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giovedì 22 marzo 2012

I dipinti del XVII secolo di scuola napoletana

23/3/2008

Finalmente il prezioso patrimonio di pittura seicentesca conservato nel museo di Capodimonte, in esposizione o nei depositi, trova una degna esposizione in un  volume edito da Electa Napoli, che raccoglie e cataloga i dipinti del XVII secolo di scuola napoletana appartenenti alle collezioni borboniche e postunitarie. Il libro di grande formato (purtroppo anche di costo sostenuto) contiene numerose splendide foto a colori a piena pagina ed esaustive schede compilate da un pool di specialisti diretti da Nicola Spinosa.
L’opera non può mancare nella biblioteca dello specialista e dello stesso appassionato, perché rappresenta l’occasione per approfondire per la prima volta una serie di tele disperse in sottoconsegna in musei periferici o addirittura presso sedi diplomatiche italiane all’estero, che tra l’altro si sono rifiutate di fornire una documentazione fotografica a colori delle tele in loro possesso. 
La prima immagine che ci accoglie è quella della copertina, che ritrae la S. Agata del Guarino, il dipinto più rappresentato nei libri di storia dell’arte figurativa napoletana.
Seguono poi decine e decine di foto a colori di quadri celebri dall’ affascinante quanto casta  Susanna ed i vecchioni di Pacecco De Rosa alla splendida S. Cecilia in estasi del Cavallino, dal monumentale Sacrificio di Mosè di Stanzione alla languida S. Cecilia al cembalo del Sellitto (fig 01 – 02 – 03 - 04). 



A seguire il cavalliniano Transito di San Giuseppe del Vaccaro, la sfarzosa Natura morta di fiori e  frutta del Forte, l’irresistibile San Sebastiano del Preti, che turbò le caste monachelle dell’omonimo convento e Giochi di bimbi, una recente acquisizione al catalogo del Cavallino (fig 05 – 06 – 07 – 08).





Una menzione a parte merita Perseo che taglia la testa di Medusa (fig. 09)  un quadro del Giordano di grandi dimensioni e di teatrale dinamicità, la cui storia recente ci illumina sulla caducità del destino umano in confronto all’immortalità delle opere d’arte destinate a sfidare i secoli. La tela era di proprietà di un facoltoso professionista napoletano, che la teneva nella sua camera da letto per poterla solo lui ammirare, geloso a tal punto del suo possesso da rifiutarne il prestito in occasione della grandiosa mostra itinerante sul sommo artista. Non immaginava che in breve tempo, richiamato dall’alto, doveva lasciare questa valle di lacrime ed i figli, invece di preservare un’opera tanto cara al genitore, si affrettarono viceversa a venderla al museo.


Vi è anche una breve sezione dedicata ai dipinti in cerca di un’attribuzione certa, molti purtroppo in precarie condizioni di conservazione. Tra questi abbiamo scelto una Giuditta con la testa di Oloferne (fig 010) genericamente assegnata ad ambito cavalliniano, per la quale proponiamo un’attribuzione al catalogo di Agostino Beltrano. Per chi volesse consultare il mio saggio sull’autore



Vogliamo ora discutere con il lettore una serie di tele, che per quanto proposte sul libro in bianco e nero, rivestono un certo interesse perché quasi tutte non esposte nell’itinerario del museo.
Cominciamo con Cavalieri spagnoli in marcia (fig 011) siglato, di Carlo Coppola finito ad adornare l’ambasciata italiana a Londra( per chi volesse consultare il mio saggio sull’autore



Vi è poi di Antonio de Bellis un Cristo redentore in gloria (fig 012) da associare cronologicamente alle tele della chiesa di San Carlo alle Mortelle ed una dolcissima S. Lucia (fig 013) di Niccolò De Simone, un autore che conosciamo più per la sua produzione di martirii e scene bibliche che per queste sante a mezzo busto, che lo avvicinano molto a Vaccaro e Stanzione.


Due interessanti paesaggi, l’uno marino l’altro terrestre, sono di Filippo napoletano e di Nicola Vaccaro (fig 014 – 015) due autori poco noti, e normalmente non rappresentati a Capodimonte. Di Michele Regolia vi è discusso un originale Cristo e San Francesco (fig 016) in sottoconsegna, ma non visibile, alla chiesa di Santa Maria della Stella, mentre nella schiera dei compagni nordici del Caravaggio, un argomento ancora tutto da esplorare, spicca un Gesù tra i dottori (fig 017) del Maestro dell’Emmaus di Pau, un artista dai tratti misteriosi, per il quale Stefano Causa, nella dotta scheda di accompagnamento avanza il nome di Martin Faber. 





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