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mercoledì 21 marzo 2012

La fine del lavoro

21/12/2007


Attualmente il mondo è dominato dallo strapotere delle multinazionali, i governi, anche degli Stati più importanti, sono costretti all’ordinaria amministrazione, i popoli credono di vivere in una democrazia e di essere arbitri del loro destino, viceversa, contano poco più che nulla.
I capitali vagano senza patria alla ricerca della migliore rendita, il lavoro si sposta lì dove la manodopera è più a buon mercato, le merci si indirizzano solo e soltanto dove vi sono consumatori in grado di acquistare, mentre una martellante ed onnipresente  pubblicità ci convince di sempre nuovi bisogni e ci  invita a consumare oltre ogni limite, distruggendo l’ambiente ed esaurendo le risorse del pianeta.
In questo panorama non proprio rassicurante assistiamo impotenti alla fine del lavoro sostituito dall’automazione, dai computer dai robot, mentre la disoccupazione raggiunge quote record in tutto il mondo ed aumenta incessantemente, anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno.
Quando a breve il lavoro sarà scomparso verrà meno anche l’uso del denaro o quanto meno le merci ed i servizi non dovranno remunerare certo il macchinario che le ha prodotte.
Le multinazionali saranno ancora più padrone della nostra esistenza, perché possiederanno tutti i prodotti senza aver dovuto sborsare né stipendi né salari. 
Potranno tenerli per sé, novelli Paperon de Paperoni od elemosinarli a coloro che si prostreranno al loro incontrastato dominio planetario.
Non si tratta di fantascienza, ma di un semplice ritorno al passato, la storia infatti ci insegna che numerose antiche civiltà non conoscevano il lavoro, che veniva lasciato a moltitudini di schiavi, mentre pochi privilegiati si dividevano tutte le ricchezze. Anche i civilissimi…Stati Uniti d’America, patria delle multinazionali, fino a pochi secoli fa, usufruivano di milioni di schiavi razziati da tremendi negrieri e costretti a lavorare senza sosta in sterminate piantagioni.
Cosa può fare un cittadino, uno di noi, una minuscola molecola nel gigantesco villaggio globale, per cercare di opporsi all’attuarsi di questo allucinante futuro, cercando di cambiare il nostro destino e di trasformare la fine del lavoro in una circostanza positiva, nella quale tutti i popoli possano avere un eguale accesso ai beni prodotti e godere degli stessi diritti?
Ben poco, purtroppo, ma bisogna tentare, innanzitutto prendendo coscienza della gravità della situazione, adoperando la spuntata arma del voto, e soprattutto cercando di opporsi allo strapotere della società dei consumi.

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