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venerdì 30 marzo 2012

Chi oggi può dirsi un intellettuale?

7/1/2010

Dopo aver tenuto una conferenza presso l’Istituto di cultura italiano di Parigi su Caravaggio ed i suoi seguaci a Napoli, la parola passa al pubblico per le domande, ma il primo quesito da parte di una giornalista francese è un po’ fuori tema: “ Secondo lei chi oggi può dirsi un intellettuale?”.
Sorpreso dall’argomento, per prendere tempo, affermo che risponderò volentieri al quesito dopo almeno una domanda sull’argomento trattato. Dopo aver chiarito alcuni aspetti della pittura di Battistello e di Sellitto, non vi è che ritornare sul tema dell’intellettuale, sul quale premetto che la definizione che proporrò è del tutto personale. 
Di rincalzo la giornalista mi prega anche di fare il nome di 10 intellettuali italiani.
Ne citerò allora 11 e di ognuno il perché, alla fine sarà così  facile estrapolare le caratteristiche patognomoniche che contraddistinguono l’intellettuale ideale.
Partirei da Umberto Eco il quale è, a mio parere, il prototipo dell’intellettuale moderno: profondo conoscitore della propria materia, abile divulgatore, esperto di tematiche di interesse generale e, nel caso specifico, eccellente conferenziere.
Anche un altro Umberto famoso può considerarsi a tutti gli effetti un intellettuale; intendiamo riferirci a Veronesi, chirurgo, oncologo di fama mondiale, aperto ai problemi che arrovellano l’uomo moderno dall’aborto alla clonazione, da tempo impegnato nel campo della prevenzione dei tumori e della medicina sociale. 
Vittorio Sgarbi è certamente un intellettuale: storico dell’arte, uomo politico, autore di libri indirizzati ad un pubblico di non addetti al settore, polemista e presenzialista tra i più assidui in televisione.
Pier Giorgio Odifreddi, se non fosse per il suo immarcescibile ateismo, che lo spinge spesso a dire emerite castronerie, può essere incluso nella ristretta categoria per l’impegno con il quale trasferisce ad altre materie di interesse generale le sue conoscenze matematiche.
Eduardo Boncinelli è tra i nostri scienziati, il più attivo nel rendere intelligibili ad una platea di profani problemi di grande respiro etico, dai trapianti alle cellule staminali e tra i più accaniti assertori del darwinismo contro i seguaci del creazionismo.
Sergio Romano, ex diplomatico, storico di vaglia e da anni, grazie alla sua stanza sul Corriere, in grado di rivisitare con parole e concetti semplici complesse situazioni della politica, dell’economia e della nostra cronaca più o meno recente.
Giuliano Ferrara, grande giornalista, affascinante affabulatore, opinionista profondo e precorritore di gusti e tendenze, appassionato nel condurre battaglie di pensiero nelle quali credere.
Eugenio Scalfari, per quanto politicamente monocorde ed a molti(tra cui il sottoscritto) cordialmente antipatico, da anni, prima come direttore e poi come opinionista di uno dei più diffusi giornali italiani, è al centro non solo del dibattito politico ed economico, ma anche di tematiche morali ed esistenziali.
Giulio Tremonti, il più colto tra i nostri governanti, pontefice indiscusso della nostra economia, fustigatore dei costumi, fecondo divulgatore di attese messianiche e di improcrastinabili adattamenti della società dei consumi.
Ed infine per obbligo patriottico due napoletani: Giuseppe Galasso, indefesso studioso, strenuo difensore della verità storica, sempre pronto sulle principali testate a diffondere le sue profonde conoscenze ad un vasto pubblico e Gerardo Marotta, che ha lasciato la sua professione di avvocato ed ha profuso il suo cospicuo patrimonio familiare per fondare l’Istituto per gli studi filosofici, un faro di cultura di caratura internazionale in un mondo dominato dal disinteresse e dall’ignoranza.
Qualcuno potrà notare che da questo elenco mancano i filosofi, che dovrebbero costituire il prototipo dell’intellettuale, ma tra gli italiani non ne ho trovato uno di rilievo che potesse dirsi libero da legami politici, una condizione per me indispensabile per fregiarsi del titolo, per cui ne cito alcuni solo per onore di cronaca: Massimo Cacciari, Marcello Veneziani e Paolo Flores d’Arcais. 
In questo elenco allargato di nomi non vi sono donne, perché ritengo che nessuna sia degna di essere considerata un’intellettuale, ma eccezionalmente, per non scontentare il mio pubblico, costituito in gran parte da appartenenti al gentil sesso, citerò Margherita Hack e Dacia Maraini, la prima per essere una delle poche scienziate italiane di fama internazionale, ma soprattutto per essere da sempre in prima fila nella divulgazione scientifica e per la ricerca di risposte a domande frequenti tra la gente comune sul nostro destino e sulla nostra condizione nei riguardi dell’immensità dell’universo; la seconda per il suo costante impegno sulla stampa a trattare con garbata ironia le più disparate questioni di interesse umano, che tutti noi siamo costretti ad affrontare in questi anni difficili. 
“Potrebbe farci il nome di qualche intellettuale non italiano?”, incalza la giornalista.
Tra gli stranieri Tahar Ben Jellun, Jeremy Rifkin e sarei tentato di includere anche papa Benedetto XVI.
Il primo, scrittore francofono di ampie vedute, per avere sempre nei suoi libri tenuto ben presente il problema della coesistenza di popoli e culture diverse, uno degli imperativi categorici più impellenti della modernità, il secondo per essersi interessato con grande vigore morale ed estrema competenza di una serie di problematiche di vitale importanza per il nostro futuro, dalle energie alternative alla fine del lavoro, riuscendo sempre ad avere un uditorio ampio, internazionale ed estremamente qualificato.
Riguardo al pontefice, nessuno può discutere la sua sterminata erudizione ed estrema saggezza, che ne fa uno dei punti di riferimento più certi non solo per i credenti, ma per tutti gli uomini di buona volontà, come dimostrano le sue encicliche, che parlano di argomenti di scottante attualità per i quali propone ragionevoli soluzioni.
Nel passato l’intellettuale, si identificava spesso con il potere o era al suo servizio, la conoscenza in un mondo di ignoranti era un passaporto decisivo per occupare una posizione di rilievo nella società, dallo stregone in una tribù al consigliere del principe o dell’imperatore.
Anche nel secolo scorso il ruolo dell’intellettuale era frequentemente contiguo alle stanze del potere o ad un credo politico; emblematico in Italia il caso dell’intellettuale definito organico, per intendere un  personaggio legato, per non dire docilmente asservito, ai diktat del partito comunista.
Oggi dall’intellettuale ci aspettiamo un’indipendenza di giudizio, che dia alle sue affermazioni pubbliche la necessaria autorità morale. 
Possiamo inoltre delineare le altre caratteristiche: erudizione nella propria materia, apertura ai problemi della società, disponibilità ad usare i mass media per trasmettere idee e pensieri, estraneità nei riguardi dei partiti, preoccupazione per il futuro dell’umanità.

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