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mercoledì 12 maggio 2021

Una Crocifissione di Andrea da Salerno


fig.1 - Andrea da Salerno - Crocifissione -
Napoli, collezione privata

Appena ho visionato il dipinto di cui tratteremo in questo articolo, raffigurante una Crocefissione (fig.1), conservato da secoli presso una nobile quanto decaduta famiglia napoletana, ho subito percepito un afrore di pittura napoletana ed ho collocato l’opera nei primi decenni del Cinquecento. Ho esaminato la parte posteriore del dipinto (fig.2), costituito da una tavola in perfetto stato di conservazione ed ho osservato con attenzione il paesaggio sullo sfondo e finalmente sono riuscito ad identificare l’autore in Andrea da Salerno, un artista entrato nella bottega del sommo Raffaello con il quale ha collaborato nella decorazione delle stanze vaticane. Il biografo settecentesco Bernardo de Dominici dedicò ad Andrea Sabatini da Salerno, una lunga e dettagliata biografia ad apertura del secondo tomo de Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani.
Ma la massima autorità sull’artista è il professor Pierluigi Leone de Castris, il quale in una sua monografia così lo descrive: «Assurto dapprima a “condiscepolo” e poi ad allievo diretto del Sanzio, la sua canonizzazione dunque a vero “Raffaello” di Napoli nelle parole del biografo settecentesco, ed ancora il suo precoce recupero critico nel secondo Ottocento […] fanno di Andrea un caso a sé stante dentro quella che Giovanni Previtali definiva la “questione meridionale”, dentro cioè a quell’ombra lunga di appannamento, svalutazione ed ignoranza che ha coperto sino ad anni recenti, e in parte ancora copre, le vicende artistiche del secolo forse più sfortunato nella conoscenza della storia dell’arte del meridione d’Italia».
A dare maggiore peso alla mia attribuzione mi è giunto il conforto del celebre antiquario Michele Gargiulo e dell’illustre professore Pietro Di Loreto, il quale ha affermato perentoriamente che la famosa Crocifissione (fig.3) di Giorgio Vasari, conservata a Napoli nella chiesa di San Giovanni a Carbonara è stata eseguita dall’artista avendo come fonte ispirativa il quadro che stiamo esaminando.
Concludiamo ora fornendo al lettore alcune notizie biografiche sull’artista, tanto bravo, ma poco conosciuto.
Su Andrea da Salerno, nulla vi è di certo riguardo alla sua formazione. Il pittore e storico dell'arte Bernardo De Dominici, nella sua opera Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani (1742) ipotizza che egli   si sia formato presso Raimondo Epifanio Tesauro (c.1480-1511), pittore napoletano che godette di una certa reputazione presso i suoi contemporanei. Lo stesso De Dominici riferisce di una precedente ipotesi circa l'apprendistato di Andrea presso Antonio Solario, detto lo Zingaro, (o presso allievi di quest'ultimo), ipotesi che ad avviso dello stesso storico è da rigettare anche per ragioni cronologiche. Sempre secondo il racconto del De Dominici, Andrea si recò a Roma per studiare le opere del Perugino, in quanto fortemente colpito dalla Pala dell'Assunta del Vannucci, dipinta nel 1506 e collocata nel duomo di Napoli, dove tuttora si trova. Una volta a Roma però, Andrea sarebbe entrato nelle grazie di Raffaello e da questi reclutato nella équipe di pittori da lui coordinata per la decorazione delle stanze vaticane.
Attendibile o meno che sia questo racconto, l'influenza raffaellesca sull'opera del Nostro, desumibile dall'analisi delle sue opere, è largamente condivisa. D'altro canto, anche a prescindere da questa ipotetica collaborazione, l'opera di Raffaello era nota a Napoli in virtù della presenza in città, presso la chiesa di San Domenico Maggiore, della Madonna del Pesce dipinta dall'Urbinate nel 1514. Tuttavia, nell'attività iniziale di Andrea da Salerno, in particolare nelle prime opere rimasteci si evidenziano soprattutto ascendenze del Perugino e del Pinturicchio e, poi, anche del leonardesco Cesare da Sesto, pittore milanese attivo nel Meridione. Testimonia questa influenza iniziale anche la circostanza che la Natività, attualmente esposta alla pinacoteca provinciale di Salerno, a lungo ritenuta pacificamente opera del Sabatini, è stata attribuita (nel 1985) da alcuni studiosi a Cesare da Sesto. La decisa adesione allo stile di Raffaello sarebbe stata, quindi, una scelta della maturità artistica di Andrea, orientativamente collocabile alla metà del secondo decennio del Cinquecento (Abbate, 2009).
Stando ancora al De Dominici, Andrea, a Napoli, avrebbe stretto anche un sodalizio artistico con Polidoro da Caravaggio, rifugiatosi nel Regno dopo il Sacco di Roma. L'attività artistica del pittore si è svolta prevalentemente in un'area oggi collocabile tra le provincie di Napoli e Salerno e nel territorio del basso Lazio. Negli anni finali della sua vita fu impegnato nell'abbazia di Montecassino dove, con l'aiuto dei suoi discepoli Giovanni Filippo Criscuolo e Severo Ierace, realizzò divers tavole raffiguranti la vita di san Benedetto.    Nello stesso periodo operò anche a Gaeta, dove presumibilmente morì, decorando il santuario della Santissima Annunziata. Quest'ultimo cantiere fu proseguito dal Criscuolo, mentre i lavori presso l'abbazia di Montecassino furono continuati dallo Ierace.
A Gaeta è conservato, nel coro del santuario dell'Annunziata, un grande polittico con temi mariani negli scomparti principali Annunciazione e Dormitio Virginis, probabilmente l'ultima fatica d Andrea da Salerno.


Achille della Ragione


fig.2 - Andrea da Salerno - Crocifissione -
(parte posteriore del quadro)
Napoli, collezione privata

 

 

fig.3 - Giorgio Vasari - Crocifissione -
Napoli , chiesa di San Giovanni a Carbonara

 


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