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lunedì 19 marzo 2012

La gloriosa scuola di Fontainebleau

11/9/2007

Il secolo si chiude con uno dei ritratti in cui il simbolismo legato al seno della donna è portato all’apice. Poco prima del 1595 a Fontainebleau un ignoto artista della celebre scuola eponima realizza due enigmatici nudi di donna, oggi al Louvre, ripresi quasi specularmene. Le due fanciulle sono Gabriella d’Estrees e la sorella, duchessa di Villars, immerse, secondo l’uso dell’epoca, in un bagno comune, che funziona anche da quinta teatrale con tanto di sipario di velluto rosso aperto ai lati. I seni, preziosi più dei gioielli sono così teneri e graziosi e si innalzano audaci come cuspidi, da emettere un canto melodioso; infatti ogni seno, quando è così delicato come quello delle due fanciulle, possiede una particolare vibrazione musicale ed il suono, delizioso, possiede sempre una diversa nota culminante. 
I seni delle due sorelle dialogano piacevolmente e  sono circondati da un’arcana atmosfera carica di simbolismi, come simbolico è il gesto della sorella minore che tocca il capezzolo di Gabriella, secondo i critici più benevoli, che guardano l’anello tra le dita della donna, alludendo all’auspicato matrimonio con Enrico IV, mentre i più maliziosi interpretano il gesto come un richiamo all’imminente maternità della nobildonna, che tra non molto, infatti,  darà alla luce il duca di Vendome, bastardo del re; e la conferma della seconda ipotesi è data dalla cameriera che, sullo sfondo, è intenta alla preparazione del corredino.
Ad un osservatore moderno la scena richiama anche quel sottofondo inconscio di latente omosessualità che spesso, tra sorelle o cugine, o nel chiuso ambiente dei collegi, faceva la sua timida apparizione e quale raffinatezza maggiore che stimolare il capezzolo, fulcro e punto di partenza del piacere.
Il tema del bagno o della toilette ebbe molto successo in quegli anni e non solo nella Scuola di Fontainebleau, sull’onda del  prestigio di un’opera attribuita a Leonardo: la versione nuda della Gioconda, della quale tanto si è favoleggiato, ma purtroppo tra gli esemplari giunti fino a noi solo un disegno conservato a Chantilly, sembra essere vicino alla tecnica dell’insuperato genio. L’iconografia era il pretesto per ritrarre una donna nuda a mezzo busto per la felicità visiva del committente, che spesso voleva immortalare le grazie di una favorita.
Francois Clouet, figlio di Jean e successore del padre come pittore di corte nel 1541, fu portatore di una cultura italianizzante, dalla quale traspare la conoscenza di Leonardo, di Tiziano e dei manieristi fiorentini, vincolata da un’applicazione meticolosa al particolare naturalistico di sapore fiammingo. Rimase inoltre influenzato dalla scuola di Fontainebleau, formata da artisti italiani chiamati in Francia dal re. Lavorò a lungo, prima con Francesco I e poi con Enrico II e Carlo IX.
Nella Dama al bagno, eseguita forse nel 1571 e conservata alla National Gallery di Washington, l’identità della figura principale, rappresentata in una scena di bagno in un interno, non è certa, ma si è propensi ad identificarla con Diana di Poitiers, favorita di Francesco I ed in seguito ereditata come amante da Enrico II. La maniera di trattare il delicato incarnato della giovane donna è indicativo del modo di guardare dell’artista all’arte italiana, specie nel purismo classicista, prezioso ma freddo e compassato del nudo femminile. Il Clouet si ispira al mito di Venere, intriso da allegorie letterarie e culturali oggi di difficile interpretazione. Il garofano nella mano destra può simboleggiare un pegno d’amore, la balia dal petto straripante può alludere ad abbondanza e fecondità, mentre l’immagine dell’unicorno alle spalle della serva sullo sfondo è un chiaro richiamo alla castità della giovane.


Il seno, radioso e soave, della fanciulla inquadrata in una vera e propria quinta teatrale con tanto di sipario, risplende su quello prosperoso e pregno di latte della balia in secondo piano, una allusione forse al contrasto tra seno verginale e puerperale. Il volto è molto bello, ma non è la sua fronte, né il suo sorriso, né i suoi occhi ad attirarci, bensì la soave dolcezza dei suoi seni, nei quali il segreto più recondito della materia s’è consolidato come in nessuna altra forma. Nella contemplazione serena dei due carezzevoli emisferi vana e lontana ci appare la sfera terrestre, mentre la fantasia può correre a briglia sciolta tra i sentieri della pura immaginazione. 
Un’altra tela della scuola di Fontainebleau utilizza il tema tanto diffuso, si tratta di una Signora alla toilette del museo di Digione, l’immagine di una bella donna della nobiltà francese intenta alla scelta dei gioielli, i cui colori rifulgono sul caldo incarnato del suo seno, espresso con una tavolozza vivida e vivace, ben lontana dalla carnagione fredda di Gabriella d’Estress, a conferma del pennello di un diverso pittore.
La carica di sottile erotismo che promana dalla figura è accentuata dal gesto misurato delle mani e dalla ripetizione del volto nello specchio dalla preziosa cornice. Uno scialle impalpabile copre parzialmente le delicate fattezze della giovane signora, la quale armeggia con calma serafica tra i suoi gioielli, tra i quali ha scelto un anello, probabile richiamo ad un agognato matrimonio. Anche se il nome della donna non ci è noto ed altresì ci sfuggono i sottili simbolismi che sottendono alla composizione e dei quali abbiamo perso la chiave di interpretazione, non occorre di più al nostro gusto di moderni per delibare  il delicato erotismo che trasale da questa ieratica figura.

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