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lunedì 19 marzo 2012

Delvaux e Dalì pittori onirici

7/9/2007


Paul Delvaux, pittore belga, è tra i principali esponenti del movimento surrealista, compagno di viaggio di Giorgio De Chirico e Renè Magritte, di Costant Permeke e Leon Spilliaert. Un profondo legame artistico unisce questi grandi pittori. Pur con approcci stilistici diversi, essi sviluppano un interesse specifico verso un’arte che trascenda il reale ed entri in diretto contatto con la dimensione onirica, vero epicentro della poetica surrealista, nata in seguito all’elaborazione delle ricerche della psicanalisi.
Il percorso artistico di Delvaux pone l’accento sul sogno e sulla mitologia. Le sue opere, fantastiche, minuziosamente rifinite per la sua indiscussa abilità di disegnatore, sono spesso ambientate tra le rovine di antiche città immerse in una luce lunare. I suoi dipinti sono legati all’immagine diafana e sensuale del corpo femminile, che si presenta come un essere arcano, talora trasfigurato in metamorfosi vegetali e collocato in paesaggi surreali, dove i simboli della modernità convivono con le architetture della Grecia classica a testimoniare contaminazioni di stili provenienti da epoche diverse.
La Nascita del giorno, conservato a Venezia nella collezione Guggenheim, raffigura quattro donne ridotte parzialmente a vegetale, anche se con robuste radici, una edizione arborea delle mitologiche sirene, una costante nella poetica del Delvaux, solitario esploratore dell’immagine, che si inoltra senza timore tra i nodi mirabolanti della psiche, aprendo una finestra sulle nostre più segrete pulsioni. La fonte a cui attinge generosamente è la profondità della nostra coscienza, dove l’inorganicità del simbolo convive con la forza proliferante dell’energia elementare. Egli ama definire creature ibride immerse in un paesaggio antico e proiettate in un futuro da brivido, un incubo che ci insegue dagli albori dell’umanità. Negli anni in cui l’artista dà corpo nei suoi dipinti ai fantasmi dell’inconscio, l’abbinamento esplicito tra donna ed albero è presente anche in molta poesia surrealista da Breton ad Aragon.
Le quattro fanciulle, tra le quali la seconda da destra ha il volto della modella prediletta dell’artista, sembrano parlarsi per mezzo di una gestualità antica, che ben si intona con i ruderi cespugliosi tra i quali è ambientato l’inquietante episodio. Esse sono orgogliose dei loro seni statuari, materializzazione delle fantasie primordiali degli uomini, dei più reconditi desideri, nascosti sotto le spoglie di un’immagine dal fascino perturbante. Nel centro del dipinto troneggia uno specchio che riflette una mammella, anelito che popola i nostri sogni, che si estrinsecano in queste solide giovinette, un tripudio di giovinezza e beltà, una gioiosa miscellanea di seni a mela ed a pera, la meta inevitabile delle nostre oscure ambizioni, il porto sicuro dove fermarsi e riposare per sempre.             
Salvador Dalì, pittore spagnolo noto per la sua eccentricità, è autore di quadri originali dalla pennellata fluida e sfuggente, nei quali sogno e realtà si fondono alla perfezione.
Espulso dall’Accademia di Belle Arti di Madrid, si recò a Parigi dove venne a contatto con il vivace ambiente culturale della capitale francese, conoscendo Picasso, Breton ed il poeta Eluard, di cui sposerà la moglie. Accolse entusiasta le teorie del surrealismo, un movimento che gli permetteva di esprimere al meglio la sua dilagante immaginazione.
Dalì dava libero sfogo al suo inconscio, che si tramutava in forme bizzarre sulla tela, grazie anche ad un virtuosismo tecnico pregevole. Attento lettore di tutti gli scritti di Freud, nelle sue opere rappresentava il momento critico in cui il delirio creativo prende forma  caratterizzato da un nitore del disegno e da un cromatismo vivace.
Importante è stato il suo contributo in altri campi come sceneggiatore di alcuni film di Bunuel, creatore di oggetti bizzarri, letti, poltrone, vasi girevoli, che riscuotevano grande successo commerciale, grafico; celebre la sua illustrazione della Divina Commedia.


Negli ultimi decenni della sua vita la sua fama è cresciuta a dismisura più come personaggio eccentrico, a volte prigioniero della sua immagine delirante, che come artista, stanco ripetitore delle sue geniali creazioni degli anni giovanili, ma la sua opera conserva un posto di rilievo nella storia dell’arte moderna, perchè ha saputo immortalare le nostre più recondite pulsioni dell’inconscio e ha dato spazio al fascinoso mondo dei sogni ad occhi chiusi ed aperti.
Nel Sogno, realizzato nel 1944 e conservato a Madrid nel museo Thyssen Bornemisza, abbiamo una dimostrazione della sua metodica pittorica, che lo stesso Dalì definì paranoica critica, tendente a rivelare l’irrazionalità intrinseca del mondo quotidiano attraverso riferimenti letterari, più esibiti che vissuti e ossessivi richiami sessuali. Nell’opera prevale un effetto illusionistico ed una complessità di meccanismi automatici di sensazioni, in uno spazio prospettico dilatato in cui sono inseriti, oltre allo spettacolare corpo nudo di Gala, animali ed oggetti. 
La modella è Gala Diaconova, già moglie del poeta Eluard, amante di Dalì in un primo momento e poi moglie, madre, musa, consigliera, angelo custode. La procace signora russa, più anziana di quasi 15 anni di Salvador, prima di divenire sua moglie, aveva frequentato con assiduità e biblicamente molti esponenti dell’intellighenzia europea, dei quali era stata moglie, amante fissa od occasionale. Gala rappresenta il prototipo di quella marea di donne dell’Est, più o meno nobili, più o meno attraenti, che, trasferitesi in Europa occidentale, hanno rivestito per decenni un importante ruolo culturale in Francia, Italia, Germania ed anche nel mondo anglo sassone. Sono state alla base di molte idee nate non solo nella pittura e nella scultura, ma anche nel teatro, nella letteratura, nella musica. Queste russe emigrate, molte di religione israelita, rappresentano un capitolo della cultura europea ancora poco conosciuto, sono le nonne…, colte e raffinate, delle orde che hanno invaso l’occidente dopo la caduta del muro di Berlino ed il dissolvimento dell’impero sovietico, muse ispiratrici di grandi uomini ieri, badanti, modelle, avventuriere oggi, ogni tempo ha ciò che si merita.
Gala è la modella di molti quadri dell’artista spagnolo, sempre nuda e sensuale, con i seni sodi e spaziosi ed i capezzoli baldi e pungenti sempre in primo piano; nel mondo figurativo di Dalì rappresenta  uno degli ingredienti più certi del suo inconscio: la libido. L’ispirazione del quadro venne da una puntura di un’ape mentre la donna stava dormendo. Di conseguenza l’acme del dolore avviene in un momento di incoscienza, dando luogo ad una serie di sensazioni ingigantite dall’assenza del controllo cosciente. Il dipinto fissa una sequenza di istanti precedenti e posteriori: la puntura è simboleggiata dalla baionetta che sta per trafiggere, chiaro richiamo fallico, il dolore è dato dall’irrompere delle allucinazioni, quali le tigri inferocite che fuoriescono dalla bocca di un pesce, che a sua volta spunta da un melograno; senza calcolare l’elefante con le gambe da insetto che cammina, novello Gesù, sul pelo dell’acqua.
Il corpo di Gala è sempre giovane, anche se, quando viene realizzato il quadro, la modella ha oltre cinquanta anni,  segno evidente che la sua bellezza vive eternamente nella memoria del pittore, rimasto stregato come tanti altri uomini dai suoi seni mirabili ed esplosivi, stupefacenti ed apparentemente irraggiungibili.

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