fig. 1 - Il corvo e la volpe |
Chagall piace.
Tra tutti i pittori del Novecento è quello cui si dedicano più mostre, perché il successo è garantito, anche se il numero dei disegni o delle incisioni in bianco e nero supera quello dei dipinti.
Attualmente e fino al 30 giugno nella basilica della Pietrasanta di Napoli si possono vedere varie sue opere, che permettono di allargare la visione classica del pittore dei fidanzatini che si librano romanticamente in cielo.
I primi ambienti della sede espositiva accolgono le litografie, che illustrano le famose favole di Jean de la Fontaine, realizzate su incarico del celebre mercante parigino Ambroise Vollard tra il '28 e il '35. E' il poeta dell'immagine, che penetra il mondo di un bestiario fantastico per raccontare, attraverso gli animali, i vizi degli esseri umani, tuttavia sempre col sorriso dell'ingenuità. Vedi "Il corvo e la volpe" (Fig.1).
Il quadro più importante della mostra è :"Le coq violet" (Fig.2). In un'atmosfera tipicamente circense gli spettatori felici acclamano l'esibizione di quattro attori. C'è Bella con gli abiti da sposa in groppa ad un cavallo verde, che accoglie sorridente i fiori offerti dal cavaliere in maschera in primo piano nell'eterno gesto del grande amore; ci sono poi un clown che suona una tromba ed un gallo capovolto con la testa all'ingiù, di vaga reminiscenza surrealista. Quest'ultimo indica il mondo sotto sopra di Chagall. Come in un sogno il quadro è tutto blu, di memoria picassiana. Eseguito negli anni '60, Bella la moglie tanto amata è ormai deceduta da tempo. Ma il ricordo del passato è sempre vivo nella mente dell'autore, che vede con gli occhi dell'immaginazione una realtà che fa diventare fantastica.
Quello più piccolo sempre sullo sfondo blu è il ritratto dei due fidanzatini (Fig.3), teneramente avvinghiati, anche se una mano reca il solito bouquin di fiori. E'un'opera degli anni '30, pervasa da una profonda malinconia. In basso si notano le vecchie case di Vitebsk, il loro villaggio natale. Degna di nota è la sapiente scelta coloristica in grado di evidenziare i due corpi in primo piano, chiaro riferimento al fauvisme di Matisse, sebbene Chagall sia stato solo tangente, ha semplicemente sfiorato tutti i movimenti avanguardisti d'inizio secolo, perché in sostanza è rimasto un indipendente dallo stile e dalla poetica completamente inconfondibili e personali.
Del '55 è il ritratto di Vava (Fig.4), sua seconda moglie con la quale sembra aver ritrovato di nuovo l'amore attraverso i fiori, che ne sono il migliore linguaggio. Anche qui la pittura è fiabesca, dalle case ai personaggi, i colori estremamente vivaci, le dimensioni del tutto arbitrarie, come eseguite dalla mano di un fanciullo. Chagall guarda il mondo con l'innocenza di un bambino.
Molto bello è "Il villaggio russo" del 1929 (Fig.5) per l'efficacia dell'aria invernale coinvolgente l'intera rappresentazione. Non è solo la presenza della neve, è il cielo plumbeo, la slitta da favola, elementi che riempiono di solitudine e di nostalgia le case di legno degli umili contadini. Forse è Vitebsk alla fine dell'Ottocento. Oggi è in Bielorussia, ma durante l'impero russo c'erano i pogrom e gli Ebrei non potevano vivere nelle grandi città, dove vigevano persecuzioni maggiori. Chagall attraversa i momenti storici più terribili del secolo breve dalla rivoluzione russa alla Shoah. Più di tanti altri ha incarnato il mito dell'ebreo errante, spesso presente nelle sue opere, insieme a molti simboli della sua appartenenza all'Ebraismo Chassidico, che valorizza il mondo contadino. Conosce e vive l'esilio, per questo riesce a rendere molto bene l'Esodo dall'Egitto nelle litografie che sempre Ambroise Vollard gli commissiona (Fig.6 Davide e Golia). La Bibbia era per lui la principale fonte di poesia di tutti i tempi. Racconta tutto il dolore del popolo ebraico, ma sempre come in un sogno. Viaggia per anni in Palestina, a Gerusalemme, in Egitto e senza foto, né documenti, solo con l'immaginazione dal '35 al '56 realizza centinaia di opere.
André Malraux nel 1969 le ha raccolte nel museo di Nizza. L'artista le ha donate alla Francia, sua patria adottiva, perché costituissero un monito di fratellanza e di pace per le generazioni future.
La mostra s'intitola "Sogno d'amore", perché Chagall (1887–1985) credeva veramente che nell'arte come nella vita tutto è possibile se si comincia dall'amore.
Elvira Brunetti
Tra tutti i pittori del Novecento è quello cui si dedicano più mostre, perché il successo è garantito, anche se il numero dei disegni o delle incisioni in bianco e nero supera quello dei dipinti.
Attualmente e fino al 30 giugno nella basilica della Pietrasanta di Napoli si possono vedere varie sue opere, che permettono di allargare la visione classica del pittore dei fidanzatini che si librano romanticamente in cielo.
I primi ambienti della sede espositiva accolgono le litografie, che illustrano le famose favole di Jean de la Fontaine, realizzate su incarico del celebre mercante parigino Ambroise Vollard tra il '28 e il '35. E' il poeta dell'immagine, che penetra il mondo di un bestiario fantastico per raccontare, attraverso gli animali, i vizi degli esseri umani, tuttavia sempre col sorriso dell'ingenuità. Vedi "Il corvo e la volpe" (Fig.1).
Il quadro più importante della mostra è :"Le coq violet" (Fig.2). In un'atmosfera tipicamente circense gli spettatori felici acclamano l'esibizione di quattro attori. C'è Bella con gli abiti da sposa in groppa ad un cavallo verde, che accoglie sorridente i fiori offerti dal cavaliere in maschera in primo piano nell'eterno gesto del grande amore; ci sono poi un clown che suona una tromba ed un gallo capovolto con la testa all'ingiù, di vaga reminiscenza surrealista. Quest'ultimo indica il mondo sotto sopra di Chagall. Come in un sogno il quadro è tutto blu, di memoria picassiana. Eseguito negli anni '60, Bella la moglie tanto amata è ormai deceduta da tempo. Ma il ricordo del passato è sempre vivo nella mente dell'autore, che vede con gli occhi dell'immaginazione una realtà che fa diventare fantastica.
Quello più piccolo sempre sullo sfondo blu è il ritratto dei due fidanzatini (Fig.3), teneramente avvinghiati, anche se una mano reca il solito bouquin di fiori. E'un'opera degli anni '30, pervasa da una profonda malinconia. In basso si notano le vecchie case di Vitebsk, il loro villaggio natale. Degna di nota è la sapiente scelta coloristica in grado di evidenziare i due corpi in primo piano, chiaro riferimento al fauvisme di Matisse, sebbene Chagall sia stato solo tangente, ha semplicemente sfiorato tutti i movimenti avanguardisti d'inizio secolo, perché in sostanza è rimasto un indipendente dallo stile e dalla poetica completamente inconfondibili e personali.
Del '55 è il ritratto di Vava (Fig.4), sua seconda moglie con la quale sembra aver ritrovato di nuovo l'amore attraverso i fiori, che ne sono il migliore linguaggio. Anche qui la pittura è fiabesca, dalle case ai personaggi, i colori estremamente vivaci, le dimensioni del tutto arbitrarie, come eseguite dalla mano di un fanciullo. Chagall guarda il mondo con l'innocenza di un bambino.
Molto bello è "Il villaggio russo" del 1929 (Fig.5) per l'efficacia dell'aria invernale coinvolgente l'intera rappresentazione. Non è solo la presenza della neve, è il cielo plumbeo, la slitta da favola, elementi che riempiono di solitudine e di nostalgia le case di legno degli umili contadini. Forse è Vitebsk alla fine dell'Ottocento. Oggi è in Bielorussia, ma durante l'impero russo c'erano i pogrom e gli Ebrei non potevano vivere nelle grandi città, dove vigevano persecuzioni maggiori. Chagall attraversa i momenti storici più terribili del secolo breve dalla rivoluzione russa alla Shoah. Più di tanti altri ha incarnato il mito dell'ebreo errante, spesso presente nelle sue opere, insieme a molti simboli della sua appartenenza all'Ebraismo Chassidico, che valorizza il mondo contadino. Conosce e vive l'esilio, per questo riesce a rendere molto bene l'Esodo dall'Egitto nelle litografie che sempre Ambroise Vollard gli commissiona (Fig.6 Davide e Golia). La Bibbia era per lui la principale fonte di poesia di tutti i tempi. Racconta tutto il dolore del popolo ebraico, ma sempre come in un sogno. Viaggia per anni in Palestina, a Gerusalemme, in Egitto e senza foto, né documenti, solo con l'immaginazione dal '35 al '56 realizza centinaia di opere.
André Malraux nel 1969 le ha raccolte nel museo di Nizza. L'artista le ha donate alla Francia, sua patria adottiva, perché costituissero un monito di fratellanza e di pace per le generazioni future.
La mostra s'intitola "Sogno d'amore", perché Chagall (1887–1985) credeva veramente che nell'arte come nella vita tutto è possibile se si comincia dall'amore.
Elvira Brunetti
fig. 2 - Le coq violet |
fig. 3 - I due sposi |
fig. 4 - Il ritratto di Vava |
fig. 5 - Villaggio russo |
fig. 6 - David e Golia |
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