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martedì 29 ottobre 2019

Un’opera d’arte su cui meditare

fig.1 - Opera d'arte


Un facoltoso collezionista casertano, di nome Massimo e di cognome Compagnone, di professione consolatore ed eccezionalmente guaritore di anime in pena, mi ha inviato alcune foto di una sua opera d’arte (fig.1), acquistata di recente a caro prezzo sul mercato, per avere un mio parere.
Nel frattempo noti studiosi si sono espressi magnificando con solenni parole elogiative la carica di creatività, che prorompe con veemenza dal coacervo di curve convesse e concave che caratterizza il manufatto.
Sono stati avanzati come autore i nomi di celebri artisti del Novecento, tra Cubismo e Futurismo, e sono stati rilasciati expertise di alcune pagine con accurate descrizioni di ogni dettaglio. Riporto alcune delle frasi più pompose, senza citare il nome dei critici, uno dei quali ricordo si chiama Vittorio: “Una carica di energia devastante che rimembra la geniale potenza creatrice del big bang”. “Un intreccio inestricabile di percorsi contorti alla ricerca disperata della luce e della verità”.
Dopo una breve indagine mi sono accorto che l’opera d’arte (fig.2) in questione è stata partorita, non dalla fantasia di un artista, più o meno ispirato, bensì dallo scoppio accidentale di una bomboletta spray per concimare gli ortaggi e questo giustifica il risultato: “un’opera escrementizia”.

Achille della Ragione



fig.2 - Opera escrementizia


sabato 26 ottobre 2019

Un gioiello poco noto: il Castello di Limatola

01 - Il castello di Limatola visto dall'alto


Una mia vecchia… e cara amica, Olga, mi ha regalato un libro, ricco di foto a colori, scritto da una nota studiosa, la professoressa Vega de Martini, che mi ha permesso di conoscere un gioiello poco noto: il Castello di Limatola (fig.1), un piacere che voglio condividere con i miei lettori.
Custode di una preziosa memoria storica, il Castello di Limatola, dopo decenni di oblio, rivive oggi il suo antico splendore donando prestigio e lustro ad un incantevole borgo. Il possente maniero sovrasta l’antico borgo medioevale, si trova a guardia della valle solcata dal fiume Volturno, tra il massiccio del Taburno, il monte Maggiore ed i monti Tifatini. Sorge su una collina che sovrasta il Borgo, in posizione strategica. Si erge maestoso da una morbida altura su un magnifico panorama che raccoglie la vista del Matese e del Taburno, a circa 8 Km dalla Reggia di Caserta e a 27 Km da Napoli.
Venne edificato dai Normanni sui resti di un’antica torre longobarda.  Il Castello di Limatola è sito nella parte alta del centro storico, su di una collina, in posizione strategica. Dal portone di ingresso (fig.2) ad antichi pozzi e  monumenti marmorei sono tanti i resti archeologici su cui soffermarsi e meditare.
Al 1277 risalgono gli interventi promossi da Carlo I d’Angiò, da riconoscersi negli ambienti a volte ogivali contigui alla parte più antica della struttura corrispondente al mastio di forma rettangolare.
Ai Conti Della Ratta, feudatari di Limatola dal 1420, sono ascrivibili gli interventi sulla cinta muraria più esterna e di ristrutturazione ed ampliamenti attuati in alcuni ambienti sulle scale e sulle logge, di gusto rinascimentale.
Nel secondo decennio del XVI secolo,  Francesco Gambacorta e Caterina Della Ratta effettuarono interventi sulle strutture difensive e sulla Chiesa palatina di San Nicola che conserva però l’originario portale romanico.
Durante il Rinascimento, importanti lavori di ristrutturazione lo trasformarono da dimora militare, di cui conserva ancora alcune caratteristiche come la Cinta Muraria intervallata da torri e la Scarpata fino all’altezza del cornicione, a dimora signorile.
Nei secoli vi hanno dimorato donne potenti come la Duchessa Margherita De Tucziaco, la leggiadra Contessa di Caserta Anna Gambacorta e la coltissima Contessa Aurelia D’Este.
Nella chiesa palatina del Castello di Limatola è conservato il Polittico raffigurante la Madonna in trono col Bambino, S. Giovanni Battista e S. Maria Maddalena (fig.3–4) dipinto da Francesco da Tolentino nel 1527.
Nella predella sono visibili Storie di Gesù e Maria (Natività, Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Morte e Assunzione della Vergine).
Realizzato su committenza della famiglia Gambacorta – Della Ratta, come dimostra lo stemma posto alla base del trono della Vergine, il polittico era originariamente destinato ad ornare l'altare maggiore della chiesa della SS. Annunziata di Limatola. Stante lo stato di degrado della chiesa, il Polittico è attualmente conservato nella chiesa palatina del Castello di Limatola. Francesco da Tolentino è un artista di cultura marchigiana attivo nei primi decenni del Cinquecento e la sua pittura è influenzata dai pittori della cerchia urbinate, dal Perugino al Pintoricchio ed anche dal veneziano Crivelli. Trasferitosi nell’Italia meridionale  al seguito di Antonio Solario, detto lo Zingaro, collaborò col maestro nella realizzazione del celebre ciclo di affreschi del Chiostro del Platano, sito nel monastero dei SS. Severino e Sossio.
Le decorazioni della Cappella, gli affreschi seicenteschi della foresteria con scene tratte dalla Gerusalemme Liberata e quelli settecenteschi del piano nobile con illusionistiche architetture, paesaggi, girali, grottesche rendono il Castello di Limatola un luogo da scoprire e raccontare. Mostriamo ora altri capolavori d’arte di varie epoche che si possono ammirare in alcune sale) (fig.5–6-7–8). Alcune sale sono decorate da affreschi prevalentemente del XVIII secolo (fig.9). In un’ ala del Castello è allestita la Mostra “Il Castello di Limatola e la Battaglia del Volturno”. L’esposizione pittorica narra degli avvenimenti del 1° Ottobre 1860, tra i più significativi dell’epopea garibaldina (fig.10).
Grazie al progetto di riqualificazione terminato nel 2010, portato avanti con grande profusione di impegno ed energie, dalla famiglia Sgueglia, attuale proprietaria dell’antica fortezza, il Castello di Limatola (fig.11), rappresenta oggi un prestigioso punto di interesse storico, artistico e culturale.
Una vacanza in Campania è l’occasione perfetta per visitare la città di Limatola. Antico centro in provincia di Benevento, conserva ancora intatti molti reperti che risalgono all’epoca sannita e romana. Tra le architetture religiose spicca la Chiesa di San Biagio, con gli stucchi settecenteschi e i due dipinti rinascimentali conservati al suo interno. Limatola è famosa anche per i suoi mercatini natalizi, che nel periodo delle feste animano e colorano l’interno delle mura del Castello, che oggi ospita un albergo e un ristorante e rappresenta uno dei luoghi preferiti per matrimoni e cerimonie. Lo scenario che si offre allo sguardo è infatti uno degli sfondi più belli per foto ricordo.
Il mercatino di Natale “Cadeaux al Castello di Limatola” (fig.12) offre una passeggiata tra oggetti e addobbi natalizi, arricchiti da articoli di artigianato locale e prodotti enogastronomici tipici del territorio. Il castello, sia all’interno che all’esterno, si arricchisce con numerosi spettacoli. Giocolieri, rievocazioni storiche e cortei in costume medievale sono alcuni degli spettacoli che accompagnano il turista nel tragitto per giungere fino a Babbo Natale che attende i bambini per ritirare le loro letterine. Tutto questo si svolge in una perfetta atmosfera natalizia, con canti e musiche legate da sempre alla festa più importante dell’anno.
Oltre alle visite guidate il castello offre la possibilità alle scolaresche di recarsi al museo con numerose proposte di attività studiate appositamente per loro, come la foresta di scudi per gli alunni delle scuole primarie oppure il blasone di famiglia e abitare in castello per gli studenti delle secondarie. Infine, percorsi specifici vengono proposti agli studenti degli istituti alberghieri e turistici, che potranno apprendere come decorare torte con glassa oppure rendersi conto delle problematiche che si svolgono dietro le quinte nella gestione del castello.
Un perfetto connubio tra passato, presente e futuro

Achille della Ragione

02 - Ingresso del castello

 
03 - Francesco da Tolentino - Polittico
04 - Sala del polittico
05 - Chiesa
06 - Affresco sul soffitto
07- Porta con dipinto
08 - Sguardo languido
09 - Sala decorata da affreschi
010 - Sala dedicata a Garibaldi
011 -Castello di Limatola di notte
012 - Mercatino di Natale



sabato 19 ottobre 2019

Un Maestro che esce dall'anonimato.

      

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Achille della Ragione
Il vero nome del Maestro dell'annuncio ai pastori
EDIZIONI NAPOLI ARTE 2018


di Rosaria Di Girolamo

Achille della Ragione, amante della cultura e dell’arte napoletana attento conoscitore delle collezioni napoletane ha dedicato una delle ultime fatiche intellettuali ad una figura lasciata nell’anonimato all’interno della pittura naturalista napoletana: il Maestro dell’Annuncio ai pastori.
Il vero nome del Maestro dell’Annuncio ai pastori  libro anche catalogo è curato da Edizioni NAPOLI ARTE (2018) e raccoglie un apparato fotografico di cento venti foto tra tavole e immagini. Un lavoro work in progress che è durato anni di cui le tracce si rinvengono nei diversi articoli, tanti tasselli dell'appassionato studio, pubblicati sul suo blog che sono confluiti nel volume.


Adorazione dei Magi. Maestro dell'annuncio ai pastori. Palazzo Zevallos. Napoli

  
Adorazione dei pastori. Passante o Bassante.

Uno dei primi a dare una connotazione temporale all’attività e alla figura di Bartolomeo Bassante o Passante fu Roberto Longhi nel millenovecentotretacinque che lo ritenne pugliese nato a Brindisi nel milleseicentodiciotto, presente a Napoli a partire dal ventinove e morto nel milleseicentoquarantotto. In un’intervista del gennaio del millenovecentotretacinque contemporanea all’Esposizione francese dedicata ai Pittori della Realtà, lo storico propose un parallelo tra Bassante e Louis Le Nain.
Quanto dell’allora dichiarazione giornalista rilasciata dallo storico:
«Insisto sui napoletani perché fu proprio a Napoli che sulla via tracciata dal Caravaggio gli argomenti biblici ed evangelici si tramutarono non appena fosse possibile in scene georgiche, contadinesche. Quante Natività per amor dei pastori [e non dei Magi], quante Divisioni delle gregge! Non si trascura neppur di isolare a bella posta l’episodio dell’Annuncio ai pastori! Guardi per esempio questo di Bartolomeo Bassante un allievo del Ribera e a mio vedere, più grande del maestro. [E qui riproducevo sotto il nome del Bassante il capolavoro di Birmingham allora attribuito al Velázquez.] 
Non che sia pittura simile al Le Nain anzi villosa e irsuta ma l’affinità di concepimento mi pare importante.
C’è un’altra cosa. Due quadri spettacolosi del Bassante erano, nel tardo Seicento, a Aix-en Provence nella collezione Boyer d’Aiguilles; oggi non si conoscono che incisioni.»
L’autore confrontando le sue posizioni storico-artistiche con quelle contemporanee ha portato avanti un discorso critico meritevole non solo per aver riordinato un cospicuo apparato fotografico ma perché ha colto attraverso ulteriori osservazioni di natura storico-politico e sociologiche un aspetto che ha investito la produzione pittorica del Maestro ovvero quella di farsi portavoce della dimensione di povertà che investiva una parte della società meridionale legata all’attività agricola. 
“Il Maestro degli Annunci ai pastori va collocato idealmente in quel gruppo di artisti di cui in seguito faranno parte Domenico Gargiulo, Aniello Falcone, Francesco Fracanzano e soprattutto Francesco Guarino, i quali saranno impegnati in un’accorata denuncia delle misere condizioni della plebe, dei contadini e delle classi popolari e subalterne.”
da Il vero nome del Maestro dell’annuncio ai pastori
Considerazioni che come lui stesso ha ben inteso vanno inquadrate nella storica Questione meridionale alla quale in tal senso dedica un capitolo. Il Maestro dell’Annuncio ai pastori precursore della questione meridionale con la successiva partecipazione della nostra letteratura come quella di Simone Tranquilli (Pescina,1900-Ginevra 1978) al secolo Ignazio Silone:
“In certi libri com'è noto, l'Italia meridionale è una terra bellissima, in cui i contadini vanno al lavoro cantando cori di gioia, cui corrispondono cori di villanelle abbigliate nei tradizionali costumi, mentre nel bosco vicino gorgheggiano gli usignoli. Purtroppo a Fontamara, queste meraviglie non sono mai successe. I Fontamaresi vestono come poveracci di tutte le contrade del mondo. E a Fontamara non c'è bosco: la montagna è arida, brulla, come la maggior parte dell'Appennino. Gli uccelli sono pochi e paurosi, per la caccia spietata che ad essi si fa. Non c'è usignolo; nel dialetto non c'è neppure la parola per designarlo. I contadini non cantano, né in coro, né da soli; neppure quando sono ubriachi, tanto meno (e si capisce) andando al lavoro. Invece di cantare, volentieri bestemmiano”.
Ignazio Silone. Fontamara, 1933.

Vanga e latte.Teofilo Patini Roma Ministero dell'agricoltura.

Achille della Ragione attento conoscitore anche della cultura politica contemporanea sul suo blog cura tra l’altro ritratti dedicati a figure storiche tra esse Teofilo Patini (Castel di Sangro 1840 - Napoli 1906). L'artista abruzzese non solo fu attento studioso della pittura del Seicento napoletano ma precursore rispetto ai contemporanei della denuncia sociale attraverso la sua arte. Così la naturalistica Madonna delle Adorazioni è sostituita in Vanga e latte dalla contadina che allatta il pargolo.

Rosaria Di Girolamo

venerdì 18 ottobre 2019

Prossime visite guidate e presentazione libri

Achille con le sue followers


Carissimi amici ed amici degli amici esultate, dopo lo straordinario successo delle prime 6 visite guidate,
sabato 26 ottobre visiteremo la chiesa di S. Strato e l’annesso caratteristico quartiere, poscia ci recheremo a visitare il museo etrusco, abitualmente chiuso al pubblico. Appuntamento ore 10:15 davanti all’ex bar La Bussola (via Manzoni 263), oppure davanti alla chiesa alle ore 10:30. 
Sull’argomento vi invito a consultare i link
https://achillecontedilavian.blogspot.com/search?q=casale+posillipo
https://achillecontedilavian.blogspot.com/search?q=museo+etrusco
In precedenza martedì 22 ottobre alle ore 20:30 presso il Clubino, in via Luca Giordano 79, presentazione del libro Achille Lauro superstar, e relativa cena (5 euro). Sarà presente Canale 21 ed ai primi 30 intervenuti sarà regalata una copia del libro con dedica dell’autore.
Proseguendo con le visite guidate, domenica 3 novembre, approfittando dell’ingresso gratuito nei musei, visiteremo la pinacoteca dei Gerolamini e poscia alcune chiese limitrofe. Appuntamento ore 10:45 biglietteria del museo (via Duomo).
Ma l'appuntamento più interessante sarà sabato 9 novembre, quando, dopo la visita della chiesa di S. Teresa a Chiaia alle 10:15, sotto la guida della professoressa Elvira Brunetti (alias mia moglie) si potrà ammirare la mostra sul pittore Mirò, che si tiene al Pan (ticket 8 euro).
Diffondete la notizia ai 4 venti e ricordate che ogni settimana potrete sapere le visite successive andando sul mio blog

www.delleragione.eu

Achille

mercoledì 16 ottobre 2019

Due interessanti dipinti del Seicento napoletano


 
fig.1 -  Carlo Sellitto - Sansone e Dalila -  127 x150 - Napoli, collezione Fabio


Abbiamo avuto la fortuna di poter visitare una importante collezione privata napoletana e ci siamo trovati davanti a due capolavori.  
Il primo quadro raffigura una nota iconografia: Sansone e Dalila (fig.1), un’opera dal chiaroscuro di indiscutibile derivazione caravaggesca ed in passato alcuni studiosi avevano ipotizzato potesse essere stata eseguita da Massimo Stanzione ai suoi esordi, ma la tela appartiene viceversa, come si evince chiaramente dall’esame di alcuni particolari (fig.2–3–4) a Carlo Sellitto, ipotesi confermata da un parere orale espresso al proprietario da Stefano Causa, tra i massimi conoscitori di quel periodo.   
Il catalogo dell’artista, morto nel 1614, è relativamente esiguo, ed ora possiamo aggiungere con certezza un altro tassello.
Tra i pittori napoletani che tributarono al Merisi l’accoglienza più entusiastica vi è in prima fila, assieme a Battistello Caracciolo, Carlo Sellitto, nato culturalmente in ambito tardo manierista filtrato dall’insegnamento del fiammingo Lois Croise, per accogliere poi il nuovo messaggio e dar luogo a composizioni drammatiche, animate da un’intensa tensione emotiva e da una spasmodica ricerca di verità, con un dominio della luce che modella le immagini attraverso un sottile gioco di ombre patognomonico del suo stile.
La sua prima opera documentata, unica firmata, è del 1606 e si trova in provincia ad Aliano. Essa raffigura una Madonna in gloria con donatore e nonostante l’impronta manieristica baroccesca presenta in basso un’immagine del committente dalla precisione ottica stupefacente, a lampante dimostrazione dell’abilità dell’artista come ritrattista. Sempre in Basilicata, terra natia del pittore, è conservata a Melfi una Madonna del suffragio con anime purganti, intrisa di naturalismo con la luce che evidenzia le figure ed i gesti, sottolineando la drammaticità della scena.
In ambiente napoletano la sua più importante commissione lo impegnerà dal 1608 al 1612 in Sant’Anna dei Lombardi nella cappella Cortone, nell’esecuzione di un ciclo su San Pietro, dove ha l’occasione di lavorare al fianco di Caravaggio attivo nella cappella Fenaroli e del Caracciolo operante nella cappella Noris Correggio. Un cataclisma, distruggendo la chiesa nel Settecento, non ci ha permesso un confronto tra le opere in gran parte distrutte. Delle cinque eseguite dal Sellitto se ne sono salvate soltanto due, segnate da un fascio luminoso potente che scandisce i corpi nel ritagliarsi violento delle ombre.
In seguito egli esegue, tra il 1610 ed il 1613, il San Carlo per la chiesa di Sant’Antoniello a Caponapoli e la splendida Santa Cecilia all’organo per la chiesa della Solitaria, entrambe oggi a Capodimonte, l’Adorazione dei pastori per la chiesa degli Incurabili e la Visione di Santa Candida per Sant’Angelo al Nilo, percorsa da un brivido di luce calda e avvolgente.
Altre opere da aggiungere al suo scarno catalogo sono la Santa Lucia del museo di Messina ed il David e Golia del museo nazionale della Rhodesia.
Un segno tangibile del prestigio raggiunto dal pittore presso la committenza fu l’incarico, nel 1613, di eseguire una Liberazione di San Pietro da collocare su un altare del Pio Monte della Misericordia, ma l’opera per l’improvvisa morte del Sellitto fu poi affidata al Battistello.
Egli lasciò nella sua bottega numerose tele incompiute, tra cui il Crocefisso  per la chiesa di Portanova, oggi purtroppo scomparso per un ignobile furto ed il Sant’Antonio da Padova per i governatori di San Nicola alla Dogana, ricco di un gioco luminoso sui volti ed in cui si può leggere come segno distintivo, quasi una firma nascosta del pittore, il classico tocco di luce sulle fisionomie dei personaggi, che si può apprezzare anche nella famosa tela di Santa Cecilia all’organo.
Nel suo atelier vi erano anche una serie di quadri di natura morta, di paesaggio ed è inoltre noto dai documenti che fu celebre ritrattista, ricercato da nobili e borghesi, una produzione al momento completamente sconosciuta agli studi eccetto poche esempi. Tra questi possiamo segnalare il Ritratto di gentildonna in vesti di Santa Cecilia, transitato più volte sul mercato, nel quale si avverte un contemperamento dei caratteri caravaggeschi con intenerimenti classicistici e preziosismi cromatici di matrice reniana, consentaneo alla presenza a Napoli nel 1612 del divino Guido. 


fig.2 -  Carlo Sellitto - Sansone e Dalila -  127x150 - (taglio dei capelli) - Napoli, collezione Fabio

 
fig.3 -  Carlo Sellitto - Sansone e Dalila -  127 x150 - (Dalila) - Napoli, collezione Fabio

fig.4 -  Carlo Sellitto - Sansone e Dalila -  127 x150 -(soldato) -  Napoli, collezione Fabio
  
fig.5 - Francesco Solimena - Miracolo di San Mauro - 67 x157 _ Napoli, collezione Fabio


L’autore del secondo dipinto (fig.5) non ha bisogno di presentazioni, trattandosi di un gigante: Francesco Solimena, che tra le tante opere eseguite nella sua lunga vita ha eseguito più redazioni dello stesso soggetto: Il Miracolo di San Mauro, il cui bozzetto (fig.6) si trova nel museo di belle arti di Budapest, mentre l’originale, assieme a altri dipinti della stessa serie, si trovava presso l’Abbazia di Montecassino, distrutta, come è noto, durante l’ultima guerra mondiale dalle criminali bombe sganciate dagli Americani, da poco divenuti i nostri pseudo alleati. Di questo quadro parlano sia Roberto Longhi, che lo colloca cronologicamente tra il 1695 ed il primo decennio del Settecento, che Ferdinando Bologna, autore di una monumentale monografia sull’artista, pubblicata nel 1958.
Il quadro di cui ci interessiamo presenta misure identiche a quello conservato in Ungheria e come ci riferisce il proprietario il primo ad esaminarlo è stato il prof. Alberto Chiesa, capo del Dipartimento Old Master Paintings di Sotheby's, il quale non solo lo attribuiva al Solimena ma affermava che la cornice in cui è inserito è certamente napoletana e coeva al dipinto stesso.
In seguito furono mostrate al professor Bologna delle foto del dipinto ed alcuni dettagli (fig.7–8–9) indussero lo studioso ad affermare che si trattava di una redazione autografa di altissima qualità e davanti al parere di così illustri studiosi non abbiamo nulla da aggiungere se non invitare i lettori ad approfondire le foto di un vero capolavoro. 
 

fig.6 - Francesco Solimena - Miracolo di San Mauro -  75 x153   Budapest, museo nazionale di belle arti
fig.7 - Francesco Solimena - Miracolo di San Mauro - 67 x 157  (particolare) - Napoli, collezione Fabio

fig.8 - Francesco Solimena - Miracolo di San Mauro - 67 -x157  (particolare) - Napoli, collezione Fabio
fig.9 - Francesco Solimena - Miracolo di San Mauro - 67 x157  (particolare) - Napoli, collezione Fabio

Bibliografia

Bologna F., Francesco Solimena, 1958, p.249


Achille della Ragione

lunedì 14 ottobre 2019

Un interessante libro sulla pittura del Seicento napoletano

  
fig.1 - Copertina

Rosaria Di Girolamo è una giovane quanto brava studiosa, la quale ha da poco pubblicato un libro sulla pittura del Seicento napoletano dal titolo intrigante: Gli anonimi ritrovati (fig.1), nel quale, tra i tanti pittori sviscerati e documentati con foto a colori, dedica una particolare attenzione a Caravaggio ed ai numerosi artisti attivi nella Cattedrale di Castellammare di Stabia. 
Ogni pittore è accompagnato da un’esaustiva bibliografia di riferimento e da interessanti foto a colori.
Un capitolo è dedicato al Maestro dell’Annuncio ai pastori (fig.2), un autore al quale ho dedicato una  e finalmente, dopo tante diatribe, ho dato nome e cognome precisi: Bartolomeo Passante (e non Bassante).  
La studiosa ha riportato un lungo passo da me scritto anni fa, che venne pubblicato, oltre che in testi specializzati, anche su alcuni quotidiani, che riporto per la gioia dei lettori e per soddisfare la mia vanità:
“Il Maestro degli Annunci ai pastori va collocato idealmente in quel gruppo di artisti di cui in seguito faranno parte Domenico Gargiulo, Aniello Falcone, Francesco Fracanzano e soprattutto Francesco Guarino, i quali saranno impegnati in un’accorata denuncia delle misere condizioni della plebe, dei contadini e delle classi popolari e subalterne. Una sorta di introspezione sociologica ante litteram della questione meridionale, indagata nei volti smarriti dei pastori, dalla faccia annerita dal sole e dal vento, dei cafoni sperduti negli sterminati latifondi come servi della gleba; immagine di un mondo contadino e pastorale arcaico ma innocente e la cui speranza è legata ad un riscatto sociale e materiale, che solo dal cielo può venire, come simbolicamente è rappresentato dall’annuncio ai pastori, il cui sostrato e l’iconografia religiosa sono solo un pretesto di cui il pittore si serve per lanciare il suo messaggio laico di fratellanza ed uguaglianza.
L’attività del Maestro degli Annunci copre un arco di poco meno di trenta anni, durante i quali vi fu un lungo periodo di vigorosa e rigorosa adesione al dato naturale, spinto oltre i limiti raggiunti dallo stesso Ribera, con una tavolozza densa e grumosa e con una serie di prelievi dal vero, dal volgo più disperato: una lunga serie di piedi sporchi, di calzari rotti e di vestiti impregnati dal puzzo delle pecore.”
Non mi resta che augurarvi buona lettura.

Achille della Ragione 


fig.2 - Bartolomeo Passante - Annuncio ai pastori

venerdì 11 ottobre 2019

Ammalarsi a Posillipo: pubblico o privato? Meglio curarsi altrove

 Fig. 1 - Ospedale Fatebenefratelli, facciata

Prima di partire con la descrizione degli ospedali e delle cliniche collocati nel quartiere chic della città, voglio giustificare il perché di un titolo apparentemente severo: meglio curarsi altrove,  che si riferisce a tutte le strutture sanitarie napoletane e non solo a quelle localizzate a Posillipo, rimembrando una mia lettera sull’argomento, pubblicata da numerosi quotidiani, che scatenò le ire dell’allora (siamo nel 2006) presidente dell’ordine dei medici, che mi convocò davanti ad una commissione disciplinare per giustificare il motivo per cui consigliavo di evitare Napoli e recarsi altrove, quando si era affetti da patologie serie. Mi difesi con energia con un’arringa degna di Cicerone e convinsi i colleghi che avevo espresso un’opinione ampiamente condivisibile. In seguito pubblicai una nuova lettera che propongo all’attenzione dei lettori:

Curarsi qui è pericoloso
Sono l' amico medico che ha consigliato al giornalista Goffredo Locatelli di recarsi al San Raffaele di Milano per sottoporsi a intervento di by-pass; anzi poiché ero affetto da eguale patologia mi sono ricoverato anche io. Essendo meno coraggioso ho preferito sottopormi ad angioplastica, una tecnica meno invasiva, che a Napoli i colleghi ritenevano non applicabile. Non mi resta che fare mio il perentorio invito di Eduardo: fuitevenne. Almeno per curarsi non esiste luogo più pericoloso di Napoli, parola di medico ammalato.
La Repubblica N – 6 marzo 2006

Fig. 2 - Ospedale Fatebenefratelli, facciata

E partiamo ora con la nostra carrellata sanitaria parlando dell’ospedale Fatebenefratelli (fig.1–2), che sfrutta la dimora gentilizia di un celebre quanto ricco napoletano e dal 1937 è a disposizione della popolazione che necessita di cure. Nel tempo è aumentata la recettività, che sarebbe potuta crescere a dismisura se una struttura contigua, che negli anni Sessanta ospitava la sede della Forrest Scherman School, donata all’ospedale, fosse stata ristrutturata. Viceversa sono passati decenni, per un breve periodo ha ospitato la sede dell’Istituto alberghiero, per scomparire in pochi giorni, pochi giorni fa, in maniera rapida quanto sospetta, sperando che non si trasformi in una serie di palazzoni per civili abitazioni.  
Il grande vantaggio che offre l’ospedale ai suoi utenti è la relativa rapidità di ricezione del pronto soccorso (fig.3), che nell’arco di poco tempo (ore se non minuti) è in grado di ricevere i pazienti, a differenza del gettonatissimo Cardarelli, dove, se sei in fin di vita col codice rosso, devi attendere all’infinito, perché ti trovi almeno 50 pazienti più gravi di te.
In passato hanno lavorato medici famosi come primari; un nome solo voglio ricordare Chiantera, celebre ginecologo, ma trovandomi cito anche un valido pediatra: Donato Zappulli, che ha avuto l’onore di essere mio compagno di liceo. E poiché siamo passati ai ricordi personali voglio illustrare le mie due esperienze dirette come paziente, la prima nel 2006, quando accusai un acuto dolore al petto ed essendo un plurinfartuato, sospettai che si trattasse di una recidiva. Era un sabato sera intorno alle 20, quando il traffico diventa a croce uncinata, per cui dissi a mio figlio Gian Filippo che mi accompagnava in auto: “ Inutile tentare di raggiungere il Monaldi, ci vorrebbe un’eternità, (mentre in questi casi è opportuno raggiungere l’ospedale entro un’ora dai primi  sintomi), dirigiamoci verso il Fatebenefratelli (che dista circa un chilometro dalla mia villa). Fui visitato immediatamente, per fortuna si trattava di una crisi ipertensiva, anche se grave, 220/130, una endovena di Lasix, ripetuta dopo un’ora, abbondanti scariche di urina, la notte trascorsa in rianimazione e la mattina successiva la dimissione. La seconda esperienza è recente, risale allo scorso aprile, quando, dopo aver trascorso una notte infernale tra tosse, sputi corposi e difficoltà respiratorie, mi reco al pronto soccorso e dopo esami di laboratorio ed una radiografia del torace in meno di un’ora si arriva alla diagnosi: bronco polmonite, che mi tormenterà per alcune settimane.
Imbarazzante alcuni anni fa (nel 2014) fu viceversa l’esperienza di una mia domestica, alla quale tenevo moltissimo, dopo oltre dieci anni di onorato servizio presso la mia famiglia. Era affetta da un cancro all’utero, che aveva già invaso gli organi limitrofi. Quando parlai col primario egli mi disse che era inoperabile e le rimanevano pochi mesi di vita. Non mi diedi per vinto e la feci ricoverare al Pascale, dove fu sottoposta ad un intervento di 6 ore, ma da allora sta benissimo ed i controlli periodici escludono qualsiasi recidiva. 

 Fig. 3 - Ospedale Fatebenefratelli, ingresso pronto soccorso
  

Fig. 4 - Ospedale Pausillipon, ingresso
 Fig. 5 - Ospedale Pausillipon, corridoio


Passando in età pediatrica dobbiamo segnalare la benemerita attività del Pausillipon (fig.4), gemellato con il Santobono, che ha sede al Vomero, che oltre a fornire ai bambini un’assistenza qualificata, grazie a benemerite associazioni di volontariato, cerca di far dimenticare ai pargoletti la sfortuna che li ha colpiti (fig.5).
Esaminiamo ora le strutture private, partendo da quella che per decenni è stata considerata la meta preferita dei pazienti danarosi: Villa del sole (fig.6–7) e che negli ultimi anni, travolta dalla crisi economica e dagli scandali di medici truffaldini, che cercavano di indirizzare verso la struttura pazienti che si erano rivolti all’assistenza pubblica ed erano spaventati dalle attese estenuanti, si è trasformata in una serie di mega ambulatori (fig.8) dove si eseguono sofisticati accertamenti diagnostici.
Proseguiamo con la clinica Posillipo, della quale troneggia ancora l’insegna (fig.9) sulla via omonima, mentre le lussuose stanze di degenza, che hanno avuto l’altissimo onore di ricoverare nel lontano 1962 un illustre paziente: me medesimo, per un delicato intervento di turbinectomia bilaterale, sono ora utilizzate per accertamenti diagnostici di altissimo livello.
L’ultima arrivata nel campo delle strutture private è Villa Angela (fig.10), posta sulla discesa del Parco Cafiero e dotata di un accogliente parcheggio e soprattutto di un impagabile panorama (fig.11). Essa ha usufruito, rendendole lussuose ed accoglienti, delle antiche camere di un convento di monache, costretto a chiudere per crisi di vocazioni; le religiose scompaiono mentre gli anziani bisognosi di assistenza aumentano giorno dopo giorno e la vera specialità di Villa Angela è la cura affettuosa e scrupolosa che presta a questi nostri antenati (fig.12), senza dimenticare una serie di indagini diagnostiche e dei pacchetti mutuabili di check up senologici e cardiologici di altissimo livello con la consulenza di validi specialisti.
E concludiamo in bellezza parlando della più importante clinica della città: la Mediterranea (fig.13), posta all’inizio di via Orazio e dalla quale si può ammirare un panorama da favola (fig.14). Oltre a reparti specializzati ed attrezzature d’avanguardia, vi è una sala per riunioni, dove periodicamente si svolgono convegni internazionali (fig.15) con la partecipazione di scienziati di grande prestigio. Due dei miei tre figli hanno visto la luce in questa splendida clinica, mentre mio figlio Gian Filippo venne operato al piede dal mitico chirurgo Giuseppe Zannini ed il sottoscritto subì quindicenne la resezione sottomucosa del setto nasale. Anche ora sono in attesa da mesi e mesi di essere operato di cataratta e pare che dovrò attendere ancora a lungo, perché la Mediterranea, a differenza di tutti gli ospedali del mondo, non prevede una via preferenziale per i medici(prevista dal codice deontologico dell’ordine professionale) e si attiene scrupolosamente alle estenuanti prenotazioni allestite dalla Asl di appartenenza.

Achille della Ragione

Fig. 6 - Clinica Villa del sole, tra struttura e panorama
Fig. 7 - Clinica Villa del sole, ingresso

 Fig. 8 - Clinica Villa del sole, reparto radiologia
 Fig. 9 - Clinica Posillipo,insegna

 Fig. 10 - Clinica Villa Angela, ingresso
 Fig. 11 - Clinica Villa Angela, panorama

 Fig. 12 - Clinica Villa Angela, ospiti over 80

 Fig. 13 - Clinica Mediterranea, facciata

Fig. 14 - Clinica Mediterranea, panorama
Fig. 15 - Clinica Mediterranea, congresso cardiologia clinica