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domenica 1 aprile 2012

Le battaglie di Andrea De Lione

1/6/2010


Il capitolo del De Lione battaglista è lungi dall’essere delineato con precisione, anche se negli ultimi anni la critica gli ha restituito una serie di dipinti precedentemente assegnati al maestro Falcone, come nel caso della Battaglia con due cavalieri in primo piano a sinistra (tav. 1), di collezione privata napoletana, nella quale all’orizzonte svetta l’identica montagna che compare nella Battaglia con David e Golia (tav. 2) conservata nel museo di Capodimonte o la Scena di Battaglia interpretata anche come Conversione di Saulo (tav. 3) transitata di recente come inedito presso la Dorothem di Vienna, ma già pubblicata da Brejon de Lavergnèe.



L’ansia di restituire al De Lione delle opere ha portato anche a degli errori clamorosi da parte di specialisti dell’artista come la Novelli Radice, che gli assegnava gli affreschi di Villa Bisignano, già dimora del celebre mercante Roomer ed alcuni disegni sicuramente eseguiti dall’Oracolo, come la Morte di Saul (fig. 1) del museo del Louvre o il Combattimento tra Turchi e Cristiani (fig. 2) dello Staatlische Museen di Berlino.



A tal proposito invitiamo ad esaminare attentamente l’affresco raffigurante la Battaglia tra Israeliti ed Amalechiti (fig. 3) nel quale compaiono assieme tutti i caratteri distintivi del Falcone, dal cavallo rampante alla vezzosa coda con le treccine, dal caduto in primo piano (presente anche nel disegno parigino) alla collinetta col cespuglio che rammenta la Solfatara, dalla selva di lance al guerriero urlante (fig. 4), ripresa puntuale del Presunto ritratto di Masaniello (fig. 5), per via di una scritta apocrifa, della Pierpont Morgan Library di New York, uno splendido esito di straordinario vigore e dallo stupefacente impatto visivo, secondo il Saxl un adattamento di un disegno di Leonardo eseguito in vista della realizzazione della battaglia di Anghiari. La scoperta dell’affresco e la sua data di esecuzione al 1647, in coincidenza con la rivolta del famoso capopopolo, rende tra l’altro alquanto improbabile l’identificazione del foglio come ritratto e non come semplice studio preparatorio.



Gli inizi del De Lione, non solo nel campo dell’affresco, ma anche sul tema specifico della battaglia, avvengono nella bottega del Corenzio, assieme al fratello Onofrio, a tal punto che parte della critica più avvertita tende a ritenere che alcuni scompartimenti nella sala degli ambasciatori nel Palazzo Reale di Napoli possano essere stati eseguiti da Andrea, ad esempio la Battaglia contro i Mori (tav. 4) e secondo il De Vito anche la Conquista delle Canarie (tav. 5) e Alfonso re del Portogallo in Castiglia (tav. 6).
Entrato nella bottega falconiana Andrea si distingue, pur nel rispetto formale e nell’uso di tipologie del maestro,  nell’assimilazione dell’estrosa eleganza, inventiva e pittorica del Castiglione, presente in città nel 1635, prediligendo una maggiore libertà espressiva e l’utilizzo di una tavolozza dai colori vivaci nella quale “ squillanti tocchi di azzurro, rosso e verde accendono i toni dal bruno al rossiccio tipici della tavolozza napoletana”(Creazzo).
L’influsso del Castiglione segnerà il suo stile per circa un ventennio, a seguito probabilmente di una collaborazione nella bottega romana del genovese, ipotizzata, ma solo parzialmente documentata e sarà palpabile in tutta quella serie di dipinti che faranno di Andrea, prendendo a prestito la felice definizione del Soria, il Maestro delle scene bucoliche.
Una caratteristica che possiamo constatare nella sua pittura, che lo differenzia dal maestro è “lo sfoltimento delle figure, preferibilmente riprese di profilo anziché in profondità e con una più rifinita ricerca di stilizzazione”(Sestieri).
Se ritorniamo alla Conversione di Saulo (tav. 3), alla quale possiamo collegare la più modesta tela di identico soggetto (fig. 6) transitata a Roma presso Finarte nel 1974, possiamo evidenziare il prelievo dal Falcone del classico polverone, che si confonde col cielo, l’accuratezza nella resa espressiva dei volti e dei brani dal naturale, mentre domina una certa asimmetria nella rappresentazione degli spazi. Ricca è l’ambientazione paesistica, potente il dinamismo dei personaggi, accurata la definizione dei chiaroscuri e dei dettagli cromatici intensi nel bianco e nel blu che potenziano la tavolozza. La presenza sullo sfondo del Cristo tra gli angeli dà un tocco di sacralità all’episodio incentrato sui due uomini intenti a soccorrere Saulo caduto dal cavallo. Il soggetto sacro diviene così un” mero pretesto per rappresentare la forza dei cavalieri in azione e i movimenti di armature e cavalli impennati” (Compagnone). Alla luminosità del cielo si contrappone il colore bruno della terra, piena di figure e con un cane in primo piano.



Il diverso stile del De Lione si può cogliere chiaramente nella famosa Battaglia contro i Turchi (tav. 7) del Louvre, firmata e datata 1641, la quale costituisce una testimonianza basilare dell’evoluzione in senso grechettiano del pittore e permette di creare una sorta di ideale spartiacque per una pertinente collocazione temporale, precedente o successiva, della sua produzione. Al dipinto si può accostare un San Giacomo alla battaglia di Clavijo, siglato, transitato presso la Finarte di Roma, il quale è talmente simile a quello in esame da poter essere identificato come il suo pendant e due quadri molto simili,  raffiguranti una Battaglia fra Cristiani e Turchi (fig. 7), il primo di collezione privata milanese, il secondo (fig. 8), siglato, in una raccolta napoletana. In entrambi un groviglio di corpi intrecciati spasmodicamente ed i cavalieri turchi che rovinano a terra incalzati da armigeri e piccoli fanti dotati di archibugio.



L’episodio descritto, frazionato in vari episodi, culminanti con la conquista di una vetta, nasconde probabilmente un episodio storico preciso di difficile individuazione. Nella composizione spicca la figura dell’arciere (tav. 10) identica nella Battaglia tra Ebrei ed Amalechiti (tav. 8) del museo di Capodimonte di molti anni più tarda.
Il De Vito ha sottolineato la presenza di colori come l’ocra, il verde stinto, il rosso brillante ed il giallo verdognolo e la maniera più libera nel proporre volti ed emozioni, come nei dipinti di argomento biblico bucolico, che vanno collocati ad anni successivi.


Gli inizi del De Lione battaglista vanno ricercati nelle tele pendant già in collezione Nicolis a Torino, l’una firmata, l’altra siglata, che furono presentate alla mostra Civiltà del Seicento. Esse rappresentano la Battaglia tra Ebrei ed Amalechiti ( tav. 9) e L’Assalto ad una città fortificata con navi che sbarcano soldati (fig. 9). Entrambe sono caratterizzate da una inedita soluzione compositiva con “ il primo piano occupato da una mischia di cavalieri seduti su imponenti cavalli, mentre il secondo piano e lo sfondo sono popolati da una ressa di cavalli minuscoli” (Brejon de Lavergnée). Del tutto assente l’influsso del Castiglione che caratterizzerà i suoi lavori successivi, mentre tangibili sono dei prelievi letterali dalla produzione del Falcone, come nel caso di Giosuè, ritratto in alto a destra su di una collinetta o nel personaggio munito di corazza che afferra la briglia di un cavallo nemico, presente simile nella celebre tela del maestro nel museo del Louvre.



Altre due tele da collocare prima dell’incontro col Grechetto, molto vicine a quelle già Nicolis,  sono le due gemelle apparse sul mercato antiquariale e poi confluite nella collezione Barracco a Napoli, con la sigla ADL apposta sulla groppa del cavallo e con le figure “un po’ legnose ed impacciate anche se correttamente illuminate secondo le regole della scuola locale intorno agli anni ’30, risalente a Caravaggio” (De Vito).




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