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venerdì 16 giugno 2023

Dalla camorra onorata alle piazze dello spaccio



Il libro di Saviano Gomorra, con il suo successo planetario, ha posto di nuovo all’attenzione generale uno degli aspetti meno edificanti della città, costretta a convivere con una delle organizzazioni criminali più feroce ed organizzata della Terra: la camorra.
A Scampia di recente è scoppiata una guerra senza esclusione di colpi per il controllo del traffico della droga, un commercio che negli ultimi anni ha prodotto guadagni vertiginosi per i gruppi criminali. I mass media, senza pietà hanno divulgato alla nazione i bollettini di guerra, ripresi dalle prime pagine dei giornali europei, con effetti devastanti per l’immagine della città, spaventando i flussi turistici, che potrebbero essere l’ultima speranza per la nostra economia agonizzante.
I politici, la magistratura, gli intellettuali si avvicinano al capezzale del malato, fanno la loro diagnosi, infausta quanto imprecisa, ed invocano le loro terapie, velleitarie, utopiche, inadeguate, irrealizzabili, approssimative, assolutamente inefficaci, dimostrando in maniera inequivocabile, non solo di essere in malafede, ma soprattutto di non aver capito niente dell’attuale fenomeno criminale!
Si invoca un irrigidimento delle norme repressive, già tra le più severe in europa, dimenticando che il processo penale dura anni ed anni, mentre la carcerazione preventiva scade molto prima della fine del giudizio, circostanza che permette ai pochi criminali arrestati, una volta scarcerati, di rendersi irreperibili.

Toma - Tatuaggio dei camorristi
Napoli museo di Capodimonte

Si invoca l’aiuto della gente onesta, senza tenere conto che i comuni cittadini si sentono e sono stati abbandonati dallo Stato al loro destino e solo degli eroi possono collaborare attivamente con la giustizia, in attesa di testimonianze segretate.
Si invoca la ricetta del lavoro, come se il delinquente, che guadagna milioni al giorno, al pari dei disoccupati organizzati, lo cercasse, ignorando che tutte le indagini sociologiche più recenti ed accreditate hanno dimostrato inequivocabilmente che il camorrista, chiamiamolo così per semplicità, di qualunque livello gerarchico, trova il suo terreno di cultura, non nella povertà, ma solo e soltanto nell’ambiente criminale, in cui nasce e si sviluppa.
Vogliamo provare ad esaminare sotto una nuova luce il fenomeno camorra, cercando di conoscerlo meglio, per poterlo eventualmente combattere con reale efficacia?
Sorvoliamo sulle origini della camorra, curiosità che lasciamo ai libri, poco importa se nasca nel cinquecento o nel Seicento, se la introducano gli Spagnoli o abbia una germinazione spontanea; certo subito dopo l’Unità d’Italia, quando i conquistatori Piemontesi si posero il problema del controllo dell’ordine pubblico nella nostra città, non ci pensarono due volte ad affidarlo a Liborio Romano, un personaggio equivoco, il quale, per formare la guardia cittadina, si rivolse alla malavita organizzata, fornendole una investitura ufficiale deleteria per il futuro di Napoli e del Mezzogiorno.
Dopo gli anni ottanta, caratterizzati dal dominio incontrastato di Raffaele Cutolo oggi, nel terzo millennio, i gruppi criminali che dilagano a Napoli ed in Campania, somigliano più alle bande di gangster, che imperversavano senza regole negli anni Trenta nelle principali città americane, che ai membri di una consorteria criminale, nostalgica e moralistica, che amava presentarsi come onorata società.
Sono saltate tutte le norme di comportamento ed annullate le gerarchie. Oggi quello che i giornalisti continuano a chiamare camorra è un coacervo di bande, alcune centinaia censite sul territorio, in acerrima lotta tra loro, senza che personaggi autorevoli, al di sopra delle parti, possano mediare o trovare compromessi.
Ogni banda fa capo ad una famiglia, spesso già numerosa, accresciutasi in due o tre generazioni, attraverso una sapiente ragnatela di matrimoni. Non esiste quasi mai un capo assoluto, il leader, sempre giovane d’età, è un primus inter pares tra fratelli, cugini, cognati e comparielli vari, tutti coetanei. Una prima significativa differenza con la mafia, una struttura piramidale da sempre spiccatamente verticistica.

 

Filippo Palizzi - il guappo

Il modello di riferimento e di comportamento è di tipo feudale e, paradossalmente, aristocratico, con vassalli, valvassori e valvassini. I boss amano mostrarsi potenti agli occhi di tutti gli abitanti del quartiere, dai quali pretendono rispetto e reverenza e del destino dei quali, lavorativo o di semplice sussistenza, si arrogano in diritto di dire l’ultima parola. In occasione di matrimoni interminabili tappeti accompagnano la sposa delle famiglie che contano lungo tutto il percorso tra casa e chiesa, né più, né meno di come amava comportarsi la nostra scalcinata nobiltà durante i secoli del vicereame spagnolo.
Il gruppo ha una forte identità con il territorio e con il quartiere di appartenenza, che non lascia mai, anche se diventa ricco e potente, perché nel rione ove è nato e cresciuto il novello delinquente può contare su di una rete di protezione ed omertà impenetrabili.


Scena criminale 

Alcuni anni fa una faida simile a quella che attualmente impazza a Secondigliano ed a Scampia insanguinò le strade dei Quartieri Spagnoli, allora regno della famiglia Mariano, che si trovò a dover contrastare le mire espansionistiche degli scissionisti. Anche in quella occasione vi furono morti innocenti tra i passanti e si ripete la stessa penosa trafila e si vide lo stesso monotono copione al quale siamo assuefatti da secoli: prima gli omicidi, sempre più efferati, sparando nel mucchio, l’allarme nell’opinione pubblica, montante giorno dopo giorno e proporzionale alla quantità di notizie vomitate senza sosta da giornali e televisioni, poi le minuziose inchieste giornalistiche con descrizione accurata del degrado dei luoghi, illustrate con foto di volti patibolari, quindi, senza fretta, le operazioni delle forze dell’ordine, spettacolari quel tanto da rassicurare i benpensanti, gli arresti, gli interrogatori e la libertà provvisoria o definitiva per la maggioranza degli indagati, poi le pompose dichiarazioni degli amministratori locali, le immancabili giaculatorie degli intellettuali, sdegnati di doversi occupare di tali lordure, infine gli interventi dei parlamentari dell’opposizione seguiti a ruota da quelli del governo e la ciliegina finale del discorso del ministro degli interni, grondante orgoglio e tronfio di dati riguardanti le operazioni repressive della polizia e dei carabinieri. Restava da sentire la voce della magistratura, ma per ascoltarla bisognava, come sempre, attendere l’inaugurazione dell’anno giudiziario, allorquando, nel baluginio di colori delle eleganti toghe di ermellino, il Procuratore generale faceva sentire la sua autorevole voce, preoccupata oltre misura, lanciare, in un gelido silenzio, un inascoltato grido di dolore.
E non si puo non rimanere meravigliati, come ha sottolineato Amato Lamberti, per anni a capo di un osservatorio istituzionale sul fenomeno, di come un’inestricabile organizzazione criminale, che per comodità continuiamo a chiamare camorra, abbia compiuto indenne un viaggio durato secoli: sopravvivendo a governi eterogenei, dalla monarchia assoluta a quella costituzionale, dalla dittatura fascista alla democrazia parlamentare ed inoltre al trauma della guerra civile, che sui libri di scuola scopriamo fu chiamata risorgimento, due disastrose guerre mondiali, che sconvolsero e trasformarono profondamente la società. Senza contare i travolgenti terremoti sociali, che hanno scandito il passaggio da una società agricola, imperniata nel sud sul latifondo, ad una industriale prima e post industriale e dei servizi poscia. E nulla hanno inciso la scolarizzazione di massa, la radio, la televisione, il computer ed il rivoluzionario avvento di internet.

 

Vista delle vele di Scampia.

Le organizzazione criminali napoletane hanno una struttura orizzontale e non verticale come la mafia ed il reclutamento di nuovi adepti avviene per chiamata diretta... quando esiste un legame di parentela, oppure in alcuni serbatoi privilegiati, carceri in primis. Da sempre la pena detentiva, lungi dal preoccuparsi del recupero del condannato, come previsto chiaramente dalla nostra costituzione, mira all’abbrutimento del reo, il quale cade vittima di leggi non scritte, ma rigorosamente applicate, codificate dai boss, che regnano incontrastati nei nostri penitenziari. E questo da sempre, nelle spaventose carceri spagnole, nelle oscure galere borboniche, fino a giungere a quel raccapricciante inferno dantesco rappresentato da Poggioreale, come sempre un record di abiezione per la nostra sfortunata città.
Il secondo luogo di reclutamento è costituito dalle bische, dove molte persone si trovano all’improvviso a dover chiedere prestiti per ripianare debiti di gioco e poi, presi nel vortice degli interessi usurai, a trovarsi impossibilitati ad onorare il debito contratto con persone poco raccomandabili. La prospettiva di saldare cifre considerevoli con un piccolo favore... costituisce quasi sempre un’attrazione fatale e, di favore in favore, spesso ci si trova invischiati in imprese più grandi di quanto si poteva immaginare inizialmente.
Un altro bacino di arruolamento è il mondo dei drogati, dove è facile trovare disperati, in crisi di astinenza, disposti per una dose anche ad uccidere. in ogni caso, notizie riservate di cui siamo venuti a conoscenza, pare abbiano confermato che, nella recente faida di Secondigliano, le parti in lotta abbiano assoldato un numero considerevole, oltre cento, di killer professionisti albanesi ed alcuni mercenari provenienti dai servizi segreti di nazioni ex comuniste.
La struttura della camorra urbana è profondamente diversa rispetto a quella della provincia ed ancora più diversa rispetto a quella che alligna nelle zone rurali. L'una trova le principali fonti di reddito dal racket delle tangenti alle attività commerciali e nello spaccio della droga, l’altra si dedica prevalentemente a indirizzare e taglieggiare i grandi appalti pubblici.

 

Rissa tra donne, Stampa ottocentesca.

Negli ultimi anni la delinquenza ha acquistato, o è divenuta tacitamente proprietaria di attività precedentemente taglieggiate o sottoposte a prestiti usurai. Hanno comperato case ed interi palazzi, negozi, supermercati, bar e discoteche, pizzerie e ristoranti alla moda ed inoltre società finanziarie, utili a far perdere le tracce di denaro sporco e di import-export, necessarie per diffondersi ed impossessarsi dei vergini mercati dell’europa dell’est, oltre a rafforzarsi naturalmente in attività gestite da sempre in condizioni di monopolio, come la raccolta e la distruzione dei rifiuti, senza trascurare naturalmente le sostanze tossiche, trattate con nonchalance e se necessario le stesse scorie nucleari!
Tutto questo è avvenuto perché l’attenzione dello Stato è stata per troppo tempo debole e si è così permesso a queste società criminali di crescere oltre misura, divenendo un vero stato nello Stato, che si avvia a governare con le proprie leggi, spietate, e con i propri uomini, decisi a tutto. Una situazione non nuova per l’italia, basti pensare alla Sicilia degli anni Settanta, prima che comparissero all’orizzonte i vari chinnici, la Torre, Falcone e Borsellino.
Oggi la camorra ha stretto legami ed accordi con la mafia Russa e con quella Cinese, con gli Ucraini, per il controllo del mercato del lavoro e con i Nigeriani per forniture di droga fuori dai tradizionali cartelli internazionali. Ha creato una zona franca dell’Italia, abitata da quattro milioni di cittadini, che devono rivolgersi a loro non solo per parcheggiare, ma anche e soprattutto, per cercare un lavoro o un prestito, bancario o usuraio non fa differenza, per avere una licenza di commercio o di taxi, fra poco forse anche per respirare. Giorno dopo giorno si sta creando un modello sociale aberrante, che prende ogni giorno sempre più radici. Un’organizzazione di centinaia di migliaia di persone, che lavorano ad un modello economico parallelo, dalla produzione allo smercio in tutta europa di falsi marchi e di falsi prodotti: giubbini, scarpe, borse, cd, dvd, macchine fotografiche, orologi svizzeri..., una massa di prodotto, che sfuggendo a qualsiasi imposizione fiscale, cammina grazie a migliaia di venditori, Italiani ed extracomunitari, che se valgono, diventano a loro volta imprenditori, perpetuando il perverso modello economico. Una sfida alle istituzioni di portata rivoluzionaria, un pericoloso programma sociale e criminale, un’economia parallela che, come un cancro è in grado di attecchire ad altre latitudini, globalizzandosi ed intessendo alleanze internazionali devastanti. Questo modello ha vinto, e da tempo, la sua battaglia nel debole tessuto dell’economia napoletana, nei quartieri abbandonati a sé stessi, tra le classi sociali disgregate e senza speranza, ma rischia di vincere ovunque, in assenza di una sfida da parte dello Stato, garante della legalità.


locandina del film Gomorra

A Napoli e provincia una quota cospicua della popolazione è occupata a spacciare droga, ad indurre donne alla prostituzione o, nei casi veniali, a vendere film pezzottati e griffe false nel più assoluto anonimato fiscale, ma la cosa più grave, segno inequivocabile della situazione drammatica in cui siamo precipitati, è costituita dal fatto che la restante popolazione acquista droga, fa la fila per accoppiarsi a prostitute, meglio se minorenni, acquista merce falsa di ogni genere e si fa vanto di vedere soltanto prime visioni di contrabbando. Da questo coacervo inestricabile tra delinquenti ed onesti... difficilmente verremo fuori, senza un mea culpa di ognuno di noi ed una rivoluzione culturale di portata galileiana.
E giungiamo alla parte più difficile, che in genere manca in tutti i libri che trattano la storia della camorra: i possibili rimedi.
In via preliminare è necessaria un’attenzione, costante e costruttiva, da parte dei mass media e del potere politico sul problema Napoli, che deve assumere una priorità nazionale. Se i nostri problemi non diventeranno, ed al più presto, problemi di tutti gli italiani la lotta è persa in partenza.
Non bisogna aspettarsi molto da proposte di inasprimento delle pene ad eccezione delle pene comminate per il reato di estorsione, attualmente punito in maniera non molto severa dalle norme vigenti. Chi predica la tolleranza zero, volendo imitare la politica anti crimine instaurata negli anni scorsi dalla città di New York, non deve dimenticare che alle nostre latitudini tale atteggiamento è stato adottato, ma con risultati scarsi o nulli, già dai Borbone, che arruolavano a viva forza sulle loro navi camorristi e delinquenti comuni, da Silvio Spaventa, sul finire dell’ottocento, che fu l’artefice di capillari operazioni di sradicamento e deportazione in massa sulle isole di furfanti e malfattori, per finire con le guerre civili di annientamento del brigantaggio, volute dai Savoia e condotte dal giovane Stato italiano, fino all’epoca di giolitti ed alle operazioni militari messe in atto dal fascismo, che fallirono sia in Sicilia, ove regnò il prefetto Mori, che nell’area napoletana.
La storia deve insegnarci che il problema della plebe in epoca moderna ha sempre angustiato la nostra città, detentrice da secoli del poco invidiabile primato di maggiore concentrazione di poveri del mondo occidentale. Napoli piange ancora per la perdita del suo ruolo di gloriosa capitale, costretta anche nel passato a dover fare i conti tra risorse, modeste e numero di abitanti, esorbitante. E da noi la plebe, con i suoi umori volubili, ha sempre tenuto in scacco il potere ed è stata in grado di incutere un proverbiale timore reverenziale, dai tempi di Masaniello ai giorni nostri, con i cortei dei disoccupati organizzati padroni della piazza, senza che nessuna autorità osi affrontarli, per timore della rivolta.
Mentre la malavita impazza e spara senza remissione, Napoli è oggi afflitta da due tipologie di reato: l’estorsione, oramai generalizzata, e tutta una sequela di reati: dallo scippo, al furto e alla rapina, praticati da una micro delinquenza, che assedia il cittadino ad ogni ora ed in ogni angolo della città. Una massa di disperati costretti quotidianamente a procacciarsi i soldi per la droga.
Per il reato di estorsione è opportuno un incremento della pena, ma soprattutto bisogna favorire l’associazionismo tra le vittime, con polizze assicurative, agevolate dallo Stato per risarcire eventuali danni e ritorsioni, naturalmente soltanto per chi presenta regolare denuncia, che in alcuni casi potrebbe essere segretata. Fortunatamente..., come ci hanno testimoniato commercianti napoletani fuggiti in passato al nord per sfuggire alla morsa del pizzo, il racket, in pochi anni, ha dilagato in mezza Italia: non vi è locale della riviera Romagnola che non paghi la tangente e la situazione è poco dissimile nelle grandi metropoli padane, sotto il regno di Bossi. Mal comune mezzo gaudio, ma soprattutto la certezza che un problema del sud, divenuto ubiquitario, possa interessare il mondo politico, abituato a guardare soltanto verso Roma o Milano.
Per i reati legati ai drogati, divenuti legioni sempre più numerose, non vi è che da percorrere, con cautela, la via della liberalizzazione, proprio il contrario dell’attuale orientamento del governo, teso a criminalizzare ulteriormente il tossicodipendente.

 

 Raffaele Cutolo
 

Bisogna rendersi conto, anche se con tristezza, che in Italia, non solo a napoli, alla base di oltre il 50% dei reati vi è l’ombra dei paradisi artificiali, più di metà dei carcerati è ospite dello Stato per reati connessi agli stupefacenti, la metà delle forze dell’ordine e della magistratura è occupata da problemi legati a spaccio e consumo di droga.
Vogliamo finalmente provare almeno a discutere della possibilità di liberalizzarla?
Napoli non ha bisogno di elemosine, ma di un’attenzione mediatica e degli uomini migliori a disposizione. Perché lo Stato non decide, con una modesta spesa, di lanciare una crociata in favore di questa città, una sorta di piano Marshall post bellico, mandandoci i funzionari più validi, i poliziotti ed i carabinieri più motivati, oltre naturalmente a questori, prefetti e magistrati disposti ad impegnarsi in una sfida entusiasmante, che i napoletani da soli non riescono a vincere. 


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