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sabato 17 agosto 2013

IL PRESIDENTE DEGLI SCUDETTI


Corrado Ferlaino

Corrado Ferlaino, nato a Cosenza nel 1931, ingegnere, imprenditore, è famoso per aver ricoperto per anni la carica di presidente del Napoli e, soprattutto, per avere portato all’ombra del Vesuvio due scudetti.
Nipote del magistrato Francesco Ferlaino, ucciso dalla ‘ndrangheta a Lamezia Terme nel 1975, separato, cinque figli, vive in una splendida dimora all’inizio di via Tasso.
Appassionato di automobilismo, alla guida di una Ferrari GTO, ha preso parte a quattro edizioni della Targa Florio. Il suo miglior piazzamento è stato un quinto posto nel 1964, in coppia con Taramazzo.
Durante la sua gestione, protrattasi con brevi intervalli fino al 2000, il Napoli ha militato sempre nella massima serie, raggiungendo il massimo fulgore negli anni Ottanta in corrispondenza della presenza in maglia azzurra di Diego Armando Maradona, vincendo due scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia ed una Supercoppa italiana; precedentemente, sempre con la gestione  Ferlaino, la squadra azzurra aveva vinto, nel 1976, una Coppa Italia ed una Coppa di Lega Italo-Inglese.
Fin dall’inizio della sua presidenza, Ferlaino è stato legato alla tifoseria da un rapporto di odio-amore. Era capace di far quadrare i bilanci societari privandosi dei giocatori più amati dai tifosi (un esempio su tutti quello del portiere Dino Zoff), ma capace anche di acquisti importanti come Giuseppe Savoldi, Ruud Krol e del già citato Maradona.
L’avventura calcistica di Corrado Ferlaino inizia nel 1967, quando l’allora presidente, Roberto Fiore, che aveva sollevato l’entusiasmo dei tifosi con l’acquisto di Sivori e Altafini, gli cede una piccola quota azionaria. Nella contesa tra Fiore ed il presidente onorario Achille Lauro, Ferlaino si schiera dalla parte del Comandante, che lo fa eleggere presidente il 18 gennaio 1969: Fiore, amareggiato, lo accusa di essere traditore e bugiardo.
La prima stagione della gestione Ferlaino si conclude con un sesto posto. 
Il suo arrivo all’Hotel Gallia di Milano, sede del calcio mercato, è al centro dell’attenzione. Scortato da una mezza dozzina di persone, affitta una lussuosa suite per due settimane, offre pranzi e cene, vola  ogni giorno da Milano a Napoli e viceversa per seguire i suoi affari d’imprenditore.
Anche per questo modo di fare, teso anche a stupire e ad essere al centro dell’attenzione, non è amato dagli imprenditori calcistici. Lo scomparso Bruno Passalacqua gli dà pubblicamente del buffone dopo il fallimento della trattativa per il passaggio di Juliano dal Napoli al Milan. 
Anche uno tra i più spregiudicati presidenti, Giusy Farina, ex numero uno di Vicenza e Milan, lo guarda con sospetto dichiarando: «Quando tratto con lui, sto sempre con le spalle appoggiate al muro. Non si sa mai».
Per fare soldi e costruire uno stadio di proprietà della squadra, l’ingegnere-imprenditore teorizza l’azionariato popolare ma tra tutti i suoi sogni riesce a realizzare solo la creazione di un settore giovanile, vero e proprio vivaio costituito da giovani talenti scoperti da osservatori inviati sui campetti di periferia.
I primi anni della presidenza Ferlaino vedono un alternarsi di allenatori di prestigio come Chiappella e Pesaola, licenziati e richiamati più volte sulla panchina della squadra. Ad alcuni acquisti importanti, come quello del centravanti Sergio Clerici, si affiancano la scoperta di un giovane talento napoletano, Gianni Improta, e cessioni altrettanto importanti e dolorose come quella del portiere Dino Zoff, idolo delle folle, ceduto alla Juventus. Gli scontri, più o meno velati, tra Ferlaino, Lauro e Fiore, portano la società ad una spiacevole situazione di insicurezza che culmina con la protesta  di gran parte dei tifosi che, dopo l’uscita di scena del portierone Zoff, scelgono di non rinnovare l’abbonamento al Calcio Napoli, non riponendo molta fiducia nella nuova squadra costruita dal presidente (la stagione 1972-1973 ha solo 37.000 abbonamenti, misera cosa per lo stadio San Paolo che si vanta di contenere più di 80.000  spettatori): la sconfitta in Coppa Italia, in casa, contro il Sorrento di Achille Lauro, rappresenta una delle pagine più tristi per Ferlaino e tutta la tifoseria azzurra.
Nel Sorrento gioca Beppe Bruscolotti, che mette in ombra il grande Josè Altafini, marcandolo ad uomo: l’anno dopo, neo acquisto del Napoli, inizia una prestigiosa carriera che lo porterà ad essere il vero punto di riferimento dell’intera squadra, nonché capitano della stessa per molti anni.
Adducendo motivi familiari e di lavoro, Ferlaino si trasferisce per qualche tempo in Australia, affidando la squadra al ragionier Sacchi per l’amministrazione. La squadra comincia ad agitarsi per gli stipendi pagati in ritardo: Sacchi vuole andarsene ed anche il consiglio d’amministrazione ha la stessa intenzione. Sul proscenio si ripresenta Roberto Fiore, intenzionato a riprendersi la presidenza. 
Si arriva ad un accordo tra Ferlaino, che resta presidente, ed il ragionier Sacchi. Il Napoli finisce con un deludente nono posto in campionato. 
Ferlaino intuisce che bisogna cambiare tutto, mentalità e gioco. Licenzia Chiappella e chiama Louis Vinicio, ‘o lione, che a Brindisi ha dato buona prova di sé come allenatore. Nella stagione 1972/73 nasce anche il Commando Ultras che ha il suo capo tifoso in Gennaro Montuori, soprannominato “Palummella” per l’abilità di saltare da un gradone all’altro della curva per dare il comando ed i tempi del tifo. L’acquisto del bomber Clerici e lo schema spumeggiante voluto dal nuovo allenatore, fanno volare la squadra al primo posto dopo sei giornate ma le speranze iniziali s’infrangono dopo alcune sfide dirette per concludersi con un dignitoso terzo posto.
Dopo Clerici, sono i gol di Beppe Savoldi a far sognare i tifosi: anche stavolta, dopo poche giornate, il Napoli è capolista ma le sconfitte consecutive con Inter e Juventus frenano le aspettative della squadra. 
Presidente ed allenatore non vanno più d’accordo: Vinicio rinuncia alla panchina quando ci sono ancora due finali di Coppa Italia da disputare. 
Ciò nonostante, la squadra, guidata dall’allenatore in seconda Del Frati e dall’allenatore della squadra Primavera, Rivellino, riesce a vincere la seconda Coppa Italia dopo quella conquistata nel 1962.
La stagione seguente il nuovo allenatore è Bruno Pesaola, altro amato ex giocatore azzurro, amico di tutti, ma bisogna attendere il 1987 per vedere realizzata la promessa che Ferlaino ha fatto a tutti i napoletani nel momento in cui è diventato presidente della squadra: portare lo scudetto a Napoli.
L’ingegnere-tifoso si vanta di aver sempre evitato la retrocessione e si considera l’”ultimo dei Borboni” ed è davvero osannato come un re quando l’abilità di Antonio Juliano, che ha militato nel Napoli ai tempi di Sivori e Altafini, diventato dirigente della squadra, riesce a portare a Napoli il fuoriclasse argentino Diego Armando Maradona, il “pibe de oro”, strappandolo al Barcellona.
Dopo un altro scudetto arrivato tre stagioni dopo, la retrocessione della squadra in serie B, nel 1998, rompe definitivamente il feeling tra Ferlaino ed i tifosi: alcune frange estremiste minacciano di morte il presidente che denuncia un paio di attentati dinamitardi alla sua residenza napoletana.
All’inizio degli anni duemila, dopo una co-gestione societaria con Giorgio Corbelli, Ferlaino ha ceduto il Calcio Napoli all’imprenditore alberghiero Salvatore Naldi, uscendo definitivamente dal mondo del calcio (se si esclude una breve parentesi come presidente del Ravenna): da allora, si è dedicato alla ristrutturazione di antiche ville nella zona di Ercolano.
In una recente dichiarazione alla stampa, Corrado Ferlaino, con alcune affermazioni che hanno suscitato molte polemiche, ha svelato alcuni trucchi da presidente e le manovre di Maradona per sfuggire ai controlli antidoping. 
Nell’intervista l’ingegnere afferma: «Maradona mi attacca sempre, mi ritiene un nemico ma l’ho salvato decine di volte. Dalla domenica sera al mercoledì Diego era libero di fare quel che voleva, ma il giovedì doveva essere pulito. Moggi, Carmando e il medico sociale chiedevano ai giocatori se erano a posto. Io non sapevo cosa accadeva ma qualche anno dopo ho scoperto che, se qualcuno era a rischio, gli si dava una pompetta contenente l’urina di un altro; lui se la nascondeva nel pantalone della tuta e nella stanza dell’antidoping, invece di fare il suo “bisognino”, versava nel contenitore delle analisi l’urina “pulita” del compagno. Nonostante questo, Diego, quel giorno del 1991, fu trovato positivo.
Moggi - continua Ferlaino riferendosi all’allora manager del Napoli -  aveva chiesto a Maradona se era in condizione e lui rispose: sì, lo sono, va tutto bene. Il fatto è che i cocainomani mentono a se stessi. Risultò positivo e quando l’allora presidente federale Nizzola mi chiamò in via confidenziale per darmi la notizia, fu troppo tardi. Insistetti, gli dissi: presidente, dimmi cosa posso fare, ma lui rispose: ormai non puoi fare più nulla». 
Sul sistema in vigore oggi afferma: «Non si può andare in tuta a fare i controlli, bisogna essere nudi, quindi il trucco della pompetta è irrealizzabile. Adesso c’è una lista con dei numeri, ognuno corrisponde a un calciatore, un medico preposto li estrae a sorte. Ma non è difficile trovare medici amici. Per cui basta toccare con le mani inumidite  dalla saliva i numeri dei giocatori sicuramente puliti, così i numeri diventano più luccicanti e quando si estrae si sa come scegliere. Una specie di sorteggio pilotato».
Altre rivelazioni riguardano il secondo scudetto vinto dal Napoli nel 1990: «Allacciai buoni rapporti con il designatore Gussoni. Il Milan aveva un arbitro molto amico, Lanese, a noi invece era vicino Rosario Lo Bello, che era un meridionalista convinto. Il campionato si decise il 22 aprile: il Milan giocava a Verona, Gussoni designò Lo Bello per quella partita; successe di tutto, espulsioni, milanisti arrabbiati che scaraventarono le magliette a terra: persero 2-1. Noi vincemmo serenamente a Bologna per 4-2 e mettemmo in tasca tre quarti di scudetto». E la famosa monetina di Alemao a Bergamo? «Fu colpito – spiega l’ingegnere – forse ingigantimmo l’episodio ma la partita comunque era già vinta a tavolino. Facemmo un po’ di scena. L’idea fu del massaggiatore Carmando. Alemao all’inizio non capì, lo portammo di corsa all’ospedale, gli feci visita e quando uscii dichiarai addolorato ai giornalisti: “Non mi ha riconosciuto”. Subito dopo scoppiai a ridere da solo, perché Alemao era bello e vigile nel suo lettino».
Negli anni Novanta, Ferlaino è stato coinvolto in diverse inchieste su appalti e tangenti avviate dalla Procura di Napoli per i lavori nell’ambito delle opere per i Mondiali ’90 e per la ricostruzione post terremoto del 1980: tali vicende si sono concluse per prescrizione dei reati ma la storia delle tangenti gli ha procurato qualche giorno di arresti domiciliari.
Attualmente, è indagato, sempre dalla stessa Procura della Repubblica, per una presunta evasione fiscale da 30 milioni di euro attraverso la costituzione di società off-shore in Lussemburgo, Inghilterra, Svizzera ed alcuni paesi dell’America Latina.
Vorrei concludere ricordando i numerosi incontri che ho avuto con lui in occasione del mio libro Achille Lauro Superstar, un personaggio verso cui aveva una stima sconfinante nella venerazione, e l’appoggio che mi ha dato in occasione delle mie numerose presentazioni della biografia del Comandante.

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