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domenica 1 aprile 2012

Fuoco su Napoli

22/5/2010
Un rutilante romanzo verista di Ruggero Cappuccio




Dopo Gomorra scrivere a Napoli e su Napoli è divenuto difficile, perché gli editori chiedono insistentemente storie di camorra con la speranza di ripetere il best seller, mentre gli scrittori cercano di seguire il filo dell’ispirazione. 
Ruggero Cappuccio nel suo Fuoco su Napoli trova la formula giusta, adoperando la forma del romanzo fantastico, intriso di una prosa  forbita ed elegante, per restituirci una spietata indagine socio antropologica sulla sfortunata città e sui suoi maldestri abitanti.
Immagina che Diego, il protagonista della storia, un camorrista pseudo perbene,  sia riuscito a sapere una notizia sconvolgente: tra cinque mesi i Campi Flegrei erutteranno cenere e lapilli, distruggendo gran parte di Napoli e dintorni. 
Minacciando gli scienziati riesce a fare in modo che nulla trapeli del nefasto evento e si scatena, attraverso gli agenti immobiliari ad una gigantesca speculazione, vendendo le sue case ed i suoi negozi situati in zone che verranno distrutte ed acquistandone altrettanti in quartieri che non saranno interessati dalla calamità naturale. 
Il risultato sarà uno spropositato arricchimento personale, ma anche la realizzazione di un sogno, l’avverarsi di una palingenesi: ricostruire la città a misura d’uomo, restituendole vivibilità e dignità, dopo secoli di devastazioni e di scempi edilizi.
Con il pretesto dello fantasia, l’autore indaga su Napoli ed i napoletani, presentando un quadro sconfortante di anarchia e di sfacelo morale, che ha colpito principalmente la borghesia, responsabile di essere venuta a patti con la plebe, ma soprattutto con la criminalità più o meno organizzata.
Dio non abita più qui è la conclusione sconsolata del lettore, ma ci penseranno le fiamme ardenti del vulcano a rimediare, creando le condizioni per la rinascita di un’antica civiltà.

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