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giovedì 6 marzo 2014

Un artista superstizioso

Lello Esposito

Lello Esposito, uno dei grandi artigiani artisti internazionali che la città esprime, vive e lavora tra Napoli e New York. "La mia sfida” ci ha confidato” è parlare in napoletano ed andare in giro per il mondo, mentre continuo a dare segnali universali attraverso l'amore, l'ostinazione di lavorare sulla città in una continua evoluzione dei miei pulcinella." 
Il personaggio, scultore e pittore, da circa trent'anni lavora su alcuni simboli partenopei: Pulcinella, la maschera, l'uovo, il teschio, il vulcano, il cavallo, San Gennaro al corno nelle varie possibili metamorfosi, che sembrano percorrere parallelamente, per poi incontrarsi su un piano artistico e contemporaneo attraverso le diverse metamorfosi espressive di Pulcinella e della sua maschera in una danza pura ed elegante di alto contenuto simbolico. 
Svolge una ricerca che nel tempo gli ha permesso di sperimentare scultura e pittura e di realizzare un’evoluzione di significati, di dimensioni e di tecniche artistiche. Per le sculture e le installazioni utilizza materiali di vario tipo - bronzo e alluminio – e dipinge tele di grandi dimensioni. Egli ama definirsi “artista di culto" per l’indagine portata avanti sugli archetipi, sui simboli della città, sull’immaginario culturale che dal profondo emergono in superficie, vengono restituiti ed assumono nuove forme e raffigurazioni, contribuendo significativamente alle nuove interpretazioni della tradizione, indispensabile per ogni forma di sperimentazione artistica e culturale. Ha coniugato la passione totale per l’arte e per Napoli, diventandone indubbiamente un artista rappresentativo e fortemente riconoscibile. Il suo lavoro è noto in Italia e all’estero dove ha esposto in numerose mostre.
Lello Esposito napoletano verace è uno dei più apprezzati artisti dell’arte contemporanea italiana, che parla di Napoli anche all’estero fra l’Europa e gli Stati Uniti. Ha fatto dei simboli della tradizione napoletana, icone universali che ci contraddistinguono nel mondo, il suo brand, la sua firma, il suo linguaggio formato da parole semplici. Lello con il santo ha un rapporto stretto, oltre che far parte del suo percorso artistico nelle installazioni e sculture, ha un “destino comune” che lo accompagna da sempre. Cos’hanno in comune Lello Esposito e il santo Patrono di Napoli? Condividono una data: il 16 dicembre “l’artista di culto” come ama definirsi, festeggerà il suo compleanno, contemporaneamente San Gennaro ci beneficerà del suo terzo miracolo, poco noto perfino ai napoletani, in cui si celebra l’anniversario di una terribile eruzione del Vesuvio, quella avvenuta il 16 dicembre del 1631. In quell’occasione San Gennaro apparve dal cielo e arrestò, per intervento divino, la lava.
Per il Museo del tesoro di San Gennaro, in occasione della ricorrenza del voto fatto alla città, dai napoletani per fondare la Cappella dedicata al Patrono ( 13 Gennaio 1527 - 13 Gennaio 2012) Lello ha realizzato un busto in bronzo del santo, che funge da salvadanaio, i cui proventi serviranno a finanziare un laboratorio didattico  all’interno del museo, destinato ai ragazzi.
Ci sono un ciclo di sculture e installazioni che rappresentano San Gennaro che Lello ha portato in giro per mostre, come testimonia la celebre scultura creata in occasione del Giubileo del 2011 realizzata in bronzo, alta 4 metri dal peso di circa 15 quintali posizionata di fronte alla Basilica del Buon Consiglio a Napoli “nella sua imponenza la scultura doveva incarnare la vera forza di San Gennaro e vegliare sulla città e proteggerla da ogni calamità, proprio nel luogo più vicino a lui, le catacombe “
Le sue sculture, nate nel suo laboratorio situato nelle Scuderie di Palazzo Sansevero, da Napoli hanno fatto il giro del mondo fino ad approdare negli USA. “ Napoli è una fonte d’ inesauribile energia, e quando hai comunicato alla città attraverso i suoi simboli, e hai detto tutto, senti il bisogno di comunicarli altrove, di confrontarti, di vedere posti nuovi e portare queste icone che parlano della “mia Napoli” nel mondo come a New York o Budapest, Tokio, ma le mie radici sono ancorate qui “.
Quell’enorme faccione è stato ormai adottato dalla gente del popolo che va in chiesa. Non si limitano a osservarlo attentamente, ma l’accarezzano con devozione. E al rito, un po’ superstizioso, si sono già adeguati anche i turisti, molti dei quali sono convinti che l’opera sia sempre stata qua. La collocazione sul sagrato fa rievocare a Schifano un frammento della storia di Napoli che in tanti ignorano. Fino al secolo XIV una grande scultura bronzea che raffigurava un cavallo era posta accanto al Duomo. Precisamente era nell’attuale piazzetta Riario Sforza, dove c’è un antico ingresso laterale, proprio di fronte al Pio Monte della Misericordia, dove ora s’innalza l’obelisco di San Gennaro. Lo fece rimuovere il cardinale Matteo Filomarino perché la scultura era diventata il fulcro di un rito scaramantico. «I carrettieri» spiega Schifano «usavano portare i propri cavalli a fare il giro attorno alla statua equestre per farli guarire o non farli ammalare. Per questo il cavallo, a parte la testa, fu fuso per farne una campana che si trova nel Duomo».
Da allora, carrettieri e maniscalchi dirottarono i propri animali a Sant’Eligio Maggiore, nei pressi di piazza Mercato, che divenne il loro protettore. «Sono espressioni folkloristiche, certo, ma possono contribuire a rendere più ricco anche il sentimento religioso e far nascere curiosità culturali. L’opera di Esposito, però, ha un valore e una forza artistica in sé che le fa meritare di essere un omaggio permanente al primo patrono e a Napoli». Bé, speriamo che San Gennaro non si becchi un altro no, perché da tanti anni, lui, con lo scioglimento del sangue sta sempre dicendo di si alla città.
L’ultima performance di Lello Esposito è stata la creazione di un grande corno rosso posto davanti alla facciata della Reggia di Caserta su invito del Sindaco. Il colossale ed energetico amuleto, che misura 15 metri di altezza e la cui installazione è costata 70 mila euro, attira la curiosità anche fotografica dei turisti forse, o anche, o magari proprio perché fa a pugni con l’elegante linea del palazzo, che però versa in preoccupanti condizioni (due crolli nel 2012).
Tale stato di degrado avrebbe spinto il sindaco a richiedere e a installare l’opera Good Luck Caserta dell’artista Lello Esposito che da anni porta avanti una ricerca su corni, simboli e archetipi che da sempre fermentano nell’immaginario campano.
Ma poi, come era prevedibile, la faccenda è abbastanza sfuggita di mano a tutti: polemiche, proteste, tentativi di danneggiamento, la Sovrintendenza si oppone, l’Unesco pure e anche il ministro dice che è meglio di no; il sindaco prima tiene duro, poi si mostra più flessibile vantando però il rilievo internazionale ottenuto dalla sua ideona di «marketing territoriale»; nel frattempo alcuni studenti circondano la base del monumento con lo striscione «Questo corno è uno scuorno», ossia una vergogna.
Ma la trama dell’apotropaico cinepanettone prevede anche l’assessore che incoraggia i pasticcieri locali, promossi cake designers, a ispirarsi all’opera; e la sfilata di modelle che, vestite da spose, circondano l’enorme simbolo fallico come in un arcaico, ma evoluto rituale contro il malocchio.
Sarà spostato il grande corno rosso collocato davanti alla Reggia di Caserta. Lo annuncia il sindaco Pio del Gaudio, che spiega di aver telefonato al ministro dei Beni culturali Massimo Bray e di aver «accolto con favore la sua richiesta di spostare l’installazione». Si conclude così la bagarre scoppiata a Caserta dopo la comparsa, nei giorni scorsi, dell’opera di Lello Esposito proprio dinanzi all’ingresso principale della monumentale architettura del Vanvitelli.
Giuston o sbagliato che sia, la novità richiede comunque una riflessione. Quasi in gara con sè stesso quqnto a grandezza e imponenza delle sue opere, di fatti lo scultore Lello Esposito ha fatto nuovamente parlare di sé per la mole sempre maggiore dei suoi lavori ispirati alla tradizione popolare. Stavolta, però, non si trattava di un nuovo Pulcinella o un nuovo San Gennaro, bensì dell’imponente corno rosso dell’altezza di ben 13 metri.
Enorme, ma chissà, forse non ancora abbastanza per poter dialogare con la maestosità del monumento vanvitelliano, il simbolo scaramantico colore del fuoco scatena da subito un vivace dìbattito che non resta un semplice pour parler tra cittadini che, divisi tra favorevoli e contrari, disputano di questioni estetiche e valore artistico oltre che di opportunità rispetto alle condizioni di abbandono in cui versa la Reggia. La questione rimbalza presto nei palazzi istituzionali, dapprima in quelli di sovrintendenza e amministrazione comunale che discutono sul da farsi, per giungere quindi fino a Roma con tanto di ministro Bray tirato in ballo.
L’idea di opera provocatoria non adatta a dialogare con monumenti di straordinaria importanza, fa intanto pertanto pensare ad altri discussi lavori artistici in bella vista dinanzi a un palazzo storico. Per esempio, la provocatoria scultura rappresentante un dito medio alzato di Maurizio Cattelan – artista quotatissimo a livello internazionale, tra gli italiani più famosi all’estero – installata in piazza Affari a Milano dinanzi al Palazzo della Borsa. Cosa ne pensano intellettuali, studiosi e galleristi? Lo abbiamo chiesto a Mimmo Paladino.
Il grande corno di Lello Esposito davanti alla Reggia di Caserta può essere criticabile, come ogni immagine. Può piacere o non piacere. Sono anche disposto ad accettare che un’immagine esposta in pubblico sia contestata, offesa, aggredita. Quando si sceglie la piazza, ci si adegua alla vita e alle sue condizioni. Tuttavia personalmente mi colpisce che la autorità politiche, quelle culturali (critici, galleristi, etc.) e con grande agitazione di manganelli mediatici anche i rappresentanti della stampa e delle televisioni si siano mobiliati in coro per censurare il corno di Caserta. Dell’oggetto in sé è stato detto e scritto tutto il male possibile e della sua collocazione si è fatto scandalo, quasi come se il monumento vanvitelliano stesse subendo una specie di barbarica aggressione, come se fosse una questione di vita o di morte del bene culturale. Oggi, infine, si plaude alla decisione autoritaria di rimuovere quell’immagine: una sentenza di morte, tutta politica, che è anche una condanna estetica terribile e definitiva. Questo il punto per me decisivo. In fondo, quello che tutti hanno detto o lasciato che si dicesse è che l’installazione di Lello Esposito davanti alla Reggia di Caserta può e deve essere abbattuta perché, se pure avesse provato ad esserlo, certamente non è arte. Nel mondo occidentale l’immagine pubblica non protetta da una definizione artistica è a rischio di esistenza come un clandestino da sfruttare o da perseguitare, a cui in ultima analisi si infligge il foglio di via. Vediamo se si può ragionare: nessun politico, nessun intellettuale, nessun giornalista ha osato dire che il corno di Caserta è una «brutta opera d’arte», la cui perdurante esibizione in quel luogo avrebbe procurato disdoro alla magnificenza architettonica della Reggia vanvitelliana. Ma solo perché veniva liquidata come «non arte» l’installazione di Esposito si è potuto sottoporla senza indugio al regime più violento della decisione politica e amministrativa. Ho visto servizi televisivi e letto articoli di giornali che neanche nominavano l’autore del corno, per accanirsi sul sindaco casertano, reo di aver commissionato lo sgorbio. Tutto ciò è paradossale. L’arte contemporanea, nel bene e nel male, ha operato per oltre un secolo assorbendo in sé ciò che artistico non era, financo cose prese per caso dalla strada, oggetti di risulta, escrementi. Riuscendo nel corso del tempo a imporre immagini certamente meno sensate e più sgradevoli del corno casertano sul mercato e nei musei. Proprio perché consideriamo arte il dito di Cattelan a piazza Affari riusciamo a capacitarci della scelta del Comune di Milano di deliberarne la definitiva collocazione in loco. Ma come e perché il gesto internazionale del «vaffanculo» sarebbe meno volgare del corno, oggetto a cui sono personalmente affezionato come, penso, tantissimi meridionali come me? E’ una questione di forma o di funzione, cioè di concetto? Il marmo è artistico, il legno e l’alluminio no? Mandare a quel paese la finanza internazionale è un’idea più intelligente del fare gli scongiuri per protegger un monumento dall’oblio? Ancora una volta vedo muoversi nel nostro Paese e purtroppo anche con la complicità o l’insipienza di soggetti politici ed intellettuali del Sud quel misero perbenismo e quel razzismo piccolo borghese che impediscono di comprendere la forza poetica di certe espressioni popolari di cui si nutre da secoli, anzi da millenni la cultura italiana. Poiché abbiamo aderito al pop di matrice anglosassone e americana non sappiamo più niente del nostro folklore e, rinunciando all’ideologia in favore di astrazioni concettuali globalizzate, non riusciamo più a parlare la nostra lingua e a capirci tra di noi e con il resto del mondo.

il corno di Caserta
Il corno dello scuorno
opera di Lello Esposito


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