Nei giorni scorsi è stato assegnato da una giuria composta dai direttori dei principali giornali italiani il premio Indro Montanelli alle 10 migliori lettere inviate dai lettori e tra queste ben tre sono state compilate dal sottoscritto, che vuole proporle ai suoi seguaci invitandoli a meditare.
Sempre meno figli: fine di una civiltà
Uno
dei motivi principali che condurranno al declino della nostra civiltà è
costituito dalla scarsa quanto nulla volontà delle donne di fare figli. A
tutto anelano: studiare, lavorare, passare da un rapporto di assistenza
per l’infanzia per agevolare le madri che si ostinano a lavorare. Ma
bisogna fare presto, perché entro 10 – 15 anni non si potrà più fare
nulla ed il declino demografico sarà irreversibile.
Achille della Ragione
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Venerdì di Repubblica 10 maggio 2019 - Rubrica Questioni di cuore - pag.10-11 |
Lei mi ha scritto altre volte della sua vita tribolata, e per questo pubblico la sua lettera, anche per richiamarla alla realtà. Ma cosa le hanno fatto le donne perché lei pensi, e scriva, che il loro compito Paese: fuori c'è un mondo da capire e accettare, soprattutto con cui collaborare perché non i popoli più poveri, ma i più ricchi, i più avanzati, i più forti, possono invaderci e assaltare la nostra economia.
Natalia Aspesi
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Il Mattino 11 maggio 2019, pag. 42 |
Caro Achille, il calo demografico del nostro Paese è allo stesso tempo l'origine e l'effetto di tutti i mali italiani. Il numero medio di figli per donna nel 2018 (fonti Istat) è stato 1,34. Abbiamo però avuto momenti peggiori. Il punto più basso in termini di fecondità è stato toccato nel 1995: le donne avevano 1,19 figli di media.
Colpa degli scarsi investimenti per conciliare lavoro e famiglia per le donne? Verissimo.
Certo ci vorrebbero più asili, orari flessibili, servizi di sostegno e permessi speciali. Ma anche nei paesi europei dove si spendono più denari per la famiglia non si assiste certo a un boom della natalità,
C'è allora un aspetto culturale che spesso viene sottovalutato: l'egoismo strisciante nella società moderna e appagata della Vecchia Europa.
Le donne, come gli uomini, si dedicano più a loro stessi. Al lavoro, al tempo libero, ai social.
Fare figli è un atto di generosità, un impegno che dà gioia ma che richiede anche tanto impegno e tempo da dedicare. E oggi abbiamo fatto di tutto per averne sempre meno.
Federico Monga |
il Mattino pag.42 - 13 febbraio 2020 |
Attenti alle religioni
Le religioni nascono tutte, nessuna esclusa, dalla fertile fantasia dell’uomo, per esorcizzare la sua paura nei confronti della morte, creando ipotetici quanto improbabili paradisi, ove trascorrere in pace e letizia un tempo infinito in confronto al breve percorso terreno.
Esse impongono delle regole di comportamento di alto valore morale, estremamente utili alla formazione della vita comunitaria prima ed alla nascita dello Stato in epoca successiva.
“Onora il padre e la madre” è il fondamento su cui si basa la famiglia, “Non uccidere” se rispettato avrebbe evitato le guerre, “Non rubare” se osservato avrebbe precluso la nascita dei partiti politici. E potremmo continuare a lungo.
Le religioni orientali ci hanno insegnato il rispetto per gli animali e per le piante che ci circondano. L’Islam ha predicato e predica una posizione subalterna della donna, che l’Occidente da tempo ha dimenticato.
A fronte di questi vantaggi la competizione tra le religioni è stata sempre spietata. Possiamo ricordare le Crociate, ma tra gli stessi Cristiani la guerra dei 30 anni ed oggi, in area islamica, la spietata competizione tra Sciti e Sunniti, che mette in serio pericolo la pace mondiale.
Le religioni sono dure a morire e nonostante il processo di secolarizzazione da tempo in atto in Occidente continueranno a lungo ad ingannare e ad illudere l’uomo, schiavo delle sue paure.
E voglio concludere chiedendo scusa alle donne ed al Pontefice per quanto ho dichiarato.
Achille della Ragione
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Il Mattino pag.38 - 6 dicembre 2019
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Incoraggiamo il suicidio
Il tema di cui tratteremo è sicuramente scabroso, ma invito i lettori a meditare sugli innegabili vantaggi economici e sociali che scaturirebbero se prendesse piede la cultura del suicidio, quando la vita non è più degna di essere apprezzata. Il Cristianesimo condanna il suicidio e lo stesso è per le altre religioni monoteiste, mentre le culture orientali sono più tolleranti, dalle vedove che dovevano morire assieme al marito nei roghi purificatori, ai samurai (fig.1),
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fig.1 - Suicidio samurai |
che quando il loro onore era compromesso preferivano la morte alla vita, fino all’esaltazione di una morte gloriosa che perseguivano i kamikaze, i quali si scagliavano impavidi contro le navi nemiche durante l’ultima guerra mondiale. Analogo fu il gesto dimostrativo di Jan Palach, compiuto a Praga in piazza San Venceslao col suicidio dopo l'invasione della Cecoslovacchia da parte del patto di Varsavia nell'agosto del 1968, durante la cosiddetta primavera di Praga.
Gli antichi filosofi greci consideravano il suicida un disertore dalla vita, e la legislazione ateniese ne esponeva pubblicamente la salma al vilipendio della cittadinanza, mentre del tutto antitetica è invece la posizione della filosofia stoica, che più di ogni altra difende il diritto al suicidio.
Se esaminiamo il mondo animale, regolato da leggi perfette, ideate da una mente suprema ed infallibile, potremmo citare numerosi esempi, il più famoso, quello degli elefanti, che, diventati vecchi o malati, abbandonano il branco per morire in solitudine.
La letteratura si è dichiarata da sempre favorevole al suicidio, dalle tragedie greche ai romanzi di Dostoevskij.
Il suicidio ha sempre affascinato gli scrittori e gli artisti in generale. Tra letteratura e filosofia, Dante Alighieri nella Divina Commedia colloca i suicidi all'Inferno nel cerchio dei violenti contro sé stessi (XI,40-45), dove condanna Pier della Vigna. Giustifica tuttavia Catone, uccisosi a Utica (fig.2),
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fig.2 - Giovanni Battista Langetti - Suicidio di Catone |
collocandolo nel Purgatorio in quanto autore di un gesto eroico di libertà "politica", poiché aveva rinunciato alla vita pur di non sottomettersi al regime di Giulio Cesare. Virgilio si rivolge lui, quale custode dell'accesso al monte del Purgatorio, per presentargli Dante stesso in cerca di libertà:
«Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.»
(Purgatorio - Canto primo, versi 70-72)
Qualche esempio classico della trattazione del suicidio in letteratura può essere la tragica conclusione di Romeo e Giulietta (1600 circa) di William Shakespeare o I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe (1774) o le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo considerato il primo romanzo epistolare della letteratura italiana (1801), dove il protagonista si uccide, atto che è insieme una liberazione e una protesta: liberazione dal dolore e protesta contro la natura, che ha destinato l'uomo all'eterna infelicità. Nel pensiero di Vittorio Alfieri c'è una visione eroica del suicidio quale estremo atto di libertà. Il tema del suicidio ricorre spesso nelle Operette morali (per esempio nel Dialogo di Plotino e di Porfirio) di Giacomo Leopardi (1827), in cui il poeta fa una distinzione su quelli che potevano essere i motivi di suicidio per le genti del passato e quelli della sua epoca e fu argomento di ispirazione per Madame Bovary di Gustave Flaubert (1856). Capolavori della letteratura russa, quali I demoni (1871) e il racconto La mite (1876), entrambi di Fëdor Dostoevskij (1871), e Anna Karenina di Lev Tolstoj (1877), trattano il tema del suicidio.
Potremmo citare il nome di centinaia di personaggi celebri, che hanno scelto il suicidio come degno finale del loro percorso terreno; tra i tanti ricordiamo: Cleopatra (fig.3),
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fig.3 - Artemisia Gentileschi- Suicidio di Cleopatra |
Lucrezia, Catone, Nerone, Van Gogh, Salgari, Hemingway, Dalila, Tenco, Edoardo Agnelli e Marilyn Monroe (fig.4).
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fig.4 - Marilyn Monroe |
Concludiamo rendendo nota una recente sentenza della Corte Costituzionale (fig.5), che finalmente ha collocato l’Italia nel novero dei Paesi civili, dichiarando che l’assistenza a chi vuole concludere prematuramente la propria vita non è reato.
Ed allora chi è gravemente ammalato, da tutti abbandonato e senza speranze, cosa aspetta a concludere la sua inutile esistenza con un gesto coraggioso quanto nobile, che apporterà tangibili benefici alla società, Inps in primis.
Achille della Ragione |
fig.5 - Consulta |