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martedì 20 marzo 2012

Vade Retro (ma con prudenza)

29/10/2007

Ed alla fine la montagna partorì un topolino, così è capitato alla mostra Vade retro, sponsorizzata da Vittorio Sgarbi, rifiutata da molte città ed alla fine approdata a Firenze nella Palazzina reale col pomposo nome di Arte ed omosessualità. Da Von Gladen a Pierre et Gilles.
Sontuoso il catalogo con saggi ed introduzioni… di Vittorio Sgarbi e dell’onorevole… Luxuria nel quale si cerca di dare una patina di cultura all’argomento tradotto in mostra da una cospicua serie (220) di foto, disegni, pitture, video e sculture, più irriverenti che artistiche, provocanti, confuse e ben poco meditative.
Anche in passato sul tema si sono espressi artisti di ben altra tempra di quelli visibili a Firenze: dalla produzione vascolare dell’antica Grecia e dai bassorilievi persiani agli albori dell’arte orientale come nel rinascimento italiano e nel barocco. Un sottile filo ideale che giunge fino ai nostri giorni, sviluppandosi autonomamente, molto tempo prima dell’accettazione più o meno diffusa del diverso.
Nella mostra si susseguono una infinità di falli di lusinghiere proporzioni che possono fare la gioia non solo degli addetti al settore, ma anche di signore e signorine di tutte le età alle quali la mostra è particolarmente consigliata, si potrà cosi apparire alla page e nello stesso tempo sognare ad occhi aperti davanti a quel ben di dio in libera esposizione.
I nomi di alcuni artisti sembrano intonarsi perfettamente con le opere rappresentate: Piscitelli, Durini, addirittura Arrivabene, che ci consegna immagini di orgasmi autoerotici.
Manca dalla rassegna una delle opere… che ne sconsigliarono l’inaugurazione a Milano: la foto rubata a Sircana dai servizi segreti, mentre il braccio destro di Prodi, felicemente coniugato e pubblico difensore della famiglia, cercava in privato di usufruire delle grazie di corpulenti travestiti. Ed a proposito di travestiti la palma di opera più repellente e schifosa va senza dubbio assegnata ad un’immagine di un ex uomo evirato e dotato di una neo vagina esposta senza ritegno e con malcelata ostentazione.
Unica eccezione, in un grigiore dove fotomontaggi di falli a volontà suppliscono a creatività e  fantasia, è costituito da Miss Kitty la terracotta di Paolo Schmidlin terribilmente somigliante a Benedetto XVI, con l'anello papale al dito, una molletta tra i capelli, una mantellina aperta sul petto, un perizoma e delle autoreggenti, ma soprattutto con una straordinaria aura di omosessualità che si percepisce ad occhi chiusi. La scultura è posta dietro una tenda bianca, una sorta di censura alla Duchamp, in maniera tale che sia visibile solo a chi vuole vederla, un espediente per accentuare la curiosità e moltiplicare all’infinito la sfrontata irriverenza dell’artista, un vero artista del quale sentiremo parlare a lungo.

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