Pagine

domenica 7 marzo 2021

L’ospedale dei Pellegrini: un connubio tra storia, arte ed assistenza

 

fig.1 - Cortile ed ingresso dell'Arciconfraternita dei Pellegrini

Tra i tesori di Napoli un posto di rilievo è occupato dall’Arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini (fig.1–2), splendido esempio di fede, carità ed arte rimasto immutato dal Cinquecento ai nostri giorni. Situata nel cuore della Napoli antica, nella Pignasecca (fig.3-4), svolge le sue funzioni con rinnovato vigore e rappresenta con le sue straordinarie opere d’arte, una meta tra le più importanti per gli appassionati di architettura, scultura e pittura.
Nel Seicento a Napoli l’emergenza della povertà era grave quanto e più di oggi, soltanto che allora mancava l’intervento dello Stato e malati e derelitti potevano sperare unicamente sull’aiuto che nobili disinteressati ed animati da pietà cristiana portavano loro attraverso sodalizi, molti dei quali giunti fino ai nostri giorni, a testimoniare tangibilmente che il problema è rimasto sostanzialmente immutato.
L’Arciconfraternita fu fondata da sei artigiani nel 1578, uno dei quali, Bernardo Giovino, fu il promotore dell'iniziativa, per assistere i tanti pellegrini che nel corso dei loro lunghi viaggi sostavano nella città  e nello statuto ci si ispirava ai nuovi principi caritatevoli promulgati da San Filippo Neri, immortalato in uno dei tanti splendidi dipinti (fig.5) conservati nella chiesa, il quale nel 1548 aveva fondato a Roma la Confraternita dei pellegrini e dei convalescenti. Alla missione caritatevole verso i diseredati si associava una profonda fraternitas tra i membri del sodalizio, che si completava con il rito estremo della sepoltura.   
La prima sede venne aperta nel 1579 presso il convento di S. Arcangelo a Baiano, poco dopo, stante il costante aumento del numero dei pellegrini che chiedevano asilo, fu trasferita in locali più ampi posti nei dintorni di S. Pietro ad Aram, zona non lontana dalla attuale stazione centrale di Napoli ed infine ci si trasferì sui poderi alla Pignasecca di Camillo Pignatelli di Monteleone, nipote di Fabrizio Pignatelli (fig.6), immortalato da Michelangelo Naccherino, nella contigua chiesa di S. Maria di Materdomini. Egli aveva già fondato sul suo suolo un ospedale per pellegrini con annessa una piccola chiesa.   Alcuni anni addietro, all’incirca nel 1570, don Fabrizio Pignatelli, esponente dei duchi di Monteleone,  aveva voluto  progettare la costruzione di una casa destinata ai pellegrini di passaggio nella città partenopea su di un terreno di sua proprietà ubicato nel quartiere della Pignasecca, nei pressi di via Portamedina. Quest’ultimo, però, poté assistere solo alla costruzione della chiesa che volle fosse dedicata alla Madonna di Materdomini, in quanto  morì nel 1577, ovvero qualche anno prima dell’inizio dei lavori per la realizzazione della casa d’accoglienza. Don Fabrizio  lasciò, in eredità,  la chiesa, il suolo ed una cospicua somma in denaro.
Gli esecutori testamentari devolsero, pertanto, il lascito alla Confraternita dei Pellegrini che, intanto, aveva già ottenuto il titolo di Arciconfraternita in virtù della sua attività caritatevole verso il prossimo. Cosicché nel 1591, ci fu l’ultimo e definitivo trasferimento nel nuovo edificio fatto costruire in via Portamedina.
Estesa ben presto la sua assistenza anche ai convalescenti, l'Arciconfraternita rivolse, sul finire del 1700, la sua opera alla cura degli ammalati poveri, che progressivamente presero nel suo ospedale il posto dei pellegrini, il cui numero, per mutate forme di vita, andava diminuendo. L’ospedale sanitario, succeduto a quello dei pellegrini, fu indirizzato nel 1815, al soccorso dei feriti, mentre furono istituiti gli ambulatori per cure e consultazioni mediche ed un dispensario di medicine, il convalescenziario fu esteso agli ammalati cronici.
E tutto ciò avveniva nell'assolvimento dell'istituzionale opera di carità, con spirito immutato.
Negli anni le strutture murarie hanno subito vasti ampliamenti fino alla fine del Settecento vedendo all’opera generazioni di architetti e furono ampliati anche i reparti. 

 

fig.2 -Augustissima Arciconfraternita-
SS. Trinita dei Pellegrini - Scalone d'ingresso

fig. 3 - La Pignasecca

fig.4 - Folla davanti all'ospedale

fig.5  - Giacinto Diano -
S. Filippo neri accoglie i pellegrini

fig.6 - Michelangelo Naccherino -
Statua di Fabrizio Pignatelli

Possiamo ora ammirare alcune foto di archivio che ci mostrano la prima il Pronto soccorso (fig.7) nel 1922 e la seconda una corsia gremita di malati (fig.8) e le possiamo paragonare con alcune scattate di recente e fare gli opportuni paragoni.
Vediamo prima come appare oggi l’ingresso al Pronto soccorso (fig.9), una corsia munita di moderne attrezzature (fig.10) ed un gruppo di medici (fig.11): le dottoresse non sono proprio bellissime, ma posso assicurarvi bravissime.    
Ricostruito l'ospedale di Via Portamedina dopo le distruzioni arrecategli dal conflitto 1940-43, ampliandone l'attività in tutti i settori clinici, l'Arciconfraternita si volse a costruirne un altro, che volle ubicare sulla collina di Capodichino, per andare incontro ai residenti delle zone periferiche ed extraurbane. Nasce così una splendida quanto efficiente struttura, che dopo essere conosciuta per anni come Nuovo Pellegrini, da tempo ha assunto un nome preciso con l’intitolazione a San Giovanni Bosco. Non ci dilungheremo nella descrizione, mostreremo alcune foto (fig.12-13-14) e ricorderemo alcuni illustri sanitari che ivi hanno prestato la loro opera: l’oculista Salvatore Mazzeo, un vero mago nel trattamento della cataratta e l’internista Santi Corsaro, divulgatore della medicina vegana, da poco in pensione, ma ancora attivo e ricercatissimo nel suo studio privato.      
Anni dopo, con l'affermarsi di una nuova politica nel campo della sanità, l'attività ospedaliera veniva affidata agli enti pubblici. Ed in forza delle relative disposizioni di legge anche l'Arciconfraternita doveva trasferire, nel 1971 senza indennizzi, a tali enti i suoi due ospedali ed il suo convalescenziario.
Ma, pur se aveva così dovuto concludere il suo fecondo e secolare periodo ospedaliero, l'Arciconfraternita manteneva inalterata la sua opera di fede e di carità verso i sofferenti e ricercava nuove strade sulle quali i suoi principi di umanità potessero avere la loro continuità e possiede ancora un ambulatorio gratuito, al quale collabora l’illustre ginecologa Antonella Sepe ed un dopo scuola per i bambini del rione, ai quali dispensa in egual misura cultura ed amore la valente professoressa Elvira Brunetti, diletta sposa del più illustre dei napoletanisti in circolazione.     

 

fig.7  - Il pronto soccorso nel 1922

fig.8 - Una corsia dell'ospedale nel 1922

fig.9 - Ingresso  Ospedale dei Pellegrini

fig.10 - Una corsia dell'ospedale nel 2021

fig.11 - Il personale medico

fig.12 -  Ingresso ospedale San Giovanni Bosco

fig.13 - Indicazione dei reparti ospedale San Giovanni Bosco



fig.14 - Pronto soccorso ospedale San Giovanni Bosco

fig.15 - Targa Arciconfraternita dei Pellegrini - Complesso Museale

Prima di descrivere le tante opere d’arte conservate nell’Arciconfraternita (fig.15) vogliamo parlare degli abiti indossati dai confratelli rosso fuoco, a rimembrare il sangue versato da Cristo, dotati in alcune occasioni di un ampio cappuccio che ricopre completamente il volto, in maniera tale da permettere l’opera di carità nel completo anonimato. Anche molti altri oggetti, dal bastone del Primicerio al pallium, che funge da drappo funerario per coprire la bara, sono il segno tangibile di una serie di antichi simboli, che colpirono la fantasia di un celebre visitatore straniero come Alexandre Dumas, ma anche oggi,  nella loro enigmatica valenza, non possono sfuggire all’attenzione dei contemporanei, per quanto distratti dal frastuono dell’attualità.      
 A capo dell’Arciconfraternita vi è un Primicerio, carica occupata da anni con passione e competenza da Vincenzo Galgano (fig.16), già Procuratore generale della Repubblica di Napoli e per anni assiduo ascoltatore delle mie conferenze nei Rotary cittadini, mentre per far parte della consorteria vi è una gara spasmodica tra imprenditori, intellettuali e nobili della città e tra i privilegiati vogliamo presentarvi uno dei soci più affezionati: l’integerrimo magistrato Giorgio Pollio, il più assiduo lettore dei miei libri, immortalato in due foto: la prima (fig.17) con la diletta figlia Nicoletta, la seconda (fig.18) con il notaio Gaetano Romano, sotto lo sguardo benevolo della Madonna.               
 I tanti di dipinti conservati tra la chiesa (fig.19) ed i locali contigui costituiscono un vero e proprio museo, organizzato con amore e competenza dal suo direttore: il dottor Antonio Daldanise.  Doveroso menzionare opere di grande fattura: passiamo dalle atmosfere cupe di Jusepe De Ribera, ai colori freddi delle figure vereconde di Andrea Vaccaro (fig.20), passando per la dolce Madonna col bambino di Giuseppe Bonito (fig.21) ed il San Gennaro che intercede per la città di Napoli (fig.22), capolavoro di Onofrio Palumbo e Didier Barra. Ma il vero trionfo del cromatismo è nel coro della chiesa dove una spettacolare pala d’altare di Francesco De Mura (fig.23) si trova in piacevole compagnia con due superbi lavori di Paolo De Majo (fig.24). 


Achille della Ragione 

  

fig. 16 - Il Primicerio Vincenzo Galgano,
giá Procuratore generale della Repubblica di Napoli,

fig. 17 - L'illustre magistrato Giorgio Pollio
con Nicoletta, la figlia prediletta

fig.18 - Il notaio Gaetano Romano
ed il magistrato Giorgio Pollio

fig.19 -Chiesa della SS. Trinita dei Pellegrini, pavimento

fig. 20 - Andrea Vaccaro - Calvario

fig.21 - Giuseppe Bonito -
Madonna con Bambino e San Giovannino

fig.22 - Onofrio Palumbo - Didier Barra -
San Gennaro intercede  presso la Trinitá per Napoli

fig.23 - Francesco De Mura -
La Madonna intercede presso la Trinitá per le anime purganti

fig.24 - Il coro con al centro De Mura
ed ai lati S. Matteo e S. Marco di Paolo de Majo

2 commenti:

  1. Caro Achille come sempre ho apprezzato questo bell'esempio di storia e arte sanitaria con opere mirabili. Senz'altro hai qualcosa anche sull'ospedale degli incurabili... me la manderesti? ho inserito un pò di vita ospedaliera degli incurabili( compreso i reparti per le sifilitiche e la pazzaria) nel mio libro sulle sette opere di misericordia del Caravaggio a Napoli. Uno dei sette giovani aristocratici fondatori del Pio Monte, Giovan battista Manso, amico del Tasso (di cui compose anche una biografia) e gran letterato e benefattore, svolgeva il suo servizio presso gli incurabili...
    grazie come sempre per la tua immensa sapienza e cortesia
    Antonio Giordano

    RispondiElimina
  2. Sempre cose interessanti e belle. Grazie dottore
    Giuliana Gualandi

    RispondiElimina