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sabato 25 gennaio 2014

Achille Mottola

Achille Mottola


Dal 1826 il Conservatorio di San Pietro a Majella si trova nell'edificio che era il convento dei Padri Celestini vicino a piazza Dante e al decumano maggiore. 
Trae le sue origini nei quattro Orfanotrofi sorti nel Cinquecento nelle zone più povere e più derelitte di Napoli: il Santa Maria di Loreto, la struttura di Sant'Onofrio a Porta Capuana, i Poveri di Gesù Cristo e la Pietà dei Turchini. La scuola di musica nacque appunto dall'unione degli studenti di questi orfanotrofi. La sede attuale ospita una biblioteca dove sono conservati autografi, manoscritti e stampe rare con una sezione particolare dedicata alla musica Settecento napoletano. La sala Scarlatti, che ha un'acustica spettacolare, si affaccia su uno dei chiostri del conservatorio.
Uno scrigno con 5 secoli di partiture, manoscritti e strumenti che la cattiva gestione stava mettendo in pericolo. Ora la rinascita con un commissario che riesce a coniugare buona amministrazione e nuove iniziative artistiche. I suoni che arrivano dalle finestre sul vicolo San Pietro a Majella non sorprendono solo i viaggiatori di passaggio ma anche i napoletani. Gli archi pizzicati che si sovrappongono ai fiati, le voci dei cantanti che si intrecciano con i pianisti che corrono per lo loro scale diatoniche tutti insieme, ma ognuno per conto proprio. Le note di centinaia di esercizi rimbalzano anarchiche sulle pareti dei palazzi che si aprono su piazza Bellini e via Costantinopoli. E sotto nel vicolo, i turisti con il naso per aria che cercano di capire la magia di uno dei luoghi più simbolici di una Napoli decadente che resiste grazie alla passione di pochi.
Il Conservatorio di San Pietro a Majella è un’istituzione che non finisce mai di sorprendere, anche se negli ultimi anni è stata offuscata da questioni amministrative. Per mettere ordine tra le pareti dell’antico convento dei Padri Celestini è che stato nominato un commissario che ha fatto della musica una delle sue passioni vitali.
«Per me la musica è stata un sogno che e diventato segno - dice Achille Mottola, da un anno commissario con funzione di presidente del CDA nel conservatorio di San Pietro a Majella -  Non so se benedire o  maledire l’insegnante di scuola media che non ci faceva ascoltare la musica. Mi sarebbe piaciuto molto poterla studiare bene ma, quello che potevo fare era disegnare i tasti del pianoforte sul banco e farli sparire durante l’intervallo per non vano per non essere rimproverato dagli altri insegnanti. E’ stata una spinta, quello che ho capito è che l'insegnamento della musica è fondamentale fin dalla scuola dell'infanzia, importantissima nella scuola primaria e quindi nelle medie. E’ determinante avere degli insegnanti che sappiano leggere la musica e che siano in grado di capire e poi indirizzare la vocazione degli allievi». Achille Mottola ha cominciato una sua piccola rivoluzione per creare, parole sue, un “Conservatorio con le pareti di cristallo” «Deve essere possibile guardare all'interno del conservatorio - dice - per permettere a tutti di vedere e godere degli incredibili tesori che contiene ma anche per verificare che tutto si svolga secondo le regole. Quello che ho dovuto fare è riattivare le procedure amministrative contabili. San Pietro a Majella era in condizioni critiche, non erano stati fatti i consuntivi, non cerano bilanci di previsione. Sono partito da zero e i sogni rimangono sogni se non si trovano le energie per realizzarli». Mottola è uno specialista, dopo sei anni con un ruolo analogo al conservatorio di Benevento e dieci anni come presidente dell'associazione Amici della Musica, si muove tra le faccende musicali organizzando concerti e incontri. 
«Una volta trovate le energie, quello che rimane e la passione e la soddisfazione di aver coinvolto tanti ragazzi a fare una cosa meravigliosa. A Benevento ho trovato risorse per quasi sei milioni di euro. Abbiamo acquisito uno stabile del '700 per dare una sistemazione al conservatorio, eppure non è quella la grande soddisfazione del mio percorso. Uno dei risultati veri e che mi ha ricompensato di più è il concerto dei ragazzi diretti da Sir Anthony Pappano. Era estate e pur di essere seguiti dal grande direttore d'orchestra, anche lui di origini sannite, i ragazzi, erano settantuno elementi, rinunciarono alle vacanze e rimasero a provare chiusi in un cinema». 
I progetti legati alla crescita di istituzioni come un conservatorio devono comunque legarsi alla modernità anche per lasciare una traccia del percorso seguito. «Al conservatorio di Benevento - dice Mottola - ho sperimentato la creazione di un'etichetta discografica. Lo stesso ho fatto a Napoli. Abbiamo ora delle edizioni San Pietro a Majella, poi avremo anche un'etichetta discografica per poter promuovere e commercializzare la musica registrata da noi, avremo un bookshop. Però, la cosa principale è la tutela e la promozione di un patrimonio storico immenso».
C'è una parte molto arida dietro il corretto funzionamento di una grossa istituzione come un conservatorio di musica. La gestione corretta del patrimonio, anche quello immobiliare, è una componente decisiva per la riuscita di iniziative artistiche. «Per quanto si possa essere capaci a intercettare risorse e organizzarle, ci vogliono gli spazi per realizzare le cose. Ma in realtà quello che mi preoccupa di più non sono gli spazi fisici, ma quelli mentali. Via Costantinopoli potrebbe diventare la strada della cultura. In cento metri sono attivi due grossi poli culturali della città, il Conservatorio e l'Accademia delle Belle Arti. Se si riuscisse a creare anche un polo dedicato alla danza, sarebbero i cento metri più creativi della città».
Come la mostra dedicata a Giuseppe Verdi, inaugurata il 21 dicembre, realizzata tutta con materiali custoditi nella biblioteca. Ci sono la partitura originale dell'unico quartetto per archi scritto da Giuseppe Verdi, il calco della sua mano ed altre testimonianze del rapporto tra Verdi e la città. «La biblioteca archivio del Conservatorio di Napoli è la storia della musica degli ultimi cinque secoli dice il commissario. Contiene partiture autografe di Alessandro e Domenico Scarlatti, i manoscritti di Pergolesi e Monteverdi. Ho dovuto far installare un sistema di telecamere per una videosorveglianza attiva 24 ore al giorno. Quelle che c'erano o non funzionavano o erano finte. Erano scomparse 40 pagine di un manoscritto di Monteverdi».

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