21/11/2008
Periodicamente monta la polemica sulla caccia e sempre più persone ne chiedono l’abolizione; anni fa la questione fu persino oggetto di un referendum, che però non raggiunse il quorum.
I cacciatori esercitano per puro diletto quella che fu un’inderogabile necessità per i nostri progenitori:procacciarsi il cibo, ma uccidere a freddo senza motivo è da considerare senza dubbio un delitto.
In Italia esistono più di due milioni di cacciatori, i quali mettono in moto un mercato multimilionario. L’economia di intere città, ad esempio Brescia, è legata alla vendita delle armi, delle cartucce, delle divise, una massa di denaro e di posti di lavoro che sarebbero in pericolo se fossero vietate le attività venatorie, ma seguendo questo ragionamento dovremo forse giustificare le guerre, perché permettono alle industrie siderurgiche o elettroniche di prosperare?
Ma non accaniamoci solo contro i seguaci della doppietta, mostrandoci meno indulgenti verso i pescatori sportivi. Non vi è infatti cosa più triste che osservare il pesciolino appena pescato e buttato via tra i ciottoli di un fiume a dibattersi disperato e senza speranza contro una morte silenziosa, che lo ghermisce nell’indifferenza generale. Quelle bocche affamate d’aria in preda all’anossia, quelle squame ancora luccicanti, quel fugace momento che rappresenta il delicato trapasso tra la vita e la morte, immortalato con grande abilità dal pennello di sommi pittori, come Giuseppe Recco, sono uno spettacolo angosciante, che ci permette di meditare sull’inutile crudeltà dell’uomo.
Nella Bibbia si racconta che Dio autorizzò gli uomini a nutrirsi della carne degli animali, considerati esseri inferiori, un atteggiamento in pieno contrasto con le più antiche religioni orientali, che attribuiscono pari dignità a tutti i viventi.
Nessuno di noi mangerebbe più spensierato la sua bistecca se avesse visitato un mattatoio con l’orrore di quei poveri animali scannati, dissanguati, squartati, stipati nelle celle frigorifere. Il nostro occhio insensibile non resisterebbe anche se abituato alla vista di porcellini di latte esibiti nelle vetrine delle salumerie, dei festoni di salami e di prosciutti, dei polli allineati sui banconi, dei vitelli appesi ai ganci delle macellerie.
Poco ci giustifica la constatazione che sul pianeta tutta la vita sembra alimentarsi attraverso la morte: il leone divora l’antilope, il lupo l’agnello, l’uccello gli insetti, il pesce più grande il più piccolo. Pare che tanti animali esistano solo perché altri debbano pascersi dei loro corpi.
L’idolatria della fettina dilaga da tempo nel mondo occidentale con effetti nefasti sulla salute: obesità, aterosclerosi, diabete, ma soprattutto costringendo alla fame centinaia di milioni di abitanti del terzo mondo, che vedono ridursi drasticamente le superfici destinate all’agricoltura. Nello stesso tempo ogni giorno di più distruggiamo ed inquiniamo l’ambiente con stolta perseveranza; allora perché vogliamo incolpare solo i cacciatori?
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