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martedì 17 novembre 2015

La strage di Parigi provoca unanime cordoglio, ma non si può solo piangere





Il vile attacco terroristico, che ha insanguinato Parigi, provocando oltre 100 vittime ed una giusta ondata di indignazione in tutto il mondo, ben espressa nelle ferme parole di condanna del Pontefice, deve farci riflettere, perché non si può solo piangere, bensì bisogna prendere cognizione della complessa situazione internazionale, che richiede fermezza da parte della politica, chiamata a difficili quanto coraggiose decisioni, illuminazione da parte dei pochi intellettuali ancora in circolazione, ma soprattutto coraggio da parte di tutti noi, pronti ad appoggiare provvedimenti drastici quanto oramai ineludibili.
Cosa può fare l’Italia, cosa l’Europa, cosa l’Occidente? Sono tre percorsi diversi anche se tendono alla fine verso lo stesso obiettivo, fermare o quanto meno arginare il terrorismo.
L’imminente celebrazione del Giubileo fa tremare, anche se l’Italia, da sempre è stata immune dal terrorismo, perché costituisce il ventre molle, attraverso il quale l’immigrazione clandestina fa affluire ogni anno milioni di disperati, tra i quali sarà facile reclutare esaltati disposti a qualunque atto inconsulto.
Ritornando alla prevenzione del terrorismo compito dell’Italia è potenziare i servizi segreti, unica arma in grado di contrastare una guerra senza fronti e senza eserciti schierati. Se non riusciremo a reclutare James Bond, almeno cerchiamo di assoldare agenti esperti provenienti da intelligence dell’est europeo, una via già percorsa con ottimi risultati dalla delinquenza organizzata.
Una strategia che dovrà essere perseguita anche dall’Europa, in grado di affiancare anche efficaci azioni militari, in particolare bombardamenti a tappeto là dove vengono localizzati campi di addestramento, soprattutto nei territori del Califfato islamico, argomento sul quale invito il lettore a consultare in rete un mio breve scritto digitandone tra virgolette il titolo: “Il Califfato islamico: come, quando, dove, perché”.
L’Occidente, Stati Uniti in testa, deve poi prendere atto che ciò che sta succedendo è solo il capitolo iniziale di uno scontro di civiltà epocale, sul cui risultato finale non mi pronuncio (sono pessimista), ma che va combattuto senza esclusione di colpi.
Quando il gioco diverrà duro e le azioni militari si intensificheranno è pura illusione lavorare senza l’aiuto degli Americani e l’assenso, più o meno prezzolato di Putin.

4 commenti:

  1. Un problema centrale troppo ignorato è quello di smascherare gli Stati che direttamente o indirettamente vendono armi ai terroristi. I paesi produttori sono pochi, ben noti, e le strategie per ovviare ai controlli sono arcinote : io le armi le vendo a te perché ciò è lecito e tu puoi poi venderle e chi non è lecito che io le venda direttamente. Senza questo smascheramento ufficiale in sede di ONU, non una tantum ma insistentemente, e senza provvedimenti ad hoc le altre sono tutte chiacchiere. Facciamo torney ATP di tennis e faremo anche i mondiali di calcio in stati che probabilmente concorrono al foraggiamento degli Jiadisti. Pe nnon parlare dei nostri "amichevoli" rapporti con l'Arabia Saudita.. What else? come dice George Clooney .

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  2. Non escludo,a priori, l'intervento militare,ma credo che,come tutte le organizzazioni malavitose e terroristiche,il primo passo sia "affamarle"toglierle la possibilità di rifornirsi di armi e di fare proseliti. Credo,pure,che tutti gli Imam sparsi nel mondo,dovrebbero essere più espliciti nei loro sermoni e condannare quello che Allah non ha mai detto,cioè fare

    la guerra. Credo,anche, che la democrazia non si esporta ma la si vive.inoltre mi domando chi è che ancora compra, di contrabbando,petrolio da questi "signori" e chi fornisce loro armi cosi' sofisticate,visto che le loro tecnologie non sono affatto all'avanguardia.

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  3. Concordo in pieno con te bisogna agire e reagire amico mio un grande abbraccio a presto

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  4. Credo che per la lotta al califfato sia determinante l'aiuto della Russia di Putin

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