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lunedì 3 maggio 2021

Per ogni malattia un ospedale

 

fig.1 - Ingresso ospedale Monaldi

A Napoli nella zona del Vomero alto sorgono una serie di ospedali specializzati nella cura di specifiche malattie, per cui il paziente, una volta formulata la diagnosi della patologia da cui è affetto, può scegliere di ricoverarsi in una struttura dove troverà dei medici aggiornati sulle terapie più opportune.
Partiamo questa nostra carrellata dall’ospedale Monaldi (fig.1), un nosocomio specializzato nella cura delle malattie pneumo-cardiovascolari che si avvale di tecniche chirurgiche all'avanguardia, quali l'utilizzo di robot. Il sanatorio (fig.2), situato nella zona ospedaliera di Napoli, viene fondato nel 1938 col nome di Principe di Piemonte. Nel 1973 il nome viene cambiato per dedicare l'ospedale a Vincenzo Monaldi (fig.3), medico e politico specializzato nelle malattie dell'apparato respiratorio, il quale, nato nel 1899 in Monte Vidon Combatte, visse l'infanzia con la famiglia a Grottazzolina dove non appena ventenne fu eletto sindaco. Il più giovane sindaco dell'Italia dell'epoca.
Dopo aver preso parte, giovane studente, alla prima guerra mondiale (ricevette anche una croce di guerra), conseguì nel 1925 la laurea in medicina dedicandosi immediatamente dopo alla ricerca nel campo della tubercolosi e delle malattie dell'apparato respiratorio.  A soli 34 anni scrisse un trattato sulla fisiopatologia della tubercolosi polmonare che ebbe una larga diffusione e nel 1940 anche una traduzione in spagnolo. Dal 1946 al 1954 diresse l'Istituto Sanatoriale Principe del Piemonte e fondò la rivista Archivio di tisiologia sostenendo la supremazia del vaccino antitubercolare francese BCG rispetto all'omologo vaccino italiano VDS.  Mise a punto una tecnica di drenaggio dello pneumotorace che ancora oggi è conosciuta sotto il nome di "Monaldi-Drainage" nei paesi di lingua tedesca.. Divenne professore alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Napoli e ricevette apprezzamenti anche fuori Italia (fu nominato membro della Reale Società di Medicina di Londra e di varie Accademie di medicina in Italia ed in Germania). Affiancò alla ricerca medica anche l'attività politica arrivando alla carica di Ministro della sanità durante il Governo Fanfani II del 1958.
Morì a Napoli nel 1969. In suo onore, l'Istituto Sanatoriale Principe del Piemonte fu rinominato Ospedale Monaldi. 

 

fig.2 - Facciata ospedale Monaldi

 fig. 3 - Vincenzo Monaldi

 

fig. 4 - Ingresso ospedale Cotugno

Passiamo ora a parlare dell'ospedale Cotugno (fig.4), un nosocomio specializzato nella cura di persone affette da malattie infettive, situato nella zona ospedaliera di Napoli (fig.5), nel quartiere Chiaiano ed intitolato all'omonimo medico chirurgo.    
Fu edificato nel 1884 come ospedale municipale per le malattie infettive, in un'epoca in cui tali malattie venivano curate solo presso lazzaretti o luoghi isolati. Durante la seconda guerra mondiale, il nosocomio fu temporaneamente trasferito presso strutture di San Giorgio a Cremano
Fu intitolato alla memoria del medico Domenico Cotugno (fig.6), il quale,  laureatosi presso la Scuola Medica Salernitana, svolse la sua professione presso l'Ospedale degli Incurabili dando inizio a varie profilassi verso le malattie infettive. Domenico Cotugno (Ruvo di Puglia 1736 – Napoli 1822) è stato un medico, anatomista e chirurgo. Soprannominato “l’Ippocrate Napoletano”. Durante gli ultimi anni della sua vita era così famoso che si diceva che a Napoli : “nessuno poteva morire senza il suo permesso“. È considerato uno dei padri della medicina moderna. Egli nacque da una modesta famiglia, ma si applicò agli studi con intelligenza ed entusiasmo, mostrando propensione per le scienze. Nel 1755, trasferitosi a Napoli, si laureò in Chirurgia e iniziò a lavorare all’Ospedale degli Incurabili, dove nel 1761 fu nominato primario di chirurgia. Aveva appena 30 anni, e aveva messo a repentaglio la salute, contraendo pericolose infezioni,  pur di portare avanti le sue ricerche. Nel 1776, gli fu affidata la cattedra universitaria di Anatomia. 

 

fig.5 - L'ospedale Cotugno visto dall'alto

 

fig.6 -  Domenico Cotugno - 1736-1822

  

fig.7 - Ospedale Pascale, ingresso


L'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori: Fondazione Pascale (fig.7) prende il nome dal suo fondatore e primo presidente, senatore e medico Giovanni Pascale. L'istituto si occupa in particolare di cure oncologiche, ed è un centro di eccellenza italiano nella cura dei tumori, è infatti anche denominato come Istituto Nazionale Tumori.  Il 14 marzo del 1934 si diede inizio ai lavori per la costruzione del primo edificio. L'11 aprile 1940 si ebbe il primo riconoscimento di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), che negli anni successivi ha sempre trovato conferma. Con decreto del Medico Provinciale n.8984 del 4.5.1963 l'Istituto venne classificato quale "Ospedale Specializzato" di I categoria.
Dal 1936 l'Istituto ha progressivamente ampliato gli spazi e da un originario edificio, attualmente riservato ai Laboratori di Ricerca, si è esteso in quattro fabbricati (fig.8) nei quali sono attualmente ubicati gli uffici amministrativi, i reparti di degenza, i laboratori di ricerca, gli ambienti per le attività ambulatoriali e per il day hospital.   
Il nome a cui l’ospedale è dedicato fu un clinico e oncologo di fama internazionale, nacque a Faicchio (Benevento) in una signorile famiglia locale e si formò nell'Università di Napoli, ove fu allievo dei maggiori luminari del tempo sotto la cui guida si laureò in medicina nel 1884. Recatosi all'estero per perfezionarsi in clinica chirurgica, tornò poi a Napoli ove fu allievo del D'Antona, poi suo assistente volontario e quindi, nel decennio 1890-1900, aiuto ordinario. Libero docente in Patologia e propedeutica chirurgica, primario chirurgo nell'ospedale napoletano di S. Maria della Pace, libero docente di clinica chirurgica e poi professore ordinario della stessa disciplina dal 1913, Pascale organizzò tra i primi il suo reparto ospedaliero informandolo ai principi della sterilizzazione col calore e si distinse inoltre durante la prima guerra mondiale per la soluzione di problemi medico-sociali in veste di Generale medico del X e XI corpo d'armata.
Creò ospedali per il ricovero e la cura dei feriti di guerra, di alcuni ne fu direttore, e successivamente favorì la creazione di sanatori per i tubercolotici di guerra, mentre a Faicchio diede impulso alla "Fondazione Pascale" per accogliere ed educare i bambini orfani. Studiò a lungo le patologie del cancro e creò a Napoli l'Istituto per lo studio e la cura dei tumori maligni, integrato da un Centro diagnostico e curativo dei tumori maligni annesso alla prima Clinica chirurgica dell'Università. Senatore dal 6 ottobre 1919, si occupò in Parlamento specialmente di problematiche mediche connesse alla tubercolosi. Colpito da improvviso malore mentre operava, volle che i suoi assistenti proseguissero, senza pensare a lui. Morì due giorni dopo, il 28 ottobre 1936.
A Napoli oltre all'ospedale per la cura dei tumori che porta il suo nome, anche una strada cittadina è a lui intitolata, così come pure a Benevento.
Per decenni alcuni reparti hanno avuto primari di eccezionale abilità, che, per quanto in pensione, continuano privatamente la loro attività. Ricordiamo Beppe D’Aiuto (fig.9), pontefice nella cura del cancro del seno. La divisione di urologia è stata diretta con rara competenza da Antonio Gallo, che usufruiva di un braccio destro eccezionale: la consorte Antonella Sepe; li presentiamo nella inconsueta veste di Angeli e demoni in questa spiritosa foto (fig.10) che vinse il 1° premio in una delle memorabili feste di Carnevale che negli anni Ottanta si svolgevano nei sontuosi saloni della splendida villa posillipina del più famoso ginecologo italiano di tutti i tempi.
Attualmente un nome occupa costantemente le pagine dei giornali per le sue dichiarazioni sul Covid, quello di Paolo Antonio Ascierto, che possiede una valida equipe (fig.11), che si occupa di un tumore molto diffuso: il melanoma. 

 

 fig.8 - Ospedale Pascale visto dall'alto

 

 fig.9 - Beppe D'Aiuto

 

fig.10  - Angeli e demoni

 

fig.11 -  Paolo Antonio Ascierto con la sua equipe

 

fig.12 - Centro traumatologico ortopedico, ingresso

Ci spostiamo ora su viale Colli Aminei dove incontriamo l’ingresso del CTO (fig.12), centro traumatologico ortopedico, una struttura specializzata nel trattamento di fratture ed altre patologie ossee, ma che di recente ha aperto anche un pronto soccorso, che speriamo possa diminuire il carico di lavoro del Cardarelli, dove le attese sono interminabili.
Concludiamo portandoci nel centro del Vomero dove esiste un attrezzato ospedale dedicato alle
malattie dei bambini: il Santobono (fig.13), che possiede un gemello: il Pausilipon, di cui parlo nel capitolo: “Ammalarsi a Posillipo”.
Sorti in origine come centri di prevenzione antitubercolare, gli ospedali Santobono e Pausilipon hanno fatto parte per molti decenni dello stesso Ente Ospedaliero Regionale Pediatrico, meglio conosciuto come “Ospedali Riuniti per Bambini di Napoli”.
Posti in due zone diverse della città, i due ospedali traggono la loro denominazione dalle aree sulle quali sorsero: “Santobono” dal nome della proprietà, in origine “Parco di Villa Caracciolo di Santobono” e “Pausilipon“, dal nome della zona collinare di Posillipo, letteralmente “tregua dal dolore”. L’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Santobono Pausilipon, unica azienda ospedaliera pediatrica del Sud Italia costituisce uno dei principali poli nazionali di riferimento nell’assistenza pediatrica sia nei settore dell’emergenza-urgenza che dell’alta complessità e della riabilitazione intensiva. Essa è dotata di oltre 430 posti letto, articolati in 20 differenti discipline esclusivamente dedicate alle cure del neonato e del bambino. La sede amministrativa e legale dell’Azienda è allocata in prossimità della Riviera di Chiaia, nei locali che furono del primo ospedale chirurgico pediatrico italiano, costruito dalla Duchessa Teresa Fieschi Ravaschieri (fig.14), in memoria della figlia Lina Ravaschieri, deceduta in tenera età, alla quale da poco è stata finalmente dedicata una strada.   
E vogliamo ora ricordare questa donna dal carattere volitivo, invitando chi volesse approfondire la sua biografia a leggere il libro: “Io Teresa Filangieri, scritto magistralmente da una mia cara amica: Valeria Jacobacci.
Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri era una donna dal cuore e dal sangue nobile. Istruita e colta date le sue origini, era infatti la nipote del celebre filosofo e giurista Gaetano Filangieri, figlia del generale Carlo Filangieri e sorella minore di Gaetano Filangieri, principe di Satriano. Nata a Napoli nel 1826, dedicò tutta la sua vita agli ultimi. Una vera filantropa dato che accolse presso la sua abitazione alcuni giovani mendicanti trovati per le vie della città e decise di educarli e trasformarli in suoi domestici. Ma non erano pochi i poveri che aiutava con generose donazioni. Come gli eventi di beneficenza da lei creati e il cui ricavato andava direttamente ai più bisognosi. Durante la sua giovinezza infatti, frequentò i più prestigiosi salotti nobiliari della città, incontrando Paolina Craven Laferonnays (moglie del diplomatico inglese August Craven) e le sue sorelle. Con loro organizzava gli spettacoli teatrali. Per quanto riguarda la sua vita privata, nel 1847 sposò Vincenzo Fieschi Ravaschieri, duca di Roccapiemonte, da cui nacque Lina.
A Teresa Filangieri poi si deve la nascita nel 1879 del primo ospedale chirurgico per bambini nel nostro Paese, nato nel cuore di Chiaia in ricordo proprio della figlia prematuramente scomparsa nel 1861. In questa opera, che ottenne il finanziamento anche della coppia reale, la donna investe quasi tutto il suo patrimonio. Come si legge in una targa:
“Questo ospedale per bambini in memoria di Lina, figliuola unica e dilettissima morta a 12 anni, ha eretto la madre sua Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri, la quale a tanto dolore solo la carità pe i poverelli ha trovato conforto”.     
Durante il colera che colpì la città di Napoli nel 1873, il Comitato organizzato per i soccorsi le affida l’organizzazione delle cucine popolari gratuite, un ruolo estremamente importante data la propagazione del contagio nelle classi poveri. Ma non è l’unico incarico di rilievo, durante la Campagna d’Africa di fine Novecento, Teresa Filangieri fu a capo della Croce Rossa. Anche qui si distinse per il suo buon cuore offrendo la sua maestosa villa di Pozzuoli ai reduci italiani della battaglia di Adua in Etiopia. Accanto alla sua attività filantropa, la donna affianca quella di scrittrice. Nel 1879 pubblica ‘Storia della carità napoletana’ opera in quattro volumi, mentre nel 1892 una raccolta di lettere e memorie dedicata all’amica Paolina. Morì a Posillipo il 10 settembre 1903 dopo aver scritto ‘Come nacque il mio ospedale’.

fig.13 -Ingresso ospedale Santobono

fig.14 - Teresa Filangieri e la strada a lei dedicata





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