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venerdì 13 dicembre 2013

L’amore nell'arte


Pan e capra

L’amore da sempre ha costituito il motivo ispirativo più frequente per scrittori, poeti, scultori, pittori, musicisti, registi. Da decenni è alla base dell’industria del tempo libero. Quest’esigenza, non solo d’innamorarsi e praticare il sesso, ma di riflettere sull’argomento e di fissarlo sulle pagine di un libro, sulla tela, sul marmo, di musicarlo o trasformarlo in un film o in uno spettacolo di danza o di teatro, risponde ad una profonda esigenza della nostra mente. Oggetti con valenza artistica che celebrano la bellezza dell’amore li ritroviamo dalla notte dei tempi. La nostra specie, a partire dai nostri più lontani antenati, è stata sempre attirata dal sesso, anticamera dell’amore.
Un esempio convincente della trasposizione del sesso nell’arte lo abbiamo a Pompei, una delle città più importanti dell’antico impero romano che, nell’arco di poche ore, venne sepolta dalla lava del Vesuvio nel 79 D.C. bloccando il tempo per quasi due millenni, quando, grazie ai Borbone che riportarono alla luce ciò che era stato ricoperto, si poterono scoprire usi e costumi degli abitanti.
La sorpresa più grande per gli archeologi fu la constatazione che ogni angolo di Pompei era costellato di figure e simboli legati all’immaginario sessuale e che ci fossero più bordelli che botteghe per fare pane, a dimostrazione che si pensava più all’amore, anche se spesso mercenario, che a mangiare.
Oltre che all’esterno, dove disegni espliciti indicavano le specialità della padrona di casa anche a chi non sapeva leggere, pure l’arredamento interno era ispirato ad una forte erotismo, con sculture e mosaici che rappresentavano tutte le posizioni che poteva assumere una coppia nell’amplesso e non solo nelle camere da letto, ma anche in sala da pranzo e lo stesso arsenale corredava terme e giardini.
Falli di ogni dimensione erano ubiquitari, perché si credeva che portassero fortuna. Essi ornavano oggetti domestici a partire dal campanello sull’entrata fino ai lampadari ed agli utensili da cucina. Decoravano inoltre collane, gioielli e bracciali.
Tenuto a lungo chiuso al pubblico e riaperto solo da pochi anni, presso il Museo Archeologico di Napoli, esiste un reparto dedicato all’argomento fin qui trattato, il “Gabinetto erotico”, al quale ho dedicato un capitolo nel II tomo del mio libro Napoletanità: arte, miti e riti a Napoli  (consultabile in rete) al quale rinvio per un approfondimento.

Scena di lupanare

3-Falli del Gabinetto segreto


Tintinnabulum o campanello
Vettii a Pompei

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