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martedì 3 aprile 2012

Luis Melendez uno spagnolo nato a Napoli


23/10/2010

Luis Melendez (Napoli 1716 – Madrid 1780) è artista che appartiene alla storia dell’arte spagnola e noi, lungi dal considerarlo napoletano, per via della nascita all’ombra del Vesuvio, lo trattiamo in questa sede per gli influssi di dare ed avere con gli artisti napoletani dei quali abbiamo già parlato nei relativi capitoli, in particolare con Realfonso ed i Nani, Giacomo e Mariano. 
La sua formazione si rifà alla tradizione dei Recco e dei Ruoppolo, ma quel realismo così sottile e distaccato filtra per atavica discendenza dall’eredità della grande scuola spagnola, da Cotà a Zurbaran e Velazquez, le cui opere all’inizio della sua attività probabilmente non conosceva direttamente. Nella sua produzione manca la magniloquente esuberanza delle tele barocche napoletane, che pure erano sotto i suoi occhi, perché preferì risalire, principalmente attraverso gli esempi del Realfonso, alla pittura asciutta di un Luca Forte, seguendo un processo di rivisitazione del naturalismo seicentesco, influenzato in queste scelte dai rapporti con il filosofo ed educatore Antonio Genovesi, tra i protagonisti della stagione illuminista partenopea.
Egli nasce a Napoli dal miniaturista spagnolo Francisco Antonio, il quale trascorre un lungo periodo in città dal 1699 al 1717, per poi ritornare in patria. Luis compie il suo tirocinio presso l’Accademia di San Fernando, per tornare poi in Italia, prima a Roma e poi, dal 1750, a Napoli dove rimane per tre anni come pittore di corte per Carlo VII.
Ritornato ai patri lidi egli eseguì miniature per Ferdinando VII, oltre a numerose nature morte per gli appartamenti reali, oggi disperse in vari musei. Tentò due volte, nel 1760 e nel 1772,  di essere nominato”Pintor del Rey” senza riuscirvi e morì in miseria nel 1780.
Il suo stile matura grazie ai numerosi preclari esempi della pittura di genere iberica ed in particolare venne influenzato dal Van Loo e da Juan van der Hamen.
Si distinse per i suoi bodegones di piccolo formato, improntati ad un dichiarato realismo, realizzati con una tecnica ai confini del virtuosismo. I suoi dipinti ci raccontano una semplice quotidianità fatta di povere cose: pezzi di formaggio, pane, pesci, utensili, con una scrupolosa cura del dettaglio ai limiti della pedanteria.
Le sue composizioni sono contraddistinte da una visione sobria e misurata, con una stesura cromatica stupefacente, in grado di restituire le differenti “vibrazioni luminose sulla ceramica, sul metallo o sul legno, con un senso di  solidità formale unito ad una penetrante dolcezza dei colori”(Salerno). La chiarezza delle superfici degli oggetti raffigurati rappresenta l’aspetto neoclassico del suo stile, il quale in alcuni quadri, come il Cotolette di carne ed una brocca di rame, firmato e datato 176…, rivela un afflato romantico di un’immagine vibrante che sembra anticipare il Goya.
La Natura morta di pere e melone(fig. 1) del museo di Boston proviene dal castello di Aranjuez, dove simboleggiava il trionfo della fecondità della Spagna. 
A Napoli, nella mostra sulla natura morta italiana del 1964, fu esposta una Natura morta con fichi e pagnotta(fig. 2) conservata al Louvre, proveniente dal gabinetto di don Sebastian Gabriel de Bourbon, infante di Spagna, molto somigliante al quadro ora a Boston, col quale condivide la stessa cesta. Nella tela, come ebbe a sottolineare il Roli, sul grezzo ripiano di legno tarlato, si dispongono frutta e oggetti con una lucidità ottica assai più acuta dei colleghi napoletani e lo stesso risalto monumentale che gli oggetti raffigurati assumono recupera mirabilmente i valori del caravaggismo attraverso la grande tradizione del bodegon spagnolo.
In area partenopea un dipinto che richiama la tela del museo francese è la Natura morta con pane, salame, formaggio e bottiglia di vino(tav. 56) di Tommaso Realfonso, precedentemente illustrata, nella quale si può notare il particolare della muffa verdastra nella mollica, un dettaglio frequentemente presente nelle opere del Melendez. 

Bibliografia 
Allende Salazar S. – in Thieme – Becker (ad vocem) – Lipsia 1930
Cavestany J. – Floreros y bodegones en la pintura espanola(catalogo), pag. 97 – Madrid 1936 – 40
Sterling C. – La nature morte de l’antiquitè a nos jours, tav. 67 – Parigi 1952
Prota Giurleo U. -  Pittori napoletani del Seicento, pag. 58 – Napoli 1953
De Logu G. – La natura morta italiana, pag. 199 – Bergamo 1962
Roli R. – La natura morta italiana(catalogo), pag. 121, fig. 131b – Napoli 1964
Sterling C. – Painting from antiquity to the twentieth century,  pag. 101 – 110 - 114– Parigi – New York 1959(edizione del 1981)
Perez Sanchez A. E. – Pintura italiana nel siglo XVII in Espana, pag. 157 sg.(nuova edizione) – Madrid 1983
Salerno L. – La natura morta italiana 1560 - 1805, pag. 376 – 377 – 378 - 379, fig. 116.1 – 116. 2 -  116. 3 – 116. 4 -  Roma 1984
Cottino A. – in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento(catalogo), pag. 472 – Firenze 2003


1 commento:

  1. Molto interessante e ben documentato......un artista suggestivo che si inserisce nella tradizione del bodegon senza arrivare al realismo tragico e monumentale dei maestri...un caro saluto

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