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sabato 7 aprile 2012

Un addio a Maurizio Marini, lo studioso che dormiva con un Caravaggio


12/8/2011

Conobbi Maurizio Marini alcuni anni fa. L’incontro era fissato per il pomeriggio, grazie ai buoni uffici di Pietro, un professore mio amico, che si era offerto di presentarci.
Egli abitava in  una stradina della vecchia Roma, un palazzo apparentemente modesto. Saliamo al quarto piano con l’ascensore e quando entriamo veniamo accolti da una marea debordante di libri d’arte, che occupano ogni angolo della casa, straripando dagli scaffali ed impossessandosi di ogni spazio disponibile, al punto che muoversi è una vera impresa, anche perché l’abitazione è posta su due livelli con lunghi corridoi e temerarie scalinate, che si affrontano con timore reverenziale, a stento rincuorati sapendo che di recente  sono state scalate con successo anche dal centenario Denis Mahon, una leggenda della storia dell’arte.  Alcune stanze  si aprono su piccoli e grandi terrazzi e su uno di questi ci accomodiamo per trascorrere alcune ore di colta conversazione, pasteggiando una bottiglia di prosecco di Valdobiadene veramente squisita, intitolata dalla ditta produttrice al nome del grande pittore e regalata in cospicue quantità all’esimio studioso per onorare uno dei massimi conoscitori dell’artista. 
Avevo portato con me il Secolo d’oro della pittura napoletana, una mia fatica in dieci tomi per farne dono al padrone di casa, speranzoso fosse un adeguato biglietto di presentazione. 
Passiamo oltre un’ora in un entusiasmante giochetto culturale, cercando di indovinare il nome degli autori rappresentati nella prima e quarta di copertina dei vari fascicoli. 
Pietro partecipa fuori gara, conoscendo già da tempo l’opera, mentre l’anfitrione e la sua giovane e colta compagna alternano nomi precisi a vistose cantonate.
Il tempo vola letteralmente nella conversazione, tra progetti di visite a mostre, collezioni private ed importanti rassegne antiquariali prossime ad inaugurarsi.
La casa, oltre a possedere  40 -  50.000 libri, è ricca di un centinaio tra dipinti e disegni, la quasi totalità inedita e tutti di grandissimo interesse e di straordinario valore venale.
Naturalmente è d’obbligo una visita guidata dall’esimio proprietario, il quale di ogni opera conosce vita, morte e miracoli.
Per assoluta mancanza di spazio solo metà dei quadri è affissa alle pareti, mentre molte decine, anche se di autori degni di figurare in un museo, sono malinconicamente accatastati in attesa di una superficie libera.
Gli autori rappresentati coprono tutta la pittura europea del ‘600 e del ‘700 e descriverli  sarebbe impresa improba, ma su tutti domina un quadro da top ten, l’unico che descriveremo.
La visita guidata dura alcune ore e si completa arrivando nella stanza del principe, bisogna oramai che lo chiami così, piccola, con un letto matrimoniale e tanti quadri esposti, i più cari, e tra questi mi soffermerò sull’ultimo dipinto, religiosamente preservato da una tendina, come una reliquia, come un’immagine sacra davanti alla quale pregare o sostare in meditazione.
La sorpresa lascia stupefatti quando si può finalmente ammirare l’oggetto così accuratamente conservato. Si tratta di un Caravaggio, il celebre Fanciullo che monda un frutto,  uno dei pochissimi esemplari dell’illustre pittore fuori dai musei. Se la memoria non mi tradisce ve ne è soltanto un altro, di non certa attribuzione, nella collezione di una stramiliardaria americana, mentre il nostro è confessato e comunicato, ultra documentato ed ineccepibile.  E parlando di vile denaro, il principe mi ha confessato di aver rifiutato per il suo quadro, anni fa, un’offerta di decine di miliardi.
E sono certo abbia fatto la scelta migliore, perché potersi addormentare guardando un Caravaggio è un privilegio unico, indimenticabile, inestimabile.


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