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lunedì 27 ottobre 2014

Una splendida pala d'altare di Cesare Fracanzano

tav. 1 -S. Ignazio di Antiochia e S. Bibiana - Gravina di Puglia, chiesa del Gesù


Una pala d’altare di grandi dimensioni, raffigurante Sant’Ignazio di Antiochia e santa Bibiana (tav. 1), già nella chiesa del Gesù a Gravina ed oggi conservata nella sala dei Paramenti della cittadina pugliese fu presentata e commentata ampiamente dalla Pasculli Ferrara alla mostra su Angelo e Francesco Solimena due culture a confronto, che si tenne tra Pagani e Nocera Inferiore nel 1990.   In precedenza Lucatuorto aveva identificato i documenti riguardanti la committenza dell’opera voluta da Magnifica Balsama Ioanna Lupi, che, nel suo testamento del 10 luglio 1645, istituiva erede dei suoi beni la erigenda chiesa del Gesù, la quale venne rapidamente costruita ed inaugurata il 9 settembre 1646, con il dipinto specificamente richiesto:”un quadro di S. Bibiana e S. Ignazio martire, ma sopra detto quadro ci haverà da essere il predetto nome di Gesù”. La Pasculli Ferrara evidenzia strette analogie con la Vergine dell’Apocalisse di Barletta(databile agli anni 1633 – 1639) sia nella figura dell’imponente S. Ignazio che richiama il San Nicola per lo stesso volto estatico, colto dal basso verso l’alto con gli occhi trasognati al cielo e il fitto panneggio bianco della dalmatica, sia nei putti che reggono il monogramma di Cristo, uguali a quelli intorno alla Vergine , con gli analoghi svolazzanti panneggi. Inoltre grappoli di luce delicatissimi nel merletto ai piedi di S. Ignazio ricordano quelli della tovaglia nel Miracolo della Porziucola sempre a Barletta, mentre la santa Bibiana rimanda alla Santa Caterina d’Alessandria del fratello Francesco, conservata a Roma presso la sede dell’Inps, nello scialle increspato di pieghe annodato al petto, nella foggia del calzare, nell’imponenza della figura, nel più solido pittoricismo. Tipico invece di Cesare, sigla costante che ritroviamo nei suoi quadri, è il giganteggiare delle mani in una sacra gestualità, mani intrecciate sul petto di Bibiana che indicano l’accettazione del martirio, ma le ritroviamo con lunghissime dita che premono sul petto in molti altri dipinti, dal San Giovanni Battista di Capodimonte alla S. Elena ed al San Francesco del Miracolo della Porziucola di Barletta, fino all’Immacolata della chiesa napoletana di San Ferdinando.
Noi concordiamo pienamente nell’attribuire a Cesare la paternità del dipinto, ma per completezza riportiamo il parere del De Vito, il quale ragiona diversamente: “ Il S. Ignazio e la S. Bibiana non supportano il nome di Cesare bensì quello di Francesco. Le figure dei due Santi sono monumentali è stato scritto; se però di monumentalità si vuol parlare occorre ricordare che Cesare rare volte ricorre a questo metro e comunque in maniera meno accentuata. L’espansione orizzontale del S. Ignazio  è sintomatica così i suoi caratteri fisiognomici, le rughe del volto sono profonde e incise, le mani grosse con dita noccolute e nervose, i panneggi pur ampi sono raccolti in pieghe sottili, il che è solo di Francesco . Il viso della santa è rotondo come quello della S. Caterina già Sciarra, i capelli sono raccolti con un ciuffo alla Domenichino, il manto della santa Bibiana è partito a metà alla stessa maniera. I putti che reggono il logo della Compagnia di Gesù sono diversi da quelli costantemente eguali di Cesare, biondi e ricciuti. Nei colori si ritrova, nel mantello del Santo, il giallo brunito già utilizzato nella figura centrale del Tiridate e nella Dalmatica un bianco abbagliante, quello stesso che aveva colpito De Dominici nel Transito ai Pellegrini”.

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