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martedì 27 febbraio 2018

Il nudo di Andrea Vaccaro nelle scene di martirio


Monografia su Andrea Vaccaro


Martedì 6 marzo alle 17:30, nell'aula magna della chiesa di S. Maria della Libera in via Belvedere al Vomero-Napoli, ci sarà (con l'ausilio di decine di foto a colori), la presentazione della monografia su Andrea Vaccaro di Achille della Ragione.
Sarà possibile anche acquistare il  volume con uno sconto di oltre il 50% (€20 al posto di €39). L'ostentazione del nudo nelle scene di martirio di Andrea Vaccaro

venerdì 23 febbraio 2018

Furti, rapine, estorsioni, cavalli di ritorno ed attentati terroristici

fig. 01 - Achille calzoni corti


Uno degli effetti collaterali più gravi della ricchezza, a parte l'invidia del prossimo, consiste nell'essere frequentemente oggetto di furti, rapine, estorsioni, cavalli di ritorno ed in casi estremi attentati terroristici. Tutte esperienze che purtroppo ho avuto occasione di provare più di una volta nel corso degli anni, nonostante il mio abbigliamento casual (fig.1), adottato per libera scelta e non per passare inosservato.
I furti che ho subito sono stati pochi e poco significativi, grazie ad un sistema di allarme molto sofisticato, porte e vetri corazzati, ma soprattutto per la presenza di tre rottweiler (figg.2–3-4), di giorno in giardino, di notte in casa, che costituivano un deterrente mordace per i mariuoli; in ogni caso una polizza assicurativa esaustiva mi proteggeva a posteriori.


fig. 02 - Porthos
fig. 03 - Lady con il fidanzato Shark[
fig. 04 - Attila

Un tentativo originale di furto è raccontato in un articolo di Antonella Morisco pubblicato su Cronache di Napoli del 27 aprile 2001 (fig.5) da titolo 
Ginecologo placca il ladro sorpreso a rubare:
“Non è cronaca di tutti i giorni incontrare, tra le mura domestiche, in pieno giorno, un ladro nascosto dietro una libreria. Ancor di più inusuale che a seguito di questo incontro, dopo una breve colluttazione, scattino tempestivamente le manette. E’ quanto è accaduto l’altro giorno, intorno a mezzogiorno al famoso ginecologo Achille della Ragione in via Manzoni. Questi, nel cercare un libro nella biblioteca della sua villa, ha notato che il mobile era leggermente scostato dalla parete; dietro di esso, infatti, c’era un ospite indesiderato. L’incontro è di quelli che lasciano senza fiato. Il medico, però, non si è perso d’animo e, memore del suo passato titolo di campione universitario di lotta libera, ha affrontato il ladro. Le grida che sono scaturite dalla colluttazione hanno fatto accorrere il figlio del ginecologo, Gian Filippo, il quale stava studiando al piano inferiore. Le forze dell’ordine al loro arrivo hanno trovato il malfattore immobilizzato e senza fatica lo hanno trasportato in questura; si tratta di un nomade slavo che ha agito a volto scoperto. Da una prima ricostruzione il ladro sarebbe giunto al quarto piano della villa scavalcando scimmiescamente un albero secolare: solo questa circostanza infatti può giustificare il mancato intervento dei tre ferocissimi quanto addestrati rotweiller del professor della Ragione, un uomo, come ha dimostrato in questo frangente, coraggioso e determinato e non nuovo a episodi imbarazzanti…risolti con energia.”

fig. 05 - Giornale

Il capitolo delle rapine, tutte avvenute nello studio, è il più corposo, fino a quando non posizionai una porta blindata con spioncino pochi metri dopo l'ingresso, in maniera tale che, mentre un assistente apriva un altro guardava dal vetro corazzato ed in caso di visite non gradite impediva l'accesso ai locali dello studio.
Per un periodo, nei primi anni di attività, abitavo un appartamento collegato attraverso un terrazzo allo studio, che spesso era in funzione fino a sera tarda.
Siamo nel 1974 quando ebbi la prima rapina, per quei tempi un evento eccezionale, a tal punto che i quotidiani locali dedicarono ampio spazio alla notizia, a differenza di oggi che le rapine avvengono anche negli ambulatori dei medici della mutua.
Stavo seguendo Rischiatutto alla televisione, nel mio salotto, quando all'improvviso fecero irruzione due delinquenti armati, che trascinarono con loro anche uno dei miei assistenti. In un primo tempo pensai ad un sequestro di persona, all'epoca frequenti e buttai uno sguardo alle armi per vedere se erano false, eventualmente per reagire. Purtroppo luccicavano, ma tirai un sospiro di sollievo quando capii che volevano solo del denaro, da un vaso prelevai una manciata di soldi e gliela consegnai. Subito tornarono nello studio trascurando per la fretta argenteria e quadri.
Mi condussero con loro e mi accorsi che erano in cinque e tre erano rimasti a controllare gli stupefatti clienti, tra cui un ufficiale in borghese dei carabinieri, che mi confessò, nonostante fosse armato di non aver reagito per evitare una strage. Decisione saggia, che ci permise di salvare la pelle e di poter continuare lo studio, accontentando le ultime clienti.
La seconda rapina avvenne a distanza di circa un anno dalla prima e con modalità meno allarmanti. Ci rimisi l'incasso della giornata ed una buona dose di spavento, ma appena andati via i malfattori, continuai a ricevere le pazienti, alcune venute da molto lontano da Napoli.
La terza ed ultima fu la più temibile, perché cercai e ci riuscii a farli fessi.
Dopo aver depredato i clienti nella sala d'attesa, il capo banda a volto scoperto mi affrontò e disse senza preamboli:"Caccia e soldi".
Io avevo l'abitudine di tenere i biglietti da 50.000 e 100.000 lire nella tasca posteriore dei pantaloni ed i biglietti di piccolo taglio nella tasca destra del camice bianco e spavaldo gli consegnai soltanto quelli. Ma il gangster vista l'esiguità della cifra esclamò, dopo avermi sbattuto sul volto il fucile a canne mozze: "Ma che stiamo rapinando un medico della mutua, ora ti perquisisco". Fu un momento imbarazzante, pensai, timoroso cosa farà quando troverà i milioni che gli ho nascosto?
Mi appoggiai con il sedere alla scrivania ed il delinquente vide in tutte le tasche, salvo quella dove avevo il malloppo. Si incazzo moltissimo ed affermo: "La prossima volta fai trovare più soldi altrimenti ti sparo sulle palle".
Non ci fu una prossima volta perché riconobbi il malvivente sulle foto segnaletiche della polizia e lo feci arrestare. Ricordo ancora il suo volto truce dal naso schiacciato, era infatti un ex pugile.
Il reato dell'estorsione è molto praticato da sempre, perché le pene detentive sono inadeguate alla gravità del reato.
Nei primi anni della mia attività di ginecologo mi imbattei in una minacciosa richiesta alla quale finsi di sottomettermi.
Una voce imperiosa mi ammonì: "Prepara 20 milioni in banconote di piccolo taglio per venerdì alle 17, quando verremo a ritirarle allo studio". 
"Certamente, non preoccupatevi, provvederò".
All'appuntamento i malviventi si imbatterono nel fatidico 20 richiesto, ma si trattava del numero di carabinieri che, sparpagliati in posizioni strategiche, li accolsero con tutti gli onori, li ammanettarono e li condussero in gattabuia.
Al processo si scoprì che si trattava di personaggi di rilievo, addirittura della succursale delle Brigate rosse, i famigerati NAP: Nuclei armati proletari (fig.6).
Sul loro capo pendeva un mandato di cattura per omicidio ed erano da tempo ricercati invano. La condanna fu esemplare: 30 anni, interamente scontati.
Li aspettavo all'uscita dopo 6 lustri per salutarli, ma non si sono più presentati.

fig.06 NAP

Nel 2000 ebbi una richiesta da parte di una mia vecchia cliente, che sottovalutai, facendo un errore di cui ho pagato oltre misura le conseguenze.
"Voglio 200 milioni subito, altrimenti ti denuncio, affermando che mi hai sottoposto ad un aborto con la violenza" dichiarò perentoria la gran puttana, a sua volta figlia di puttana.
La misi cortesemente alla porta, ma ritenni inutile denunciare il tentativo di estorsione.
La denuncia la fece invece quella buona donna e trovò un magistrato credulone, che diede credito alla sua versione e spiccò un mandato di cattura nei miei riguardi, al quale segui un processo farsa ed una condanna degna di un boss della camorra.

fig. 07 - Duetto


A Napoli va di moda da tempo il "cavallo di ritorno", una terminologia altrove sconosciuta, che consiste nel rubare in genere un'automobile o della mercanzia, contattare poi il proprietario ed offrirne la restituzione in cambio di un compenso in denaro.
Anche io ho avuto anni fa un incontro ravvicinato con questa patologia criminale, quando di ritorno da una passeggiata mattutina per via Caracciolo, nel tornare su viale Dohrn, dove avevo parcheggiato il mio duetto (fig.7), mi accorsi che era stato trafugato.
Ritorno a casa in taxi e bestemmie varie poi, nel tardo pomeriggio, una telefonata:"Abbiamo ritrovato il vostro spider, se volete ci vediamo tra un'ora in vico S. Maria della neve, portate con voi un milione in contanti"
Scendo in cortile, munito di una copia delle chiavi, salgo sulla mia Jaguar, una sosta al commissariato Posillipo dove imbarco 4 poliziotti, 3 maschi ed una femmina muscolosa in borghese e mi avvio all'appuntamento.
Parcheggio distante e mi dirigo all'incontro sotto il braccio della donna, diretta discendente di Tarzan. Mi aspettano due ceffi dal volto patibolare.
"Abbiamo ritrovato la vostra auto e vogliamo consegnarvela". Stringendo loro la mano calorosamente li apostrofo:"Grazie mille, siete molto gentili, il mondo sarebbe migliore se tutti fossero come voi."
Nel frattempo con le chiavi di riserva salgo sull'auto ed accenno a mettere in moto. I due delinquenti, stupefatti dal mio comportamento e soprattutto intravedendo all'orizzonte avvicinarsi le sagome dei tre tutori dell'ordine, pensarono bene di dileguarsi tra i vicoli, mentre io trionfante tornavo a casa motorizzato.
Concludiamo con un botto finale, non solamente metaforico, ma anche tremendamente sonoro, costituito dall'esplosione di una bomba molotov, posta vicino ai serbatoi della mia Jaguar, ognuno contenente 50 litri di benzina e collegata all'accensione della vettura.
Autori del gesto criminale, avvenuto nel 1978, i seguaci di una setta cattolica oltranzista: Fede e libertà, che dopo una manifestazione sotto il mio studio (fig.8) distribuendo manifesti insolenti (fig.9), passarono dalle minacce ai fatti.
Per fortuna, altrimenti non starei a raccontarvi l'episodio, la bomba esplose durante la notte, con fiamme che divamparono fino al 4° piano del palazzo dove allora abitavo, in via Manzoni 184.

fig. 08 - Il Mattino 1 maggio 1978
fig. 09 - Volantino

martedì 20 febbraio 2018

Un importante libro di Egidio Valcaccia


tav. 1 - Copertina libro

La scultura lignea nel Settecento a Napoli rappresenta un settore trascurato dagli studi, per cui accogliamo con grande interesse il libro (fig.1) di Egidio Valcaccia, ricco di immagini, la gran parte a colori, che colma un vuoto e ci permette di conoscere artisti di valore, anche se poco noti, come Francesco Picano (fig.2), Michele Trilocco (fig.3), Giovanni Verzella (fig.4) e tanti altri, che si affiancano ai nomi più famosi di Giacomo Colombo e Nicola Fumo.
Nel 1950 si svolse a Napoli una memorabile mostra sulle sculture lignee della Campania, curata dai due mitici dioscuri Ferdinando Bologna e Raffaello Causa, allora giovanissimi. In seguito dobbiamo ricordare i contributi di Gennaro  e Gian Giotto Borrelli, di Teodoro Fittipaldi, di Letizia Gaeta e soprattutto di Pierluigi Leone de Castris.
L'autore del libro è un innamorato della sua terra ed animato da un sacro furore, pregno di passione civile, che lo spinge ad indagare i settori nascosti specialmente nel comprensorio stabiese e sulle costiere sorrentina ed amalfitana, fornendo agli specialisti spunti di riflessione e materiali inediti, che riesce a scovare grazie ad un fiuto da detective.
Non mancano coraggiose proposte di variare attribuzioni consolidate, come nel caso del San Michele Arcangelo (fig.5) del museo di Los Angeles, assegnato da tempo a Francesco Picano e che Valcaccia ritiene di restituire a Nicola Fumo, un artista che ben conosco ed a cui ho dedicato un breve contributo, quando ebbi occasione di  conoscere un capolavoro (fig.6) dell'artista conservato in una collezione piemontese, consultabile in rete digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.it/2015/09/una-splendida-scultura-inedita-di.html


tav. 2 - Francesco Picano - S. Pietro d'Alcantara - Modugno, chiesa dei Cappuccini

tav. 3 - Michele Trilocco - Cristo alla colonna - Positano, chiesa dell'Assunta

tav. 4 - Giovanni Verzella - S. Anna - Napoli, chiesa di S.Anna alle paludi
tav. 5 - S. Michele Arcangelo
tav. 6 - Nicola Fumo - Madonna - Alessandria, collezione privata

Elogio di un’ammiratrice

Ivana


Chi mi conosce bene sa quanto sia sensibile agli elogi ed alla vanagloria, per cui può immaginare la gioia che ho provato quando ho ricevuto una mail di complimenti da Ivana, una sconosciuta ammiratrice; gioia che voglio condivi dere con voi, riportando il breve testo del messaggio, espresso con una prosa aulica e magniloquente. 

“Per una mia ricerca inarrestabile di documenti e dipinti sul web, stamattina sono incappata nel suo blog.
Naturalmente, date le tangenze dei luoghi e degli interessi, avevo già avuto modo di incontrarlo e di metterci il naso, ma mai ero rimasta tra le pieghe delle sue stanze private. Mi ero sempre fermata sull'uscio della storia dell'arte, apprendendo talvolta ed imprecando più spesso. La passione fa così, si sa. Stamattina ero di cattivo umore e cercavo una scossa che mi rimettesse in vita e così ho cominciato a leggerlo, a riflettere e a pensare. Tralascio la portata delle svariate emozioni che ho vissuto di fronte alla bellezza e alla forza dell'amore, dell'amicizia, della scrittura, del coraggio e della napoletanità, che le lascio il piacere d'immaginare. Ma tenevo a dirle che -a mio avviso- non l'arte, non la bellezza, non gli affetti salvano la vita nell'oscurità ma la follia. Le giunga un mio elogio alla sua follia, che -come diceva Erasmo da Rotterdam- è la sola capace di renderci felici e liberi. In primis, dalla vergogna che offusca l'animo e dalla paura che distoglie dalle imprese. Siamo solo di passaggio su questo palcoscenico e vince chi, pur interpretando la maschera più bella, resta perdutamente se stesso”.

Ivana (figlia di Vincenzo e sorella di Dario)

sabato 10 febbraio 2018

Inesattezze, bugie ed imprecisioni sulla storia di Napoli. Errori madornali e boiate pazzesche a volontà

Tavola strozzi

Prefazione


Ho cominciato a scrivere questo libro nel 2015, proseguendo a rilento perché preso continuamente da altre idee da trasfondere sulla carta stampata. Alcuni passaggi hanno cominciato a comparire sui giornali, soprattutto su Il Mattino ed hanno sviluppato grande interesse, non solo tra i lettori, ma anche e soprattutto tra gli specialisti, che mi hanno sollecitato a raccogliere in un volume tutto il materiale che negli anni avevo faticosamente raccolto, frequentando gli archivi e molto spesso attingendo al lavoro poco divulgato di colleghi napoletanisti.
Infine non sono riuscito più a resistere alle pressioni dell'editore, che si dice certo che il volume quando uscirà creerà una sorta di linea di demarcazione tra la storia di Napoli, prima e dopo la caduta di tanti falsi idoli,  ai quali si è creduto per secoli e finalmente la nostra amata città potrà entrare nella modernità.
Conoscere la vera storia della sfogliatella e della pizza margherita, correggere infinite date ed attribuzioni nella pittura del secolo d'oro, sapere con certezza che le macchine anatomiche della Cappella Sansevero sono artefatti, che il "miracolo" dello scioglimento del sangue di San Gennaro sotto la minaccia dei fucili del generale Championnet non è mai avvenuto, che la fondazione della prima università laica del mondo nel 1224 ad opera di Federico II è una bufala; conoscere in ogni dettaglio la vera storia del brigantaggio, del sacco edilizio,del Risanamento, della terra dei fuochi è quanto mai sconvolgente, come scoprire con orgoglio la nascita a Napoli del futurismo, del cinema, della televisione e di tante altre cose che tutti credono nate altrove.
La storia di Napoli è piena di errori madornali, tramandati anche da studiosi celebri come Benedetto Croce e Matilde Serao. Metterli in risalto non può essere imputato come un reato di lesa maestà, ma unicamente come una faticosa ricerca della verità.
Non resta che cominciare la lettura ed ai posteri l'ardua sentenza
Achille della Ragione

giovedì 8 febbraio 2018

Un soggetto neo testamentario di Andrea Vaccaro

tav. 1 - Andrea Vaccaro - Marta rimprovera Maria Maddalena- siglato  AV - Londra, Brun Fine Art


Andrea Vaccaro è pittore dal pennello facile con una produzione pari, se non superiore, a quella di Giordano e Solimena, Non esegue soltanto pale d'altare per le chiese più importanti di Napoli e del viceregno, oppure sante in estasi con gli occhi al cielo, le dita affusolate e soprattutto il seno protrudente quanto invitante, ma più di una volta si è cimentato in soggetti mitologici e derivanti da storie narrate nella Bibbia, come nel caso dello splendido dipinto di cui fra breve discuteremo.
Mi trovavo a Londra pochi giorni fa dove avevo tenuto una conferenza alla Witt Library e prima della partenza ho deciso di fare una passeggiata tra gli antiquari alla ricerca di qualche bel dipinto napoletano inedito.
Sono stato fortunato, perché ho subito trovato ciò che cercavo: una spettacolare tela di Vaccaro, siglata con il caratteristico monogramma a lettere intrecciate, raffigurante Marta che rimprovera Maddalena (fig.1), un soggetto raro, che può essere interpretato anche come la Modestia e la vanità.
Ho fatto alcune foto ed appena tornato a Napoli ho consultato il mio archivio fotografico, dove ricordavo una immagine dello stesso soggetto; infatti, già da me pubblicata nella mia monografia sull'artista, esiste un'altra versione con impercettibili varianti a Salt Lake City nel Utah Museum of Fine Arts, mentre la stessa iconografia trattata in maniera casta è conservata a Mosca nel museo Puskin. (Andrea Vaccaro opera completa, fig. 205 - 206 - Napoli 2015).
Alcuni particolari del dipinto in esame (fig.2–3-4) mettono in risalto una tavolozza dal cromatismo smagliante che richiama a viva voce le suggestioni neo venete e vandichiane che influenzarono la pittura napoletana a partire dalla metà degli anni Trenta, per cui suggeriscono una datazione della tela nel quarto decennio del secolo.


tav.2 - Andrea Vaccaro - Marta rimprovera Maria Maddalena- siglato  AV - (particolare) -Londra, Brun Fine Art
tav. 3 - Andrea Vaccaro - Marta rimprovera Maria Maddalena- siglato  AV - (particolare) -Londra, Brun Fine Art
tav. 4 - Andrea Vaccaro - Marta rimprovera Maria Maddalena- siglato  AV - Londra, Brun Fine Art

martedì 6 febbraio 2018

La potenza del denaro

tav. 1 - Denaro


L’automazione, i computer, i robot quanto prima libereranno l’umanità dal fardello del lavoro ed anche il denaro, ad esso collegato, andrà in soffitta dopo millenni di baratti e secoli di moneta.
Sarà la più rivoluzionaria delle rivoluzioni alla quale non siamo assolutamente preparati, affezionati come siamo a quei  simpatici pezzi di carta, sporchi e stropicciati che sono i soldi. Li desideriamo ardentemente, li conserviamo come reliquie nel portafoglio, per averli facciamo qualsiasi cosa, anche lavorare come matti per tutta la vita, per averne di più siamo disposti a tradire un amico, a scavalcare un debole, ad ingannare un avversario.
Crediamo ciecamente che con il loro possesso si possa comperare tutto ciò che si desidera: oltre a vestiti, auto, cibo ed oggetti lussuosi anche il favore degli altri, l’onestà delle donne, la giustizia degli uomini, la coscienza del prossimo.
Se non ne abbiamo la gente ci guarda con insofferenza e con disprezzo, mentre se mostriamo di averne tanto tutti si dimostrano amici.
Dimentichiamo che il denaro (fig.1) non ci permette di acquistare né la salute, né l’amore, né la vera amicizia e neppure la serenità. Con il loro possesso ci procuriamo soltanto l’invidia della gente, l’unica cosa di cui faremmo volentieri a meno. 
Tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora è molto bello ed istruttivo, non per niente è stato scritto dal sottoscritto tanto tempo fa ed ha costituito infinite volte il testo di lettere al direttore pubblicate dai principali quotidiani italiani. Però, posso assicuravi che il possesso del denaro vi fornisce una illusione di potenza o quanto meno una libertà di decisione sconosciuta a chi vive di stipendio. Per convincervi vi citerò 4-5 esempi che mi hanno interessato nel corso degli anni, premesso che l'entrata in vigore dell'euro mi ha trasformato da miliardario in semplice milionario.  
In ordine cronologico il primo episodio risale alla fine degli anni Settanta, quando, partecipai ad un bando per l'assegnazione di un posto di aiuto primario nel reparto di Maternità del vecchio ospedale di Pozzuoli (fig. 2) e me lo aggiudicai grazie ad alcune mie pubblicazioni scientifiche, che, oltre alla specializzazione, furono giudicate positivamente dalla commissione esaminatrice.   
 Il primo giorno di lavoro arrivai con 10 minuti di ritardo, per la difficoltà, essendo nuovo, a trovare un posto nei cortili per parcheggiare l'auto. Il primario sta facendo il giro tra le pazienti con il suo codazzo di aiuti ed assistenti, mi accoglie furibondo e mi ammonisce:
"Che non capiti mai più questo ritardo inqualificabile, altrimenti mi arrabbio".
"Non si preoccupi, non capiterà mai più, perché in questo momento mi dimetto".
Gettai a terra il camice e nell'uscire dal reparto sbattei  con veemenza la porta a vetri, che si frantumò in mille pezzi, alla pari della sovra porta, anche essa di vetro. Lasciai al custode sbalordito il mio biglietto da visita dichiarando:
"Mandatemi il conto della riparazione a casa e porgete i miei saluti al primario".

tav. 2 -  Vecchio ospedale di Pozzuoli
tav. 3 - Villa della Ragione ad Ischia
tav. 4 - Aliscafo Snav
tav. 5 - Motoretta

Il secondo ed il terzo episodio riguardano Ischia, da dove, nei mesi estivi, ogni mattina mi recavo, dalla mia villa a Forio (fig.3) nel mio studio di via Manzoni a Napoli per ritornare a tarda sera, quando non pernottavo, cosa che capitava 2 volte alla  settimana. Correvo sempre sul filo di lana ed una mattina avevo tra le mie braccia Tiziana, la mia figlioletta che voleva salutare le mie zie. 
Vi era una fila interminabile alla biglietteria ed io non potevo assolutamente perdere l'aliscafo (fig.4), perché mi attendevano numerose pazienti ed un ritardo, anche di un'ora, avrebbe scombussolato la tabella di marcia dei miei appuntamenti giornalieri. Per cui mi avviai alla passerella dell'imbarco ed indicando un signore distinto e distante una ventina di metri affermai che lui aveva i biglietti per me e mia figlia. Appena entrato mi nascosi tra la folla e quando il signore sorpreso dichiarò di non conoscermi, il natante era oramai in procinto di partire. I marinai dopo una lunga ricerca mi scovarono e mi portarono nella stanza del comandante, il quale cominciò a redarguirmi impietosamente, fino a quando io, scocciato per la lunghezza della ramanzina gli buttai ai piedi 50.000 lire e lo minacciai:
"Mi hai rotto gli zebedei, se continui mi comperò l'aliscafo e ti licenzio".
Il secondo episodio ischitano riguarda un ritorno serale, quando io, terminato lo studio, mi recavo dalle mie zie, che abitavano ed abitano anche oggi a piano terra, consegnavo loro, senza contarlo, l'incasso della giornata cambiavo il mio pantalone di lavoro con dei più comodi calzoncini ed accompagnato in auto da uno dei miei assistenti, correvo a prendere l'ultimo aliscafo. Un giorno ero sul filo del rasoio e rischiavo di rimanere a Napoli, per cui mi avviai senza la tappa intermedia dalle mie antenate. Giunto ad Ischia Porto, poiché il mio autista era impegnato in un accompagnamento, mi avviai allo stazionamento delle motorette e mentre mi accingevo a salire su una di queste (fig.5) fui bloccato dal conducente che, preoccupato per il mio abbigliamento che giudicava eccezionalmente casual, mi ammonì:
"Lo sai che la corsa per Forio costa 20.000 lire?".
Io baldanzoso misi la mano nella tasca estrassi una cospicua manciata di soldi e chiesi perentorio: "Lo tieni il resto di 5 milioni?".
Al che l'autista, scambiandomi per un boss della camorra si inchinò ed implorò che mi accomodassi.
Altri episodi salienti della libertà di scelta che permette la ricchezza sono legati alla mia villa posillipina (fig.6-7) acquistata nel 1980 e che da allora costituisce la mia sfarzosa dimora.
Più volte ho dovuto resistere a tentativi di fitto e di acquisto; il primo da parte del presidente del Napoli dell'epoca, che quando acquistò Maradona (fig.8) si era impegnato col pibe de oro a procurargli una villa dove abitare e mi offri 50 milioni al mese per l'utilizzo della mia per il periodo in cui il re del pallone avesse soggiornato in città. Ottenne un secco rifiuto e Diego dovette arrangiarsi in 6 camere in via Pacuvio con 100 metri scarsi di giardino.
Il secondo tentativo fu di acquisto e risale al 2009, prima della grande crisi, che ha fatto precipitare il prezzo degli immobili. Si fece avanti una delle donne più ricche e potenti della città, di cui non rivelo il nome per non procurarle noie col fisco, che mi offrì 7 milioni di euro in contanti ed eventualmente versati all'estero per avere l'onore di abitare la mia austera dimora. Anche lei ottenne un diniego e l'invito a fare un nuovo tentativo con i miei figli dopo la mia dipartita da questa valle di lacrime.
Il terzo episodio riguarda un quadro (fig.9), uno dei più belli della mia collezione da me comperato nel corso dell'asta dei beni di Achille Lauro e che in precedenza apparteneva alla celebre raccolta Doria D'Angri, dalla quale il Comandante l'aveva acquistato nel 1940, quando, notificato dallo Stato, era attribuito a Bernardo Strozzi. All'epoca pagai 17 milioni e dovetti attendere 3 mesi, durante i quali lo Stato poteva esercitare il diritto di prelazione, periodo che il dipinto trascorse nel museo di Capodimonte, dove fu notato  dal professor Leone De Castris, che, dopo aver consultato il suo collega Bagnoli, massimo esperto della pittura senese, consigliò di variare l'attribuzione e la relativa notifica sul nome di Rutilio Manetti.
Passarono due mesi e da me si presentò un emissario del presidente del Monte dei Paschi di Siena, che in quel periodo, antecedente alle prodezze della famiglia Renzi, era una delle banche più importanti di Italia e candidamente mi confidò che il maxi dirigente voleva a tutti i costi posizionare il dipinto dietro la sua scrivania, disposto, pur di esaudire il suo desiderio a sborsare 80 o anche 100 milioni, una cifra 5 volte superiore a quella da me pagata pochi mesi prima. Certo di concludere il funzionario rimase di stucco quando gli dissi che avrei regalato all'illustre presidente una gigantografia della tela, ma che per l'originale la posizione privilegiata era costituita da una parete del mio salone.
tav. 6 - Articolo su Casa Mia gennaio 1997

tav. 7 - Una parte del salone
tav. 8 - Maradona
tav. 9 - Rutilio Manetti - Madonna col Bambino e san Francesco