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sabato 18 febbraio 2017

Interessanti inediti del Settecento napoletano

01 - Tommaso Castellano - Architetture antiche
02 - Tommaso Castellano - Architetture antiche
03 - Tommaso Castellano - Architetture antiche -firma


Cominciamo la nostra entusiasmante carrellata facendo conoscere due pendants (fig.1-2) raffiguranti antiche rovine, che sembrerebbero opera di Leonardo Coccorante o di Ascanio Luciani e che viceversa possiamo assegnare con certezza, perché uno dei due è firmato (fig.3) chiaramente, a Tommaso Castellano, un'artista di cui mi sono interessato in passato in un articolo su Giorgio Garri, del quale la più antica testimonianza ci è fornita dal De Dominici, che lo segnala nella bottega di Nicola Casissa, per quanto fosse suo coetaneo.
Anche Giorgio appartiene ad una famiglia di generisti, infatti suo fratello Giovanni fu “buon pittore di marine e paesi” e la sua figliola Colomba brava nel realizzare “fiori e pescagione ed anche cose dolci, seccamenti, cose da cucina e sul finir dell’attività anche vedute di città in prospettiva” sposa il pittore ornamentista  Tommaso Castellano, autore dei due pendant in esame ed anche le sue figlie Ruffina, Apollonia e Bibiana furono avviate al disegno ed ai pennelli con un mediocre successo.
  
04 - Ignoto solimenesco -Transito di S. Giuseppe
05 - Ignoto solimenesco - Madonna e santo
06 - Ignoto solimenesco - Scena biblica

Passiamo ora ad esaminare una coppia di pendants (fig.4-5) di notevole qualità, assegnabili ad un valido allievo, difficile da identificare, del Solimena. Entrambi vibrano di un cromatismo vivace e di un diligente assetto disegnativo.
Di qualità ancora più alta e sempre da assegnare ad un valido seguace del Solimena è Una scena biblica (fig.6) in cui capre e figure umane sono eseguite con pari abilità, in un'atmosfera solenne ed arcadica nello stesso tempo.

07 - De Mura - Testa di fanciulla
08 - Lorenzo De Caro - Martirio di S. Stefano

Molto dolce e delicata è la Testa di fanciulla (fig.7), con grande probabilità un frammento da un dipinto di De Mura, il quale irradia un'aurea di eterea serenità all'osservatore.
Nel 1708 a soli dodici anni Francesco De Mura entra nella bottega del più illustre pittore della prima metà del XVIII secolo: Francesco Solimena. L’allievo applicò una assidua didattica disegnativa a tutto ciò che apprendeva dalla bottega del maestro.
Il martirio di S. Stefano (fig.8) di rara potenza espressiva, da taluni studiosi attribuito ipoteticamente a Sebastiano Conca, è a mio parere assegnabile con certezza al pennello di Lorenzo De Caro, per cogenti affinità stilistiche e per il prelievo letterale di alcune figure da altri dipinti documentati dell'artista, tra cui Il martirio di un santo, conservato a Napoli nella prestigiosa collezione della Ragione.
Lorenzo De Caro fu insigne pittore del glorioso Settecento napoletano, anche se fino ad oggi conosciuto solo dagli specialisti e dagli appassionati più attenti. Una serie di dipinti presentati sempre più di frequente nelle aste internazionali, una recente piccola monografia ed alcune fondamentali scoperte biografiche costituiranno un viatico per una sua più completa conoscenza da parte della critica ed una maggiore notorietà tra antiquari e collezionisti. Verso la fine degli anni Cinquanta si manifesta il momento migliore nella sua produzione, quando, pur partendo dagli esempi del Solimena, ne scompagina la monumentalità attraverso l’uso di macchie cromatiche di spiccata luminosità e, rifacendosi ai raffinati modelli di grazia del De Mura, perviene ad esiti di intensa espressività, preludendo l’eleganza del rocaille.

09 - De Matteis - Madonna

L’allievo più importante partorito dalla costola del Giordano è Paolo De Matteis, che seppe evolvere il Barocco del suo maestro in una lieta e diafana visione, arcadica e classicistica; a lui il De Dominici, riconoscendone la statura, dedicò una trattazione a parte nelle sue celebri “Vite”.
La critica negli ultimi decenni ne ha scandagliato più a fondo lo stile e la personalità e l’artista oramai è emerso come il più esemplare precorritore dei tempi moderni e come il più significativo battistrada della nuova pittura napoletana prima dello scadere del secolo.
Oggi il De Matteis occupa un posto di primo piano nel panorama delle arti figurative partenopee di fine secolo ed ha superato in bellezza il giudizio poco lusinghiero che ebbe nei suoi riguardi la Lorenzetti, la quale, nello stilare il catalogo della mostra su tre secoli di pittura napoletana nel 1938, lo definì stanco ripetitore dei modi del Giordano ed emulo impari del Solimena.
La figura della Madonna (fig.9) molto dolce, è resa con la stessa grazia delle altre Madonne che il De Matteis dipinse in quel periodo. La struttura disegnativa di chiara derivazione marattesca, lo schema compositivo svolto secondo la normativa accademica del ritmo centrale, l'elegante finitezza dei particolari pongono questa pala quale testimonianza emblematica della sua produzione sacra a cavallo dei due secoli. L'artista infatti nei suoi dipinti di soggetto sacro ambiva a che fossero il tramite di una serena contemplazione della divinità e su questo atteggiamento molto influirono le predicazioni di padre Antonio Torres, confessore del marchese Del Carpio estremo difensore di un rigoroso purismo linguistico.
   
010 - Traversi - Mangiatori
E concludiamo in bellezza con un vero capolavoro: Mangiatori di pasta (fig. 10), attribuibile al di là di ogni dubbio a Gaspare Traversi, uno dei più importanti pittori napoletani del Settecento, caustico censore della società del suo tempo ed avido di passare all'immortalità della tela personaggi della plebe impegnati in fisiologiche funzioni quotidiane, come possiamo ammirare nel dipinto in esame.
Gaspare Traversi (Napoli 1722 – Roma 1770) trasse dalla strada  la fonte per le sue composizioni, coniugando le caratteristiche fisiognomiche, spesso ambigue, dei personaggi rappresentati, alla espressiva gestualità rivelatrice dei loro caratteri, che testimoniano l’interesse dell’autore nel ritrarre la realtà sociale del suo tempo, attraverso i volti e gli atteggiamenti di personaggi umili, con uno stile teso al recupero dei modelli tradizionali della pittura napoletana del secolo precedente, tra cui gli esempi di matrice caravaggesca, volti a cogliere l’oggettività della rappresentazione.

Achille della Ragione




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