uomini a chiedere un favore a Nabal. Gli uomini di Davide giungono da Nabal mentre lui e i suoi aiutanti stanno tosando le pecore. È un giorno di festa e Nabal ha molte cose buone da mangiare. Perciò gli uomini di Davide dicono:
‘Noi siamo stati benigni con te aiutandoti a badare alle pecore, e non te ne abbiamo mai rubato una. Ora, per favore, dacci del cibo’.
'Non darò il mio cibo a uomini come voi’, dice Nabal. Nabal parla in maniera offensiva e dice cose cattive su Davide. Quando gli uomini tornano e lo riferiscono a Davide, Davide si adira molto.
‘Prendete ciascuno la sua spada!’, dice agli uomini. E partono per andare a uccidere Nabal e i suoi uomini. Uno degli uomini di Nabal, che ha sentito le parole offensive dette da Nabal, narra ad Abigail quanto è accaduto. Subito Abigail prepara del cibo. Lo carica su alcuni asini e si avvia. Quando incontra Davide, scende dall’asino, si inchina e dice:
‘Ti prego, signore, non fare caso a mio marito Nabal. È uno sciocco e agisce stoltamente. Ecco un dono. Prendilo, per favore, e perdonaci dell’accaduto’.Sei una donna saggia’, risponde Davide.
‘Mi hai trattenuto dall’uccidere Nabal e dal ripagarlo della sua avarizia. Va a casa in pace’.
In seguito, morto Nabal, Abigail diviene una delle mogli di Davide.

Niccolò de Simone, “geniale eclettico” dalle molteplici componenti culturali, fu pittore e frescante, operoso per oltre venti anni sulla scena napoletana e, pur con le difficoltà di classificare il suo pennello multiforme, in grado di recepire le più diverse influenze, può rientrare ragionevolmente nella cerchia falconiana, in parte per il racconto fantasioso del De Dominici, che ce lo descrive partecipante alla Compagnia della morte, ma precipuamente per un evidente rapporto stilistico con la produzione di Aniello Falcone, di Andrea De Lione e di Domenico Gargiulo, da cui prendono ispirazione molte delle sue opere.Nulla sappiamo sulla sua data di nascita e di morte, anche se l’improvvisa mancanza di documenti di pagamento a partire dal 1656, prima numerosi, fa ipotizzare che possa essere morto, alla pari di tanti altri artisti e di un terzo della popolazione napoletana, durante l’epidemia di peste. Nella Nota sugli artisti napoletani che, nel 1675, Pietro Andrea Andreini spedì da Napoli al cardinale Leopoldo de Medici l’architetto Niccolò di Simone viene citato fra gli artisti ancora viventi, ma si tratta di persona affatto diversa. Il primo mistero da affrontare è basato sulla molteplicità di firme e di citazioni nei documenti con i quali l’artista viene indicato e l’assidua presenza del nome del padre, Simone o Simon Pietro, dopo il suo nome di battesimo, al punto da aver fatto perdere le tracce del suo vero cognome e di averlo fatto diventare nel tempo de Simone. Il riferimento costante al genitore fa supporre che egli vivesse in città con lui e fosse noto, forse un pittore del quale abbiamo perso ogni traccia. Probabilmente era lui il “fiammegno” trasferitosi a Napoli sul finire del Cinquecento, come tanti suoi celebri colleghi e Nicolò potrebbe anche essere nato all’ombra del Vesuvio, mentre la città di Liegi, indicata accanto alla sua firma nel Baccanale di collezione genovese, essere la città di origine della sua famiglia. Se veniva dall’estero, come è probabile, non si conosce la data del suo arrivo, né quanti anni avesse, se andò a bottega da qualche maestro locale o fosse già indipendente. Nelle polizze di pagamento il suo nome viene spesso accompagnato da un soprannome: Loket, Lokel, Lopet, Lozet o Lo Zet, appellativi di origine fiamminga e tra questi il più frequente è proprio l’ultimo, il quale in olandese significa il matto, che compare in almeno tre documenti, come pure sulle tele egli, alternava alla firma la sigla NDS con le lettere intrecciate. Il biografo settecentesco lo definiva “ragionevole pittore dei suoi tempi” che lavorava “con studio ed amore” e nel fornirci un piccolo elenco di sue opere, ci racconta che il pittore aveva molto viaggiato all’estero, soprattutto in Spagna e Portogallo, ipotesi che non ha trovato conferme documentali. Il De Dominici elargisce al pittore una breve citazione, a differenza di altri suoi colleghi che la critica odierna ritiene di pari importanza, ai quali dedica una Vita. Originario di Liegi, come si evince nella sua firma, in passato sfuggita alla critica, sotto il Baccanale di collezione privata genovese, de Simone è documentato a Napoli dal 1636 al 1655 e non al 1677 come erroneamente indicato in tanti testi autorevoli, incluso il catalogo sulla Civiltà del '600 e sorprendentemente anche il recente regesto dei dipinti del secolo XVII del museo di Capodimonte.
I suoi esordi sembrano affondare nella cultura tardo manierista dominata dal Corenzio, in seguito egli nei suoi dipinti, oltre al marchio della cerchia falconiana risente dell'influsso del Poussin e del Grechetto, dai quali trae spunto anche per particolari tipi di paesaggio, tematiche preferenziali, fisionomie caratteristiche. Citato saltuariamente nelle antiche fonti e trascurato da studiosi come l'Ortolani che lo definì un "mediocrissimo, manierista ritardatario".Oggi la critica, grazie ai contributi prima della Novelli Radice e poi, più volte, della Creazzo, conosce più che bene i caratteri distintivi del suo stile pittorico: anatomie sommarie, tipica concitazione delle scene, caratteristico volto delle donne, tutte mediterranee dai pungenti occhi scuri, assenza di profondità spaziale con bruschi passaggi di scala, evidentissimi nel dipinto dell’Educazione della Vergine, folle in preda ad un’intensa agitazione, cieli tempestosi e baluginanti, squisita sensibilità da espressionista nordico, ripetitività nella costruzione dell’impianto generale della scena, personalissima resa cromatica nell’uso di colori stridenti ed incarnati rossicci. Il soggetto testamentario, assieme a quello mitologico, costituisce una parte cospicua nella produzione da cavalletto del de Simone e le opere, oramai numerose, che gli si possono attribuire con certezza restituiscono l'immagine di un artista assai versatile, in stretto rapporto con quel florido mercato che nella prima metà del Seicento favorì la crescita in area napoletana di diversi generi. Le sue composizioni affollate di personaggi in scala ridotta non sfigurano paragonate agli esiti dei migliori specialisti in circolazione. I suoi dipinti tracimano dai contrasti rudi del verace naturalismo meridionale alle ovattate atmosfere neovenete della pittura romana, esaltando il confronto con gli esempi più illustri del Falcone, del Castiglione e del Poussin.
Al pittore ho dedicato una monografia intitolata Niccolò De Simone un geniale ecclettico.
Il dipinto che abbiamo presentato costituisce una importante aggiunta che arricchisce il catalogo dell'artista.








domenica 30 ottobre 2022

Un colloquio di Nonno Achille con i suoi Nipoti

Nonno Achille


Sono un uomo fortunato perché ho tre splendidi nipoti, ma soprattutto sono un uomo felice perché voi mi volete bene e siete molto affezionati a me, nonostante ci vediamo poco.
Nei momenti difficili, mi soccorrono le vostre immagini.
Quando sento le forze venirmi meno basta che immagino il volto di Matteo, imbattibile nel braccio di ferro, e mi sento subito meglio.
Quando mi sento rimbambito e perdo l’utilizzo della ragione, immagino di discutere con Leonardo sui destini dell’umanità.
Quando si affievolisce in me l’amore per gli animali, mi soccorre l’immagine di Elettra con Herzylio, splendido esempio di amore tra uomo e animale.
Spero di cuore di potervi riabbracciare il 17 Dicembre e conto i giorni che mancano al vostro arrivo qui a Napoli. Spero di poter stare un poco meglio per poter fare delle attività con voi.
Dopo aver contemplato lo splendido presepe di Nonna Elvira ci scateneremo nel divertimento: un giorno cercheremo di andare al Bowling, un giorno al parco dei divertimenti di Edenlandia, un giorno al cinema e, se il tempo lo permette, alle terme di Agnano.
E poi altri divertimento che sceglieremo insieme secondo le vostre esigenze (murales di Maradona o altro).
Matteo sono felice di apprendere che sei diventato molto studioso ed eccelli nello Sport.
Leonardo so dei tuoi progressi a scuola e spero continuerai con l’impegno che hai dimostrato in questi anni.
Elettra, carissima nipotina mia, so che sei cresciuta. Ormai sei una ragazza grande. Sono felice di saperti circondata da amiche e felice in Israele.
Carissimi Nipoti, un abbraccio affettuoso. Conto i minuti che ci separano dal nostro incontro.
Un bacio da dividere equamente. A  presto riabbracciarti.

Vostro Nonno Achille

 

I magnifici tre Leonardo. Elettra e Matteo Carignani di Novoli

 

 

 


lunedì 24 ottobre 2022

I DIPINTI DELLA COLLEZIONE PEPE negli scritti di Achille della Ragione

 

In copertina
Andrea Vaccaro: Maddalena
Collezione Pepe - Acerra



Negli  ultimi  anni  mi  è  capitato  una  decina  di  volte  di  stilare  degli  expertise  per  i  dipinti  della  collezione  di  Guglielmo  Pepe,  una  raccolta importante,  con  oltre  40  opere, prevalentemente di quadri del Seicento e Settecento napoletano, conservati in  cornici sfarzose e coeve.
Si tratta di quadri di notevole qualità e spesso, per avvalorare il mio parere mi sono  avvalso  del  contributo  di  vari  studiosi  che  voglio  pubblicamente  ringraziare:  il  professor Pietro Di Loreto, l'antiquario Michele Gargiulo, l'archivista Vincenzo Rizzo  ed il mio amico Vittorio Sgarbi.
Non mi resta che augurare a tutti una buona quanto proficua lettura.

 Achille della Ragione

 

Scarica il libro in formato PDF

 


Collezione Guglielmo PEPE by kurosp on Scribd




Scarica il libro in formato PDF





martedì 4 ottobre 2022

Riprendono le visite guidate

 


Dopo il vergognoso assenteismo della visita alla mostra di Battistello Caracciolo, la più importante dell'anno alla quale hanno aderito solo 10 persone, avevo deciso di interrompere per sempre le visite, ma le numerose insistenze mi hanno indotto ad un ultimo tentativo e sabato 15 ottobre visiteremo la chiesa di Donnalbina e l'annesso complesso. Poiché la gran parte dei miei seguaci sono dei morti di fame ho fato sì che la visita sia gratuita, appuntamento alle 10:45 all'ingresso della chiesa, diffondete la notizia a parenti amici collaterali ed affini e ricordate di andare periodicamente sul mio blog

www.dellaragione.eu

Per farvi arrivare preparati alla visita vi ripropongo un mio articolo de Il Mattino, che uscì in occasione della riapertura della chiesa 

 

giovedì 22 settembre 2022

art a part of cult(ure), remove background noise

 



Gli articoli di Achille della Ragione sono  pubblicati anche su

 art a part of cult(ure), remove background noise
 



Associazione Culturale
art a part of cult(ure) remove background noise

Via Caulonia, 15
00183 Roma – Italia
+39 3394423786 +39 3492340300
C.F. 97584660589
P.IVA 10739981008
associazione: associazione@artapartofculture.net

L’Associazione Culturale art a part of cult(ure), remove background noise è una struttura senza fini di lucro che opera nel settore delle arti visive e della cultura.

Si propone attraverso gli ArtapartEvents:

    L’ampliamento della conoscenza e dell’approfondimento culturale
    Lo sviluppo di una divulgazione di qualità
    L’attivazione di spazi e luoghi d’incontro e di confronto pregevoli
    La creazione di un intrattenimento piacevole e di alto profilo
    La formazione di una fruizione fidelizzata
    La realizzazione di una Rete di eccellenze tra soci, collaboratori e partners
    La messa in atto di nuove sinergie

Con questa mission, è intesa all’organizzazione di eventi e iniziative con il contributo di associati e cooperatori e del loro apporto per il raggiungimento dello scopo comune e con la peculiarità di concretizzare una vera alleanza tra eccellenze.

domenica 18 settembre 2022

Il degrado di Posillipo


Il Mattino, pag.42
18 settembre 2022


Dall’epoca imperiale Posillipo è stata luogo di delizie ed ozio con ville spettacolari lungo la costa, da quella del divino Augusto a tante altre di rango. La tradizione è continuata durante il periodo aragonese e vicereale, per accentuarsi dopo l’apertura nel 1812 di via Posillipo e negli anni Trenta del secolo scorso di via Petrarca, via Orazio e via Manzoni, dove ambivano dimorare professionisti ed imprenditori. Al fianco di questi insigni personaggi coabitavano pacificamente pescatori e contadini.
Negli ultimi decenni un degrado inarrestabile ha caratterizzato la frequentazione del quartiere con epicentro del fenomeno nel parco virgiliano. Cominciando la discesa dall’incrocio con via Petrarca è un vero bollettino di guerra: strada sconnessa con radici di alberi a vista, un barbone che ha preso stabile possesso della vecchia stazione della funivia. Nel frattempo da Coroglio la più celebre discoteca cittadina spara a palla ritmi snervanti fino all’alba, nonostante confini con il commissariato Bagnoli.
La zona da tempo è frequentata da giovani agghindati da far invidia ai selvaggi, in un tripudio di piercing e tatuaggi.
Persa la memoria storica il luogo è noto per il “mercatino dei vip”, come suole essere denominato il disordinato assembramento di bancarelle che ogni giovedì mattina prende possesso dei vialoni di accesso del Parco delle Rimembranze.
In questo allegro bazar di sapore medio orientale, allietato dalle stridule voci dei venditori, che rimembrano le antiche voci degli ambulanti partenopei, si vende di tutto ad eccezione degli alimentari, con la presunzione di inseguire le griffe alla moda imitate in maniera prodigiosa e spacciate per vere.
Il mercatino è frequentato da una folla allegra e ciarliera nella quale si distinguono le signore e signorine bene della città alla ricerca spasmodica del capo di moda firmato, poco conta se apocrifo, perpetuando con l’aiuto del falso l’antica abitudine di vestire all’ultimo grido.
Sono naturalmente finte signore dalle labbra rifatte e dalle movenze sguaiate, inconsapevoli protagoniste di un doloroso quanto irrefrenabile epicedio: il malinconico tramonto di una classe borghese, che per secoli ha comandato ed oggi è sostituita da una casta prepotente e camorristica, volgare e sfacciata.

sabato 17 settembre 2022

Un pino secolare distrutto dal vento

 
 



Fra poco avrebbe compiuto cento anni, ma una folata di vento impetuoso ha troncato la sua esistenza ed ora giace triste e maestoso davanti alla villa di Achille della Ragione, a ricordarci che tutti gli esseri viventi muoiono, anche gli alberi.
Era stato piantato da un cavaliere senza macchia e senza paura, non certo Berlusconi, naturalmente Mussolini, in occasione della creazione del Parco delle rimembranze. Godeva ottima salute, ma, un colpo di vento, lo ha ucciso. Amen, pregate per lui.

 Achille della Ragione




venerdì 2 settembre 2022

Visita mostra Battistello Caracciolo

  


Amici ed amici degli amici esultate sabato 10 settembre riprendono le visite guidate dal massimo esperto di pittura napoletana: Achille della Ragione e si comincerà con la mostra su Battistello Caracciolo che si tiene nella sala Causa del museo di Capodimonte con appuntamento nel cortile adiacente la biglietteria alle ore 10:45, (ticket 12 euro) dove si terrà l'introduzione alla esposizione e si potrà acquistare l'ultimo libro del celebre filosofo: "100 lettere su cui meditare".
Chi vuole, dopo la mostra, potrà visitare le sale del museo con lo stesso biglietto.
Per farvi arrivare preparati vi propongo un mio articolo pubblicato tempo fa sulla rivista Napoli nobilissima.

 



Battistello Caracciolo 

il primo seguace napoletano di Caravaggio



A Battistello Caracciolo spetta sembra ombra di dubbio il titolo di primo interprete del caravaggismo a Napoli. In tempi di modelli svestiti e di lumi alzati, egli fu l’artefice ed il massimo corifeo, dopo un decennio di pratica in ambito manieristico, in stretto contatto e collaborazione con Belisario Corenzio, dell’introduzione di un nuovo linguaggio figurativo, basato sull’essenzialità del racconto, sulla drammaticità della scena fissata da squarci di luce abbagliante, sulla messa a fuoco dei personaggi, pur conservando una certa cura nella definizione dei contorni.


La sua Immacolata Concezione, affollato telone di inquietante vitalità, nella chiesa di Santa Maria della Stella, documentata al 1607, ci mostra un pittore già maturo nel trattamento della luce e nella resa del dato naturale, pochi mesi dopo la sfolgorante apparizione delle Sette opere di Misericordia del Caravaggio nella chiesa del Pio Monte, segno evidente che Battistello aveva già attinto a Roma in precedenza la lezione del luminismo, che continuerà ad esprimere in altri dipinti di altissima qualità quali il Battesimo di Cristo dei Gerolamini, la serie degli Ecce Homo e la Crocefissione del museo civico di Castelnuovo.



Dopo un soggiorno di studio a Roma, nel 1615, data del suo ritorno a Napoli, ecco che Battistello nella Liberazione di San Pietro dal carcere ottiene raffinati effetti di luce di un chiarore limpidissimo associati ad un rigoroso trattamento degli aspetti cromatici. Seguono altre opere importanti come la Trinitas terrestris della Pietà dei Turchini, documentata al 1617 e poi, dopo il soggiorno fiorentino, con la Lavanda dei piedi, la grande tela che il Caracciolo nel 1622 dipinge per il coro della chiesa della certosa di San Martino, termina la fase luministica ed inizia il processo di involuzione, vera marcia a ritroso verso le sue origini manieristiche quasi neo corenziane. L’audace sperimentatore volge la bussola verso nuove soluzioni formali, pur senza tradire del tutto la lezione caravaggesca; comincerà la definizioni di ampie composizioni a carattere monumentale, con una grande cura della definizione spaziale ed una luce bronzea dominerà la tavolozza di tutta la sua ultima produzione. Il Battistello riuscì così a dimostrare quali effetti di pacata commozione si potessero trarre da una luce che contrastasse con l’ombra sul filo di una linea sinuosa e melodica.



Appartengono a questi anni la Sacra famiglia e San Giovannino, conservato nel Liechtenstein, il San Sebastiano del Fogg art Museum di Harvard, il bozzetto di Sant’Ignazio in gloria del Correale di Sorrento e la Gloria di San Gennaro tra i santi patroni di Napoli della chiesa della certosa di San Martino.
A differenza del Caravaggio il Caracciolo si dedicò all’affresco, ove le sue pregevoli doti di disegnatore rifulgono nella resa volumetrica e nella calibratura delle composizioni.






Un lungo processo sostanzialmente uniforme nella qualità, sempre molto alta, da San Martino a Santa Maria la Nova, da Santa Teresa agli studi a San Diego all’Ospedaletto, ove si dedica anche alla pittura di paesaggio, dal palazzo Reale all’Oratorio dei Nobili al Gesù Nuovo, ove lavorerà con il Lanfranco poco prima della sua morte. 




Foto di Dante Caporali