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sabato 31 marzo 2012

Onofrio De Leone un frescante alla corte del Corenzio

15/5/2010

Onofrio nasce a Napoli nel 1608, fratello maggiore e collaboratore del più famoso Andrea nei cicli ad affresco.
Allievo di Belisario Corenzio lavorò in parecchie imprese decorative del maestro, seguendone pedissequamente lo stile.
Si sposò nel 1642 con Isabella Sangervasio ed in seconde nozze, nel 1651, con Candida Falcone, sorella di Aniello.
Le sue opere sono tutte a Napoli in chiese e palazzi nobiliari.
Fu impegnato certamente negli affreschi per la sala degli ambasciatori di Palazzo Reale a Napoli, ma la critica non ha ancora identificato con certezza le parti a lui spettanti. Dipinse inoltre due dipinti per una cappella.
In molti lavori è arduo distinguere le mani dei due fratelli e spesso la critica si basa sulla qualità dell’affresco, prediligendo il più quotato Andrea. 
La Novelli Radice ha pubblicato una serie di documenti, nel 1635 e nel ‘36 per affreschi perduti nella chiesa di S. Maria Apparente, nel ’37 in collaborazione con un ignoto quadraturista, tale Domenico Migliacci, per pitture nella casa di Chiaia della duchessa Felice Maria Orsini; infine nel ’43 e nel ’44 per la decorazione di quarantotto ventagli da inviare in Spagna, a dimostrazione che Onofrio era disponibile anche per commissioni di tipo artigianale.
Tra le opere che gli vengono attribuite, ricordiamo nella cappella San Sebastiano in San Pietro a Maiella, eseguite nel 1643 il Miracolo di San Francesco di Paola (fig. 1) e il Miracolo della mula di S. Antonio (figg. 2 – 3 – 4). In questi affreschi le figure sono poste in artificiosi fondali scenografici prive di dinamicità con una funzione puramente illustrativa.



In S. Maria la Nova l’unica scena superstite è il Patto di Assisi, nella cappella di San Francesco, nel quale si palpa un tocco di animazione popolaresca, che indusse il Causa ad assegnargli un San Gennaro esce illeso dalla fornace (fig. 5) della quadreria dei Gerolamini, precedentemente creduto di Niccolò De Simone, una tela modesta ispirata certamente al grande rame eseguito nel 1642 dal Ribera per la Cappella del Tesoro di San Gennaro, di cui riprende il personaggio in fuga con le mani a ventaglio ed i corpi dei guerrieri a terra tramortiti dal prodigio e di conseguenza collocabile cronologicamente intorno alla metà del quinto decennio. Anche in questo dipinto si coglie nella rappresentazione una certa staticità ed una reiterazione di attardati moduli manieristici. 

Nella chiesa di San Paolo nel cupolino del vestibolo della seconda cappella della navata sinistra era affrescato un Paradiso oramai illeggibile, come pure scomparso negli eventi bellici dell’ultima guerra il grande affresco sotto la volta raffigurante il Trionfo della croce nella chiesa di S. Patrizia.
Il ciclo più integro che si conserva del pittore è quello nella sacrestia della chiesa dei SS. Severino e Sossio, firmato e datato 1651, dove egli decorò con scene del Vecchio Testamento le volte e le pareti. Il riquadro più noto è quello raffigurante la Battaglia di Sennacherib (fig. 6), dove, nell’affollata composizione si può leggere una certa drammaticità degli atteggiamenti, anche se sono ripetuti moduli tardo manieristici ispirati al Corenzio ed al Cavalier D’Arpino. Leggermente più moderno è il Convito di Baldassarre (fig. 7), nel quale si può apprezzare qualche vago richiamo stanzionesco.

Un documento di pagamento del 1652, pubblicato da Nappi, per alcuni angioletti in un affresco del Falcone ci conferma la sua partecipazione col fratello alla bottega dell’Oracolo.
La critica, a partire dal De Dominici, non ha molto apprezzato i suoi lavori, per cui la sua fama è stata sempre molto modesta: “non fu corretto né il migliore dei suoi scolari(del Corenzio); dappoichè egli non fu pittore di molta stima” mentre Andrea” fu più studioso e riuscì migliore di lui”.
L’unica studiosa che si è dedicata ad approfondire la sua opera è stata la Novelli Radice, autrice di tre contributi (1976 – 1988 – 1991) sull’artista sulle pagine di Napoli nobilissima.
Morì con la peste del 1656 e lasciò i suoi averi al fratello Andrea che gli sopravvisse per quasi trenta anni.

Foto di Dante Caporali
Bibliografia 
De Dominici B. –  Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, III, pag. 317 – Napoli 1742 – 45 
D’Addosio G. – Documenti inediti di artisti napoletani del XVI e XVII secolo dalle polizze dei banchi, in Archivio storico per le province napoletane XXXVIII,pag. 243 – Napoli 1913
Prota Giurleo U. – Pittori napoletani del Seicento, pag. 63 - 66 – Napoli 1953
Soria M. – Andrea de Leone. A master of  bucolic scene, in Art Quarterly, XXIII, I, pag. 23 – 35 – 1960
Nappi E. – La famiglia, il palazzo e la cappella dei principi di San Severo, in Rivista interna di storia della banca, XV, pag. 27 – Napoli 1975
Novelli Radice M. –  Contributo alla conoscenza di Andrea ed Onofrio De Lione, in Napoli nobilissima, XV, pag. 162 – 169 – Napoli 1976
De Maio R. – Pittura e Controriforma a Napoli, pag. 88 – Bari 1983
Pacelli V. – Affreschi storici in Palazzo Reale, in Seicento napoletano. Arte, costume e ambiente, pag. 163, 165, 529, nota 25 – Milano 1984
Spinosa N. – La pittura napoletana del ‘600(repertorio fotografico), pag. 243 – 244 – Milano 1984
Nappi E. – Le chiese dei Gesuiti a Napoli, pag. 336, doc. 61, in Seicento napoletano. Arte, costume e ambiente, – Milano 1984
Galante A. – Napoli Sacra(edizione rivisitata a cura di Spinosa) ad vocem – Napoli 1985
Leone de Castris P. – Middione R. – La quadreria dei Girolamini, pag. 194 – Napoli 1986
Novelli Radice M. – Andrea De Lione frescante e ipotesi sulla sua bottega, in Napoli nobilissima, Vol. XXVII, fasc. I- II, pag. 41 – 53 – Napoli 1988
Novelli Radice M. – Documenti su Onofrio De Lione, in Napoli nobilissima, vol. XXX, fasc. V-VI, pag. 201 – 203 – Napoli 1991
Daprà B- in San Gennaro tra fede, arte e mito, pag. 144, fig. 22 – Napoli 1997
Della Ragione A. – Il secolo d’oro della pittura napoletana, pag. 16 – 118 – 158 – Napoli 1997 – 2001
Ceci G.  - in Thieme U – Becker F- Kunstlerlexicon, XXIII, pag. 262 (sub voce Lione Onofrio di)
AA.VV. – Dizionario enciclopedico Bolaffi, VI, pag. 401

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