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martedì 1 settembre 2020

Il Cavone, alias via Francesco Saverio Correra

fig.1 - Chiesa di Santa Monica  (facciata)


Il Cavone  ufficialmente porta il nome di Francesco Saverio Correra, celebre giurista vissuto nell’Ottocento, ma nessuno lo sa, quanto meno gli abitanti di questa impervia strada, che, con una notevole pendenza, congiunge via Salvator Rosa a Piazza Dante.  Lo descriveremo partendo dall’alto, all’altezza della chiesa di Santa Monica (fig.1-2) che protrude nella discesa per un lungo tratto con il suo monastero, in grado di contenere centinaia di suore, mentre ne conta meno di dieci, un vero scandalo, perché la struttura potrebbe ospitare barboni o immigrati.
Pochi passi e si incontra il fondaco Santa Monica (fig.3), abitato da decenni da dodici famiglie, “un alveare incastrato in un arco slanciato come un missile che evoca Piranesi”. Abbiamo preso in prestito la definizione di Pietro Treccagnoli, il più grande napoletanista in circolazione, assieme a Vittorio Del Tufo, che nel suo libro La pelle di Napoli, dedica un capitolo all’argomento dal significativo titolo: Un paradiso capovolto.
Continuiamo a scendere seguendo il senso di marcia delle auto, che devono evitare con abilità decine di motorini che sfrecciano contro mano, incuranti del divieto (fig.4). La strada è incastrata in un torrente di case, fondaci (fig.5) che diventano palazzi, tunnel che conducono in cortili, gradoni che portano a terrazzi con isole di verde, dai quali si possono ammirare panorami mozzafiato. Questo dedalo intricato fu descritto con amore da Paola Randi nel suo film “Into Paradiso”, girato anni fa quando già i nativi erano minoranza rispetto ai pacifici cingalesi. La prima invasione ci fu dopo la guerra, quando in zona si trasferirono gli sfollati del Borgo di Sant’Antonio Abate, che avevano perso la casa a seguito dei bombardamenti.
Fino agli anni Cinquanta la strada era percorribile solo a piedi, perché vi erano dei gradoni che furono eliminati da Achille Lauro negli anni in cui era sindaco. 

 

fig.2 - Chiesa di Santa Monica (interno)

fig.3 - Fondaco Santa Monica


fig.4 - Paesaggio spettrale
 
fig.5 - Cavone, motorini in quantitá

Da sempre la plebe abitava la parte alta, mentre borghesi e professionisti occupavano i palazzi più in basso. Tra questi è rimasto oramai solo il celebre giornalista de Il Mattino Pietro Gargano, essendo da pochi mesi passato a miglior vita il noto avvocato Salvatore Maria Sergio, editore della rivista Scacco, dedicata al nobile gioco, la quale per oltre 10 anni ha avuto l’altissimo onore di pubblicare ogni mese un mio articolo.
Questa suddivisione in due zone è rimasta solo per lo spaccio della droga ed a segnare il confine tra eroina e fumo vi è la statua di S. Anna (fig.6).
In passato, ricordato da una lapide, ha vissuto l’erudito editore Riccardo Ricciardi, amico fraterno di Benedetto Croce.
Nella parte terminale della strada esiste un gigantesco garage ricavato da una caverna nel tufo, che durante la guerra ha funzionato come efficace rifugio antiaereo, utilizzato più volte dai miei genitori, i quali mi raccontavano che arrivava fin nei pressi della piazzetta antistante il teatro Augusteo.
Poco più avanti si incrocia sulla destra la strada che conduce alla chiesa che ha dato il nome al quartiere: l’Avvocata che sorge nel XVI secolo quando il carmelitano padre Alessandro Mollo la fece costruire con un piccolo convento attiguo. Alla fine del secolo, attorno al 1680, il cardinale Alfonso Gesualdo comprò il complesso e lo elevò a parrocchia. Fu rimaneggiata nei secoli successivi, entrando innanzitutto nel novero delle numerose chiese barocche della città: lo testimonia soprattutto la facciata (fig.7), decorata a stucco e di difficile attribuzione: alcuni documenti la riterrebbero opera di Dionisio Lazzari, tuttavia si è concordi nell'attribuirla ad un allievo di Domenico Antonio Vaccaro.    
In seguito allo spostamento della sede parrocchiale nella vicina chiesa di San Domenico Soriano accolse la Congregazione degli Studenti.     
La chiesa conserva un pregevole interno (fig.8) ricco di decorazioni e festoni. Esso è costituito da una pianta rettangolare ed altare maggiore in marmi policromi. L'interno ha un'accentuata similitudine con la non lontana chiesa di Sant'Antonio a Tarsia. Sono presenti affreschi e tele di vari pittori settecenteschi e di Vincenzo Galloppi. Sulla lato sinistro della facciata, c'è una porta che permette di accedere agli ambienti della Confraternita del Santissimo Sacramento all'Avvocata; dove spiccano degli affreschi eseguiti da Andrea dell'Asta, ma commissionati originariamente al Solimena.
Siamo giunti alla fine del percorso (fig.9–10) e sulla destra, ridotta in condizioni pietose possiamo osservare la famosa Conigliera (fig.11) di Alfonso II d’Aragona, che la fece costruire nel Quattrocento e la utilizzava come casino di caccia.
Il progetto fu redatto da Giuliano da Maiano che realizzò, secondo gli scritti di Giovanni Battista Chiarini, un edificio difettoso, cioè senz'aria e senza giochi d'acqua (per via delle cattive condizioni della zona).
L'edificio è diventato poi di proprietà dei principi di Leporano, che rimaneggiarono l'edificio lasciando il cortile in piperno e una conchiglia incavata che ospitava lo stemma dei Muscèttola, poi rimosso agli inizi del XX secolo. Di notevole è rimasto solo il cortile in piperno ad arcate; questo venne successivamente chiuso per far posto a botteghe, ma dell'antica struttura del cortile si possono notare le nicchie che probabilmente ospitavano busti e decorazioni pregiate.
 

 

fig.6 - A metá strada


fig.7 - Chiesa dell'Avvocata (facciata)
 

fig.8 - Chiesa dell'Avvocata (interno)

fig.9 - Fine del percorso

fig.10 - Inizio  del percorso da via Pessina con divieto di transito

fig.11 - Palazzo Luperano

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