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venerdì 30 marzo 2012

Dio non abita qui

30/11/2009

Da troppi anni a Napoli sono gli omicidi a scandire ritmicamente il calendario, mentre tutto il territorio sfugge completamente al controllo dello Stato, che da tempo ha abdicato alle sue funzioni, vicariato dalla delinquenza organizzata, che detta legge oramai in ogni faccenda pubblica e privata. Il Comune e la Regione sono entità astratte prive di ogni potere. L’assoluta incertezza del diritto fa sì che gran parte dei malavitosi siano certi di farla franca e di dover rispondere al massimo ai rimorsi della propria coscienza, un tribunale, almeno da Dostoevskij in poi, di tutto rispetto, ma  purtroppo, non ancora parificato agli ordinamenti di una moderna Repubblica.
I giovani fuggono in massa verso un destino meno amaro, una diaspora di dimensioni bibliche che preclude ogni speranza di miglioramento futuro; restano soltanto i vecchi borghesi, pensionati e piccoli commercianti che oramai si sono arresi. 
Leopardi che pure l’amava la definì “terra di lazzaroni e di pulcinella” e tanti altri insigni personaggi, da Campanella alla Serao, condivisero pareri negativi, senza parlare dei tanti viaggiatori stranieri, in visita a Napoli, quando la capitale era una delle mete obbligate del Gran Tour. Si giunse così al laconico giudizio di “ un paradiso abitato da diavoli”, coniato quando la camorra non era ancora divenuta una delle organizzazioni criminali più feroci della Terra.
Eppure nonostante questa antica maledizione gravi come un macigno, non esiste città dove disorganizzazione e gioia di vivere convivano con maggiore armonia. Ed è questa la colla che tiene ancora uniti tutti coloro che amano svisceratamente il loro luogo natio, la loro patria e soffrano una struggente malinconia quando sono costretti a cercare altrove pane e tranquillità.
E’ probabile che la nostra città rappresenti un laboratorio dove affrontare una serie di tematiche che da noi hanno da tempo raggiunto e superato il livello di guardia, ma che interessano tutti gli Italiani: traffico, disoccupazione, delinquenza organizzata, smaltimento dei rifiuti, abusivismo, ecc.
I Napoletani sono gente antica, che non ha reciso le radici col passato e che ha rifiutato vigorosamente le suadenti sirene della modernità. Rappresentiamo una delle ultime tribù della terra in lotta contro la globalizzazione.
Abbiamo alle spalle una storia gloriosa di cui siamo fieri, passeggiamo sulle strade selciate dove posò il piede Pitagora, ci affacciamo ai dirupi di Capri appoggiandoci allo stesso masso che protesse Tiberio dall’abisso, cantiamo ancora antiche melodie contaminate dalla melopea fenicia ed araba, ma soprattutto sappiamo ancora distinguere tra il clamore clacsonante delle auto sfreccianti per via Caracciolo ed il frangersi del mare sulla scogliera sottostante.
Avere salde tradizioni e ripetere antichi riti con ingenua fedeltà è il segreto e la forza dei Napoletani, gelosi del loro passato ed arbitri del loro futuro, costretti a vivere, purtroppo, in un interminabile e soffocante presente. 

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