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martedì 10 dicembre 2019

Tre interessanti inediti del Settecento napoletano

tav. 1 - Lorenzo De Caro - Madonna col Bambino -
49 x63 - Benevento, collezione privata



Abbiamo avuto il raro privilegio di visitare una importante collezione beneventana, ricca di dipinti napoletani, prevalentemente settecenteschi. Cominciamo la nostra entusiasmante carrellata illustrando una Madonna col Bambino (fig.1) di rara potenza espressiva, assegnabile con certezza al pennello di Lorenzo De Caro, per cogenti affinità stilistiche e per il prelievo letterale del cromatismo da altri dipinti documentati dell'artista, tra cui Il martirio di un santo, conservato a Napoli nella prestigiosa collezione della Ragione.
Lorenzo De Caro fu insigne pittore del glorioso Settecento napoletano, anche se fino ad oggi conosciuto solo dagli specialisti e dagli appassionati più attenti. Una serie di dipinti presentati sempre più di frequente nelle aste internazionali, una recente piccola monografia ed alcune fondamentali scoperte biografiche costituiranno un viatico per una sua più completa conoscenza da parte della critica ed una maggiore notorietà tra antiquari e collezionisti. Verso la fine degli anni Cinquanta si manifesta il momento migliore nella sua produzione, al quale appartiene il quadro in esame, quando, pur partendo dagli esempi del Solimena, ne scompagina la monumentalità attraverso l’uso di macchie cromatiche di spiccata luminosità e, rifacendosi ai raffinati modelli di grazia del De Mura, perviene ad esiti di intensa espressività, preludendo l’eleganza del rocaille.
Il secondo dipinto che esaminiamo, raffigurante un’Incoronazione della Vergine (fig.2), per le sue ridotte dimensioni, va considerato un modello preparatorio, per una più grande pala d’altare e l’autore è uno degli artisti più celebri nell’ampio panorama figurativo all’ombra del Vesuvio.
Pittore ammirato e celebrato anche fuori d’Italia, sebbene abbia trascorso l’intera sua lunga e operosa vita a Napoli, Francesco Solimena, detto l’Abate Ciccio (Canale di Serino 1657-Barra Napoli 1747) è da considerarsi il caposcuola della pittura napoletana del Settecento. Più che da Luca Giordano, Solimena, che apprese l’arte nella bottega paterna, guardò fin dall’inizio alle opere del Lanfranco da cui desunse il saldo modellato delle sue figure, e di Mattia Preti, al quale si ispirò invece nella ricerca dei contrastati effetti luministici. Con Luca Giordano si confrontò invece nelle grandi imprese decorative, come le pitture della sagrestia di San Paolo Maggiore(1689-1690), rivelando tutto il suo talento di organizzatore di grandiose scenografie architettoniche (Solimena fu anche architetto), che si manifesta anche in dipinti di minori dimensioni. Dopo un viaggio a Roma, dove ebbe contatti con il Maratta ed altri esponenti della corrente classicista, Solimena consolidò in quella direzione il suo stile, eseguendo opere come la “Cacciata di Eliodoro” (1725) nella Chiesa del Gesù nuovo e gli affreschi della Cappella di San Filippo Neri ai Gerolomini (1727-1730), che rimarranno esemplari per i suoi numerosi allievi e seguaci. Tra questi primeggiarono Corrado Giaquinto, Sebastiano Conca, il quale lavorò a Roma in ambiente classicistico, a Torino, e poi volgendo a modi giordaneschi, col suo rientro a Napoli nel 1751. Ma soprattutto Francesco De Mura (Napoli 1696-1782), il più fedele, almeno agli inizi, allo stile del maestro, autore di vasti cicli di affreschi a Montecassino (perduti) ed a Napoli ed al quale appartiene la terza composizione che presentiamo ai nostri lettori, raffigurante un placido Fanciullino dormiente (fig.3).
Ci troviamo al cospetto di un notevole inedito, il quale, sembra immerso in un sonno profondo e non accorgersi della benevola ammirazione dell’osservatore. Appare in profonda meditazione con gli occhi, per quanto chiusi, rivolti al cielo, alla ricerca di ispirazione, mentre le mani con le dita ossute, rappresentano la firma criptata del suo esecutore.
Questo dettaglio, apparentemente secondario, ci permette viceversa di avanzare il nome di Francesco Di Mura come autore della tela, tanto sorprendente è la somiglianza nella articolazione delle dita con il “Beato Francesco De Girolamo”, conservato nella quadreria del Pio Monte della Misericordia, facente parte del lascito del pittore alla sacra istituzione e che Raffaello Causa datava al 1758.
Le dimensioni ridotte del dipinto fanno propendere per una destinazione di devozione domestica e proprio questa particolarità  permette di istituire ulteriori raffronti con altre composizioni del sommo pittore, sempre conservate nella quadreria del Pio Monte, caratterizzate da una spiccata luminosità dell’incarnato e da una tavolozza densa di preziose tessiture cromatiche, a dimostrazione della varietà espressiva dell’artista.


Achille della Ragione


tav. 2 - Francesco Solimena - Incoronazione della Vergine - 
29 x39 - Bnevento, collezione privata


tav. 3 - Francesco De Mura - Fanciullino dormiente -   
63 x51 - Benevento, collezione privata

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