Pagine

mercoledì 5 maggio 2021

Una storia ospedaliera gloriosa, ma poco conosciuta

 

fig.1 Ospedale Annunziata

 
I moderni ospedali nascono in osservanza a quanto stabilito dal Concilio di Nicea del 325 d.C., che impose a Vescovati e Monasteri di costituire, nelle proprie città, “luoghi ospitali” per pellegrini, ammalati e poveri. E già il Codice di Giustiniano (534 d.C.) nel sancisce una serie, con compiti e finalità distinte: orfanotrofi, manicomi, ospedali, ecc. Il presente capitolo vuole tracciare una storia del succedersi nella città di Napoli e nell’immediato circondario della nascita di questi presidi, iniziando fin dalla Napoli greco-romana.
Nel VI – VII secolo d.C. vengono istituite le Diaconie, strutture rette da laici con funzioni assistenziali generiche. Del IX secolo sono le prime tracce certe di ospedali in città, ma è con il secondo millennio che si comincia ad avvertire quel sentimento di pietas cristiana che, in comunione con quella laica, inizia a diffondere una vera e propria rete assistenziale diffusa, con l’articolazione nel settore di competenze distinte tra religiosi e laici. Gli ospedali antichi sono ovviamente posizionati per la gran parte nella zona antica del centro.
Nel XVI secolo si diffondono Confraternite e Consorterie. Ricordiamo che, in quei tempi, borghesia e nobiltà curavano i propri malati in casa, chiamando i medici al capezzale. Il clero veniva assistito in loco dai confratelli, tra i quali quasi sempre c’era un esperto nell’arte sanitaria.
Verso la fine del ‘200 si ha notizia dei primi ospedali napoletani: Sant’Eligio e Santa Maria di Piedigrotta. Dell’inizio ‘300 è quello dell’Annunziata (fig.1), e poi via via tanti altri. Nel ‘500 gli ospedali iniziano a diventare numerosi. È di quei tempi la diffusione della sifilide, che Girolamo Fracastoro (1478–1553) definì morbo gallico, nell’ipotesi che esso avesse avuto origine in Francia, malattia incurabile e da qui la fondazione nel 1519 dell’Ospedale degli Incurabili (fig.2) voluto da Maria Lorenza Longo (fig.3), moglie del segretario del Re di Spagna. Lei, afflitta e poi guarita da un grave male, profuse nella relativa costruzione tutti i suoi beni per poi raccoglierne altri estranei. Tuttora operativo, esso si trova nelle vicinanze di piazza Cavour e di via Maria Longo appunto.
L’Ospedale dei Pellegrini, anch’esso oggi attivo, risale invece al 1533. Già alla fine del XVI secolo gli Incurabili, tra gli ospedali più grandi d’Europa, aveva oltre 1500 posti letto, suddivisi in specifici reparti, ed era il più celebre del regno, dotato di tutti i servizi necessari a farne una struttura autonoma ed avanzata. La gerarchia interna era blanda, i medici erano autonomi nelle decisioni: consultavano il primario solo quando era, a loro giudizio, necessario.
Dato l’alto livello del personale, il complesso era sede appunto dei malati allora ritenuti “incurabili”. Vi venivano anche istruiti ad arte medica di ottimo livello gli allievi del Collegio Medico Cerusico (fig.4), nato verso il 1764 ed operativo fino all’Unità d’Italia, vero cenacolo illuministico, con sede nel proto-ospedale del Regno delle Due Sicilie: S.M. del Popolo degli Incurabili.
Il collegio, autonomo dal potere universitario, ma sottoposto a rigide regole ecclesiastiche, annoverò tra i suoi maestri ed allievi i medici più illuminati del Mezzogiorno.   Molti di essi parteciparono ai turbolenti eventi della Repubblica Napoletana e pagarono sulle forche, come Domenico Cirillo, la fede negli ideali sociali e di libertà, legati al loro stesso credo professionale.      
In questi ospedali fiorirono maestri ed intelligenze dello stampo di Cotugno, Sarcone, Amantea, Chiari, Santoro, Boccanera, Scotti e de Horatiis.   
I loro libri, gli articoli scientifici conservati nelle antiche biblioteche e negli archivi ospedalieri, ci sorprendono per l'accuratezza delle osservazioni, l'intuizione clinica, l'audacia degli interventi e l'attenzione ai risultati.   In ciò la Scuola Napoletana fu pari alla cultura medica dei migliori stati europei, nonostante gli esigui riconoscimenti nella memoria storica del nostro paese.
Benefattori e religiosi prestarono la loro opera in questi che furono soprattutto "ospedali della carità".    In queste vecchie corsie si mostrò il flagello delle epidemie di peste, colera e tifo, che periodicamente e drammaticamente hanno fatto parte della storia sanitaria della città.   L'equilibrio e la moderazione nell'esercizio professionale, insieme al rispetto dell'autentica tradizione ippocratica, furono la connotazione della Scuola Medica Napoletana.
L'empirismo di Marco Aurelio Severino e l'observatio di Domenico Cotugno, partoriranno una sintesi equilibrata   tra il medico fisico, teorico, ed il barbiere cerusico, vera figura illuministica di artigiano del corpo. 

 

fig.2 - Pianta dell'Ospedale Incurabili

 

fig.3 - Maria Lorenza Longo

 

fig. 4 - Stemma

 

fig.5 - Antichi strumenti chirurgici


Sotto l'astro dei Borbone il XIX secolo affermerà la modernità della  medicina come professione e la validità di una rete ospedaliera ove esercitarono l'arte di guarire medici che per umiltà, rigore, moderazione ed intuito meritarono il nome di scuola.
Tra le tante strutture dell’epoca, ne ricordiamo solo alcune:
L’Ospedale di S. Nicola alla Dogana, che sorse verso la metà del XIV secolo vicino al Molo, sotto il regno dei Durazzo - D’Angiò, e visse per un paio di secoli.
Quello di S. Eligio, nella zona di Piazza Mercato che operò anch’esso per un paio di secoli.
L’Ospedale della Pace sorse verso la fine del XVI secolo su cura dell’Ordine dei Fatebenefratelli.
L’Ospedale di S. Giovanni a Mare, in un edificio romanico opera dei Benedettini nella metà del XII secolo, operò fino al XIX secolo.
L’Ospedale di Sant’Aniello a Caponapoli che fu il primo ospedalepubblico della città.
L’Ospedale dell’Annunziata, conosciuto anche come Real Casa dell’Annunziata,   nacque nel 1316 come ex-voto di una famiglia di combattenti. È noto per la ruota in cui venivano abbandonati neonati dalle proprie madri. All’interno era sempre presente una donna che provvedeva subito alle prime necessità del bimbo. Essi venivano poi cresciuti nella struttura, fino ai 18 anni i maschi per essere avviati al lavoro, fino ai 25 le femmine. Se queste si sposavano prima, veniva loro concessa una piccola dote purché fossero vergini. La ruota fu abolita nel 1872.
Dal periodo normanno fino all’Unità d’Italia gli ospedali napoletani rappresentarono l’unico punto di riferimento per l’intero regno, una funzione che, pur se in misura ridotta, rivestono ancora oggi verso l’hinterland e la stessa regione.
Alcune di queste strutture sanitarie, come i Pellegrini, il San Gennaro, l’Ascalesi, l’Annunziata e gli Incurabili costituiscono anche oggi il cuore dell’assistenza medica per gli abitanti del centro antico. L’antica capitale del regno poteva vantare oltre 150 luoghi di assistenza agli infermi.
Nosocomi ultracentenari che rispondono ancora efficacemente alla richiesta di salute e di ricovero di oltre metà della popolazione, mentre altri storici istituti di cura come l’ospedale S. Maria della Fede, il S. Andrea, la Cesarea, il Lazzaretto ed il famosissimo ospedale della Pace sono stati trasformati o più spesso abbandonati al degrado.
Costruiti durante il vice regno spagnolo, quasi tutti per la lungimiranza di don Pedro da Toledo e ben poco modificati in seguito, riescono a coniugare vecchi corridoi di monasteri con le moderne esigenze dell’assistenza medica. Spesso forniti di mura e strutture poderose, progettate da grandi architetti, dal Vanvitelli ed il Fuga a Domenico Antonio Vaccaro hanno brillantemente superato la prova del tempo resistendo a numerosi terremoti.
Di alcuni ci rimane solo il ricordo, come nel caso del primo nosocomio, costruito da S. Aniello sul pendio di quel colle, chiamato più tardi S. Aniello a Capo Napoli, da sempre punto di riferimento per i presidi ospedalieri cittadini o soltanto modesti ruderi come nel caso del Lazzaretto di Nisida, in funzione fino al 1860 ed oggi riconoscibile solo per qualche traccia muraria lungo il ponte che collega l’isolotto alla terraferma, a differenza dello splendido gemello situato nell’ambito dell’ex ospedale della Pace, un gioiello che meriterebbe di essere conosciuto da indigeni e turisti e che viceversa non è neppure aperto al pubblico.
Anche dell’ospedale di San Giovanni a Mare, il più antico in assoluto, rimane solo un flebile ricordo ed il proposito, mai attuato, di costruirne uno nuovo lì dove sorgeva, in un’area oggi affollata da cadenti abitazioni e infimi esercizi commerciali.
Durante gli anni bui delle guerre medioevali, le quali distrussero ogni traccia di ordine sociale, le pie istituzioni napoletane, che vivevano all’ombra della fede, non ebbero a subire alcun danno, anzi esse si andarono moltiplicando fino a raggiungere nel XIII secolo, con gli Angioini, il massimo della loro attività. E nacque allora, proprio dove era caduto il giovane e bellissimo capo dello svevo Corradino, quel grandioso ospedale di S. Eligio, opera più di espiazione che di amore, con la quale il re Carlo I sperò di dar pace ai rimorsi del suo cuore.
E fu sotto il regno di suo figlio Roberto, sposo alla regina Sancia, che sorse la Real Casa dell’Annunziata, il più famoso brefotrofio d’Europa, il quale non ha mai smesso di funzionare dal lontano 1320 e svolge ancora oggi la sua meritoria opera, reso celebre dalla famigerata Ruota degli esposti, attraverso la quale sono transitati innumerevoli pargoli abbandonati dalle mamme ed affidati al grande cuore della città ed all’amorevole attenzione delle monache.
Nei decenni successivi fu tutto un fiorire di iniziative in soccorso non solo dei malati, ma anche dei più deboli. Ecco così sorgere al fianco dell’ospedale per i gentiluomini poveri, fondato dalla nobile Giovanna Castriota e dell’ospedale per gli stranieri, nato per l’interessamento degli stessi forestieri, con annesso un convalescenziario, altre istituzioni come il ricovero per le donne discordi dai mariti alla Scorziata, l’ospizio di S. Maria di Loreto per gli orfani e quello di S. Onofrio per i vecchi.
Fino a giungere nel 1522 alla nascita del più grosso ospedale del tempo, quello di S. Maria del Popolo agli Incurabili, grazie all’animo generoso e pio di Maria Lorenza Longo, vicino al quale sorge, scandalosamente chiusa da tempo immemorabile, la Cappella dell’Arciconfraternita dei Bianchi, dedita all’assistenza dei condannati a morte, che conserva nell’oratorio l’impressionante statua in cera della Scandalosa raffigurante il cadavere di una prostituta divorato dai vermi, magistralmente descritto da Salvatore Di Giacomo in una sua novella e dove i superstiziosi venivano ad acquistare pezzettini di corda usati per le impiccagioni, un macabro amuleto contro il malocchio. Il complesso degli Incurabili, noto all’epoca in tutta Europa per la bravura dei medici e per i benefici delle cure, nasce per il voto di una nobildonna e prende il nome dai suoi ricoverati, non inguaribili, bensì incurabili, perché nessuno voleva prendersi cura di loro. I visitatori del Gran Tour spesso lo visitavano alla pari delle bellezze naturali e per secoli ha funzionato non solo come ospedale, ma anche come università, anzi era sede già dalla metà del Settecento di un collegio medico cerusico con regole rigide e gli studenti erano seguiti come in un moderno collegio. Ivi furono praticate le prime anestesie ed il primo taglio cesareo, furono applicati i primi rudimentali cateteri e furono adoperati svariati ferri chirurgici originali forgiati da artigiani napoletani (fig.5). Celebri sanitari hanno esercitato nelle corsie del superbo nosocomio da Domenico Cirillo (fig.6) e Domenico Cotugno, ad Antonio Cardarelli fino allo stesso Moscati prima di diventare santo. E tanti altri santi e beati hanno lavorato a vario titolo nelle corsie del celebre nosocomio, da Gaetano Thiene (fig.7) ad Andrea Avellino, da Francesco Caracciolo ad Alfonso Maria de’ Liguori (fig.8), fino a don Placido Baccher ed alla santa dei quartieri spagnoli Maria Francesca delle cinque piaghe (fig.9).
Purtroppo un rovinoso incendio ha distrutto quasi completamente il suo archivio, provocando un irreparabile danno alla storia della medicina meridionale ed al benemerito studioso che volesse dedicarsi al recupero della memoria storica di quella che fu una grande capitale dotata di una rete di ospedali, che tutto il mondo ci invidiava. 

 

fig.6 -Domenico Cirillo

 

fig.7 - San Gaetano Thiene

 

fig.8 -   S. Alfonso Maria de Liguori

 

fig.9 - Santa Maria Francesca delle 5 piaghe

 

Nessun commento:

Posta un commento