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mercoledì 1 febbraio 2023

Un San Francesco che adora il Crocifisso di Zurbaran

 

fig.1 - Francisco Zurbaran -
San Francesco adora il Crocifisso - 87x70 - 
 Napoli collezione privata

Recarsi per visionare una importante collezione privata, ricca di dipinti del Seicento, Settecento ed Ottocento napoletano e trovarsi davanti ad un capolavoro di Zurbaran, raffigurante San Francesco che adora il Crocifisso (fig.1) provoca una notevole emozione.
Il quadro raffigura un'iconografia più volte trattata dall'autore, ma nel dipinto che presentiamo ai nostri lettori dal volto del santo emana in egual misura gioia e dolore, gli occhi tendono a chiudersi, mentre le mani stringono vigorosamente al petto il Crocifisso.
Alle spalle una luce intensa sembra illuminare la scena, ma viceversa mette in risalto il nero della veste del santo, che a momenti sta per cadere in estasi.
Francisco de Zurbaran proveniva da una famiglia di contadini di Fuente de Cantos, una cittadina nei pressi di Badajòz, nell'Estremadura, e quando, dodicenne, rivelò la propria attitudine per l'arte, fu mandato a Siviglia, presso Juan de Roelas, dove ben presto fece straordinari progressi. A sedici anni egli si era già assicurato una certa fama locale e gli fu facile ottenere un posto di apprendista presso Pedro Diaz de Villanueva, un pittore che forniva cartoni per ricami. In due anni acquistò notevole padronanza tecnica e in quel tempo fece il suo incontro con Velazquez, pur egli allora praticante a Siviglia; come lui si diede allo studio della pittura del Caravaggio e di quella di Josè de Ribera, ricavandone influenze che perdurarono poi sempre nella sua pittura, come nel contrasto di zone di luce e d'ombra che gli permisero di definire pittoricamente il senso del volume. Dai due artisti citati e da Juan Martinez Montanés egli dedusse anche quel gusto per la realtà che ne contraddistingue la prima fase e che si esprime, ad esempio, attraverso il volto degli Apostoli, dipinti verso il 1623: rozzi lineamenti contadineschi, che ci mostrano uno Zurbaran ancor lontano da ogni idealità. Intanto, sin dal 1617, dopo aver compiuto viaggi a Valencia e a Valladolid, egli era ritornato per qualche anno a Llerena, nella sua Estremadura, dove sposò una Beatrice de Morales. Ogni tanto compiva qualche viaggio a Siviglia, per motivi di lavoro, sinchè non gli giunse dalla città una delegazione del Consiglio municipale che lo invitava a ritornarvi definitivamente; il che l'artista fece nel 1628, sanzionando poi il trasferimento con una serie di contratti. Ha così inizio il periodo più tipico e fecondo dell'attività pittorica dello Zurbaran: senza rinnegare del tutto l'iniziale realismo, L'apoteosi di S. Tommaso d'Aquino del 1631, ad esempio, benché di dimensioni più grandi del vero, è in effetti il ritratto dell'elemosiniere della chiesa per cui fu dipinto il quadro e le Sante che egli effigia sovente riproducono i tratti di giovani sivigliane - egli tese tuttavia ad una maggior sintesi compositiva, conferendo pose solenni e naturali alle poche figure che inseriva nelle sue opere. Ne scaturì un'austera gravità densa di misticismo ed un raro senso di sincerità per cui sembrava che il pittore si preoccupasse più di rappresentare quel che vedeva che non dei modi di tradurlo in forma. Nel 1628 una commissione venutagli dal convento de La Merced, di Siviglia, per una serie di quadri sull'allora appena canonizzato S. Pietro Nolasco, gli fornì l'occasione che da tempo attendeva ed egli poté divenire così il pittore della vita monastica, mistica ed ascetica e lui stesso, in quell'occasione, si fece terziario francescano.
Nominato nel 1629 pittore della città di Siviglia dal Consiglio Municipale, subì le proteste di Alonso Cano e di altri artisti rivali. Ma cinque anni dopo fu invitato a Madrid da re Filippo IV per eseguire una serie di dipinti destinati al «Buen Retiro», una nuova dimora reale e fu quindi eletto pittore di corte. Morta nel 1639 la sua seconda moglie, Zurbaran tornò a sposarsi ma non ritrovò più quell'equilibrio che gli aveva permesso di realizzare i suoi capolavori per le Congregazioni religiose di Siviglia, di Jerez e di Guadalupe. Per venticinque anni ancora egli visse ed operò tra Siviglia e Madrid, ma forse anche per effetto del grande successo sivigliano di Murillo e per il vano tentativo di gareggiare con lui e magari di superarlo negli effetti patetici, l'arte dello Zurbaran fatalmente declinò.

Achille della Ragione

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