Pagine

venerdì 16 giugno 2023

La storia della camorra moderna

  

1945 truppe USA a Napoli

La storia della camorra è in realtà un coacervo di storie lungo una traiettoria in cui si incontrano miseria, costumi, mentalità, usi, affari e rapporti con il mondo politico, il cui tratto comune e costante è costituito  dal sistema dell’estorsione organizzata oltre che dalla violenza impiegata per imporlo. Organizzazione multiforme, la camorra è come l’araba fenice, capace di risorgere ciclicamente e di evolvere nelle sue forme e nei suoi campi d’azione, diventando anch’essa da mafia del sottosviluppo una grande impresa criminale globalizzata.
Nel XX secolo, Mussolini sottovalutò il fenomeno camorristico, tanto che concesse la grazia a molti dei camorristi condannati nel processo Cuocolo di Viterbo, sicuro che nel nuovo assetto dittatoriale questi non avrebbero costituito più un pericolo. Molti delinquenti diventarono squadristi entrando a far parte delle squadre fasciste ed ebbero in cambio il silenzio sul loro passato. Nel 1921, proliferano i sindacati padronali da contrapporre a quelli operai. Il fascismo usa una tattica abile. Usa i camorristi per reprimere la delinquenza, con il miraggio di cancellare loro i reati e assicurare impieghi. In molti si prestano a questo disegno.
Se la mentalità e i comportamenti camorristici continuarono a vivere, anche sotto al fascismo, una riorganizzazione della Camorra si ebbe solo nel Secondo Dopoguerra, con lo sbarco degli Alleati e le infinite possibilità di guadagno illegale procurato dal mercato nero. Anche in questo caso l'assenza dell'autorità statale sarà fondamentale nel consolidamento del potere camorristico. Il ritorno della democrazia, gli appuntamenti elettorali, il suffragio universale e la preferenza multipla ridiedero alla Camorra il suo ruolo di collettore di voti: il primo a trarne beneficio fu Achille Lauro, sindaco monarchico, armatore e presidente del Napoli Calcio. Parallelamente, la Camorra si infiltrava nell'organizzazione del contrabbando, nelle attività di protezione e mediazione (soprattutto nei mercati ortofrutticoli), oltre a poter contare su una vasta rete di rapporti con la Pubblica Amministrazione dovuti al suo peso elettorale: molto spesso, infatti, la contropartita per un pacchetto di voti era l'assunzione di persone vicine all'organizzazione negli uffici pubblici.
Il primo salto di qualità della Camorra si ha agli inizi degli anni '60 con il contrabbando di sigarette: con la chiusura del porto franco di Tangeri (1956), i depositi di tabacco vennero spostati nei porti jugoslavi ed albanesi da dove, transitando per la Puglia, le casse di sigarette di contrabbando arrivavano a Napoli, che divenne uno dei principali mercati del Mediterraneo. Per un decennio i camorristi napoletani svolsero un ruolo secondario nel traffico, occupandosi dello sbarco, dei magazzini e della vendita al dettaglio. La crisi di Cosa Nostra siciliana, dopo la repressione messa in moto dallo Stato dopo la Strage di Ciaculli, contribuì all'affermazione di Napoli nel traffico internazionale di tabacco. Ciononostante, i camorristi non sono in grado di proiettarsi su scala internazionale, come aveva fatto Cosa Nostra.
La situazione cambiò agli inizi degli anni '70, quando l'istituto del soggiorno obbligato portò molti mafiosi Siciliani in Campania: fu l'inizio della collaborazione tra Cosa Nostra e clan camorristici. La guerra tra mafiosi Siciliani e marsigliesi per il controllo di Napoli, vinta dai primi, portò poi tra le fila di Cosa Nostra boss del calibro di Michele e Salvatore Zaza, Angelo e Lorenzo Nuvoletta, Raffaele Ferrara ed Antonio Bardellino. La nuova alleanza, inaugurata nel 1974 e suggellata da un incontro nella tenuta dei Nuvoletta a Poggio Vallesana a cui partecipano Pippo Calò, Totò Riina, Bernardo Brusca, Tommaso Spadaro, Nunzio La Mattina, Nicola Milano e i catanesi Pippo e Antonio Calderone. Dopo cinque anni di affari, la "società" venne sciolta consensualmente per l'interesse di entrambe le controparti verso il traffico di stupefacenti.
Già a metà degli anni '70 era attivo a Napoli un trafficante internazionale di cocaina, Umberto Ammaturo, prima in affari con Luigi Grieco (detto 'o sciecco), eliminato dai Siciliani, poi con gli Zaza. Il salto definitivo di qualità nella gerarchia internazionale della criminalità mafiosa fu dato quindi dal narcotraffico: Napoli, grazie alla minore attenzione delle autorità e al minore allarme sociale, diventò la piazza principale dello smercio di droga. Il continente privilegiato era l'America Latina, la merce preferita commerciata la cocaina: i clan camorristici acquistarono in questo periodo una dimensione internazionale impensabile fino a dieci anni prima.
Con i suoi tre milioni e mezzo di abitanti, l'area metropolitana di Napoli diventò un enorme mercato di consumo di eroina e cocaina. Le prime famiglie ad occuparsi del nuovo traffico illegale sono le stesse del contrabbando di sigarette, poi emergono nuovi clan (i Cozzolino, i Mauro): Hashish e cocaina raffinate a Palermo arrivavano a Napoli sin dal 1977. Gli enormi profitti generati dal narcotraffico permisero ad alcune famiglie, come i Nuvoletta, di entrare nel traffico di armi, trattando addirittura una partita di carri armati Leopard con la Germania.
A scompaginare gli equilibri camorristici in Campania creatisi con la proficua collaborazione tra i clan della Camorra e Cosa Nostra ci pensò Raffaele Cutolo, detto 'o professore. In ottimi rapporti con i boss della 'ndrangheta Giuseppe Piromalli, Salvatore Mammoliti, Paolo De Stefano, Egidio Muraca e Francesco Cangemi, dopo aver eliminato per loro il vecchio boss Mico Tripodo nel carcere di Poggioreale, segue il loro consiglio di creare una sua associazione criminale per non lasciare troppo spazio ai Siciliani in Campania.
Fu così che nacque la Nuova Camorra Organizzata: dapprima prestò assistenza ai giovani sbandati finiti in galera, poi giustificò le estorsioni con la necessità di garantire supporto ai carcerati che, una volta tornati in libertà, diventavano a loro volta estorsori e reclutatori per l'organizzazione. La forza di Cutolo fu quella di fare dell'affiliazione alla NCO una vera e propria filosofia di vita, fondata sulla riscossa sociale delle classi subalterne campane. Con oltre 7mila affiliati, la NCO ha rappresentato un unicum nella storia criminale del fenomeno mafioso.
La guerra tra Cutolo e i suoi avversari (riunitisi nel cartello della Nuova Famiglia) fece da sfondo a un evento assai redditizio per i clan della Camorra, il terremoto dell'Irpinia del 1980. La ricostruzione, tutt'oggi rimasta incompiuta, avrebbe fagocitato centinaia di miliardi di lire, finiti a finanziare i clan. Il confronto armato tra la NCO e la NF durò cinque anni e lasciò a terra circa 1500 morti. La guerra scatenata da Cutolo con l'imposizione di una sua tassa personale sulle casse di sigarette sbarcate in Campania accelerò la crisi del contrabbando di tabacco, contribuendo allo spostamento del core business della Camorra sul narcotraffico.
Contemporaneamente alla guerra di camorra, imperversava a Palermo la Seconda Guerra di Mafia, che avrebbe visto vittoriosi i Corleonesi. La fine di Cutolo e della sua organizzazione si ebbe soprattutto al suo trasferimento nel super-carcere dell'Asinara, preteso dall'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Senza più il capo sul territorio, i suoi luogotenenti vennero eliminati uno a uno, finché la NCO non si dissolse completamente, abbandonata dai servizi segreti nonostante il ruolo svolto nella liberazione di Ciro Cirillo, sequestrato dalle Brigate Rosse.
Nel processo di dissoluzione della NCO, molti clan passarono con la fazione vincente e cominciò ad emergere la figura di Carmine Alfieri. Nel frattempo, i Bardellino avevano rotto con i Nuvoletta, divenuti gli unici referenti dei Corleonesi in Campania. Il nuovo scontro, che rischiava di essere ancora più sanguinoso di quello appena concluso, riguardava il controllo delle attività imprenditoriali del dopo-Terremoto. Tra stragi e morti ammazzati (tra cui il giovane cronista del Mattino Giancarlo Siani), l'epilogo della vicenda avrebbe portato ad un rafforzamento del clan di Carmine Alfieri, che a metà degli anni '80 era oramai il più potente della Campania.
Il 1991 fu un anno di svolta nella lotta alle organizzazioni mafiose: con Giovanni Falcone chiamato dal neo-ministro della giustizia Martelli a dirigere gli Affari Penali del ministero, vennero adottate dal Governo Andreotti tutta una serie di risoluzioni che avrebbero reso più efficace la lotta alla mafia. Nell'autunno 1991 venne sciolto il consiglio comunale di Poggiomarino per infiltrazione camorristica, feudo di Pasquale Galasso, capo dei gruppi di fuoco del Clan Alfieri, il quale venne arrestato l'anno dopo dai carabinieri, grazie alla soffiata di alcuni faccendieri. Lasciato solo dal capo del suo Clan, Galasso decise di collaborare con la giustizia: le sue dichiarazioni scoperchiarono il quadro socio-politico-camorristico che reggeva le amministrazioni del nolano, delle aree stabiese e vesuviana, l'agro sarnese-nocerino e altre zone della Campania tra gli anni '80 e '90.
Un mese dopo la decisione di collaborare di Galasso, i carabinieri arrestarono Carmine Alfieri, che optò anche lui per la collaborazione nel giugno 1993, interrotta a seguito del sequestro del figlio e ripresa subito dopo. Quel che emerse dalle indagini fu la radicata complicità istituzionale nei vari tentativi di eliminare Galasso e Alfieri, in seguito alla loro decisione di collaborare.
In questo frangente si rafforzò l'egemonia dei Casalesi, dominus della provincia di Caserta. A metà degli anni '90 i Casalesi erano diventati il clan dominante in Campania, grazie al controllo di due settori fondamentali, lo smaltimento dei rifiuti tossici provenienti dal Nord e l'attività edilizia negli appalti pubblici, in particolare nei cantieri dell'Alta Velocità. Su questa vicenda i tre protagonisti che si caricarono sulle spalle il peso della denuncia furono tre Casertani: Rosaria Capacchione, cronista de "Il Mattino", Lorenzo Diana, senatore del PdS, e Ferdinando Imposimato, senatore indipendente del gruppo dei Progressisti.
Il Processo Spartacus porta i Casalesi alla sbarra. Nell'estate del 1995 la Procura Antimafia di Napoli aveva concluso la lunga e complessa indagine sui Casalesi e spiccò 143 ordinanze di custodia cautelare, in concomitanza con un blitz che coinvolse tremila tra agenti di polizia e carabinieri. Molti, a partire da Francesco Schiavone detto Sandokan, capo indiscusso del Clan, sfuggirono all'arresto. Una cinquantina di Casalesi finirono però in carcere: tra questi anche lo scissionista Nunzio De Falco, che dalla Spagna aveva ordinato l'omicidio di Don Peppe Diana. Iniziato nel 1998, il Processo Spartacus si concluse in primo grado nel 2005, in appello nel 2008 e in Cassazione il 15 gennaio 2010. Tra le condanne, venne confermato l'ergastolo per Schiavone (arrestato nel 1998), Bidognetti, Zagaria, Mario Caterino e molti altri.

 

1975 contrabbando di sigarette 

La Camorra del XXI secolo diventa "O Sistema", e si è dimostrata in grado di inserirsi nei traffici internazionali e di sfruttare la globalizzazione per aumentare il proprio peso, anche al di fuori degli originali contesti di insediamento. Falliti i vari progetti di unitarietà, i Clan di Camorra dominano sui loro territori senza una strategia comune.
Grande risalto ha avuto negli anni 2004 e 2005 la cosiddetta faida di Scampia, una guerra scoppiata all'interno del clan Di Lauro quando alcuni affiliati decisero di mettersi in proprio nella gestione degli stupefacenti, rivendicando così una propria autonomia e negando di fatto gli introiti al clan Di Lauro, del boss Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo 'o Milionario. Ma questa faida non è l'unica contesa tra clan sul territorio napoletano. Numerose sono le frizioni e gli scontri tra le decine di gruppi che si contendono le aree di maggiore interesse. A cavallo tra il 2005 e il 2006 ha destato scalpore nella cittadinanza e tra le forze dell'ordine la cosiddetta "faida della Sanità", una guerra di camorra scoppiata tra lo storico clan Misso del Rione Sanità e alcuni scissionisti capeggiati dal boss Salvatore Torino, vicino ai clan di Secondigliano; una quindicina di morti e diversi feriti nel giro di due mesi.
Per quanto riguarda l'area a nord della città (quella da sempre maggiormente oppressa dai gruppi criminali), tra i quartieri di Secondigliano, Scampia, Piscinola, Miano e Chiaiano, resta sempre forte l'influenza del cartello camorristico detto Alleanza di Secondigliano, composto dalle famiglie Licciardi, Contini, Bosti, Mallardo e con gli stessi Di Lauro quali garanti esterni (molto spesso, infatti, gli uomini di "Ciruzzo 'o Milionario" si sono interposti tra le liti sorte fra le varie famiglie del cartello, evitando possibili guerre).
Per le zone centrali della città (Centro Storico, Forcella) resta ben salda la supremazia del clan Mazzarella, che controlla praticamente tutta l'area ad est di Napoli, dal centro fino al quartiere periferico di Ponticelli, facilitati anche dalla debacle del clan Giuliano di Forcella, i cui maggiori esponenti (i fratelli Luigi, Salvatore e Raffaele Giuliano) sono diventati collaboratori di giustizia. Le loro attività oggi si basano solo sul contrabbando. Nell'altra zona "calda" del centro di Napoli, le zone del quartiere Montecalvario, dette anche "Quartieri Spagnoli", dopo le faide di inizio anni novanta tra i clan Mariano (detti i "picuozzi") e Di Biasi (detti i "faiano") e tra lo stesso clan Mariano e un gruppo interno di scissionisti capeggiato dai boss Salvatore Cardillo (detto "Beckenbauer") e Antonio Ranieri (detto "Polifemo", poi ammazzato), la situazione sembra essere tornata a un clima di relativa normalità, grazie anche al fatto che molti boss storici di quei vicoli sono stati arrestati o ammazzati.
La zona occidentale della città non è da meno per quanto riguarda numero di clan e influenza sul territorio. Tra le aree più "calde" si trovano il Rione Traiano, Pianura e lo stesso quartiere Vomero, per anni definito quartiere-bene della città e considerato immune alle azioni dei clan, oggi preda di almeno quattro clan in guerra e saccheggiato dalla microcriminalità comune. Da citare, il cartello denominato Nuova camorra Flegrea, che imperversava a Fuorigrotta, Bagnoli, Agnano e Soccavo, ma che ha subito un duro colpo dopo il blitz del dicembre 2005, quando vi furono decine di arresti grazie alle rivelazioni del pentito Bruno Rossi detto "il corvo di Bagnoli". A Pianura vi è stata in passato una violenta faida tra i clan Lago e Contino-Marfella, che ha portato a numerosi omicidi, tra i quali quello di Paolo Castaldi e Luigi Sequino, due ragazzi poco più che ventenni uccisi per errore da un gruppo di fuoco del clan Marfella, perché stazionavano sotto la casa di Rosario Marra, genero del capoclan Pietro Lago ed erano, quindi, "sospetti".
Nella vasta area metropolitana ormai saldata alla città, sono numerose le zone in mano ai gruppi camorristici, non solo per quanto riguarda i campi "classici" nei quali opera un clan mafioso (estorsioni, usura, traffico di droga), ma anche per quanto riguarda le amministrazioni comunali e le decisioni politiche (si vedano i numerosi comuni sciolti per infiltrazioni camorristiche).
In alcune zone del Vesuviano e nel Nolano è riscontrata, a tutt'oggi, la presenza di potenti clan locali storicamente operativi sul territorio. Nondimeno, la morte e l'incarcerazione di numerosi storici boss locali (Vollaro, Fabbrocino, i fratelli Russo, D'Avino, Alfieri, Cava, Abate, Galasso e numerosi altri) sembra aver favorito la nascita e/o l'espansione di gruppi criminali autoctoni e della zona orientale di Napoli. La faida Mazzarella-Rinaldi, da San Giovanni a Teduccio si è estesa sino alla zona Nolana/Vesuviana ove sono presenti, in particolar modo nei comuni di Marigliano (soprattutto nel popoloso rione 'Pontecitra') e Somma Vesuviana (complice, per quel che concerne Somma Vesuviana, la perdita di potere del locale clan D'Avino, sfaldato da molti arresti e pesanti condanne), propaggini locali dei predetti clan. A Somma Vesuviana, in località "Parco Fiordaliso", risiedono presunti esponenti del clan Aprea-Cuccaro di Barra.
In Campania, oltre all'hinterland napoletano per influenza sul territorio un ruolo di primo piano è occupato dal clan dei Casalesi, storico sodalizio dell'Agro aversano in provincia di Caserta e ormai operativo in gran parte d'Europa; l'organizzazione infatti si pone come un grande cartello criminale di portata internazionale (come più volte riportato dalla DIA e DDA di Napoli) gestito dalle famiglie Schiavone e Bidognetti (che hanno ereditato il potere di Bardellino dopo l'omicidio di questi) e dalle altre famiglie alleate che fungono da referenti per le varie province. Tra i vari clan della provincia è da segnalare il clan Belforte quale mantiene il controllo sui traffici e le attività estorsive nei comuni di Caserta, Marcianise e Maddaloni.
Nel 2023 si stima che nella regione Campania operino 114 clan con 4.500 affiliati.

 

Aula bunker di Poggioreale 



Nessun commento:

Posta un commento