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venerdì 19 giugno 2015

Nanomedicina: paure e speranze

articolo di Tiziana della Ragione e Enrico Pellizzari

nano medicinale


Negli ultimi 20 anni l’interesse della comunità scientifica e le aspettative dell’opinione pubblica verso la nanomedicina, cioè l’applicazione delle nanotecnologie in medicina, sono in forte aumento. Il successo delle nanotecnologie nel settore sanitario risiede nella loro capacità di “dialogare” con il nostro corpo, poiché il funzionamento di molti processi biologici e di diversi meccanismi cellulari si svolge su scala nanometrica (ordine di grandezza di un miliardesimo di millimetro). Pertanto, lavorando su scala nanoscopica, la nanomedicina offre la possibilità di intervenire in maniera naturale sui normali processi cellulari.
I campi d’applicazione della nano medicina si sono allargati a macchia d'olio spaziando dalla cura delle malattie neurodegenerative, immunologiche e cardiovascolari, alla prevenzione del rigetto d’organo in seguito ad un trapianto, fino al monitoraggio e alla terapia delle malattie tumorali in campo oncologico.
Una tecnologia su scala nanometrica applicata alla medicina ha, come fine ultimo, quello di curare l’uomo senza danneggiarne la struttura cellulare, liberando il farmaco "al posto giusto" (cioè nella cellula da trattare). Nella cura del cancro sono in sviluppo nano farmaci che hanno la capacità di intervenire specificamente sulle cellule tumorali in modo da indurne la distruzione selettiva, senza "bombardare" di veleno tutte le cellule del corpo indistintamente, effetto collaterale della chemio terapia tradizionale.
Parallelamente allo sviluppo dei nanofarmaci, i ricercatori nel settore della nanomedicina si stanno concentrando sullo sviluppo e sulla sperimentazione dei nanomateriali utilizzati in medicina.
In campo ortopedico, ad esempio, è stato già possibile dimostrare come le fratture ossee possano avere un tempo di recupero eccezionalmente più rapido, quando particolari gel nanoscopici vengono utilizzati per il riempimento dell’osso nella parte fratturata. Questi nanomateriali, che hanno la stessa composizione dell’osso, scompariranno gradualmente grazie al normale processo di calcificazione, permettendo un recupero in poche settimane invece che in qualche mese.
Questi nanomateriali troveranno applicazione anche nelle sempre più diffuse malattie neurodegenerative, come il Parkinson o l'Alzheimer, dove circuiti cerebrali danneggiati potranno essere sostituiti con nanostrutture, in modo da far circolare nuovamente il messaggio nervoso.
Ancora, l’utilizzo di sistemi di dimensioni paragonabili a quelle di un virus, capaci di penetrare nelle cellule con facilità e, quindi, il poter veicolare nel nostro corpo, in maniera precisa e selettiva, piccolissimi nano-robot con funzioni specifiche, permetterà alla medicina di fare passi da gigante anche e soprattutto nel campo della prevenzione e della diagnosi delle malattie. I nano-robot potranno essere programmati per ispezionare la presenza di eventuali agenti nocivi nel nostro corpo in modo da distruggerli selettivamente o, semplicemente, per trasportare particolari sostanze in un distretto specifico del corpo lì dove quest’ultime fossero necessarie (per esempio, per riacquistare una funzione perduta).
A questo punto è lecito chiedersi: ma quanto sono sicuri questi prodotti costruiti con la tecnologia dell’ultra-piccolo? Che cosa succederebbe se perdessimo il controllo del nano-robot in circolo nel corpo del paziente?Questi innovativi dispositivi sono davvero controllabili dall'esterno? La nanomedicina non è priva d'incognite e rischi. Stiamo, infatti, parlando di sostanze che ridotte a nanodimensioni perdono le normali caratteristiche chimico-fisiche e si comportano in maniera diversa, acquisendo nuove proprietà i cui rischi e benefici devono, per molti aspetti, essere ancora valutati.
Nanomateriali a base di metalli come il ferro o l'oro, soprattutto utilizzati nella diagnostica per immagini (come nel caso della risonanza magnetica nucleare), persistono per lungo tempo nel nostro corpo e di conseguenza vanno valutati i possibili effetti collaterali come, ad esempio, un'importante infiammazione generata dal sistema immunitario.
Il passaggio dal laboratorio al banco del farmacista è ancora lungo. In particolare, la tossicità delle nanoparticelle e gli effetti collaterali sono aspetti da non sottovalutare. L'attenzione della comunità scientifica si è, infatti,focalizzata sulla messa a punto di nanoparticelle completamente degradabili nel corpo e capaci di scomparire nell'arco di qualche giorno o al massimo settimane.
A tutela dei pazienti, istituti come l'FDA (Food and Drug Administration) negli Stati Uniti e l'EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) in Europa regolano e controllano l'immissione di nuovi farmaci sul mercato.
Una zona d’ombra sui rischi della nanomedicina esiste ma le paure e le perplessità attuali non possono né rallentare né bloccare il progresso e la ricerca scientifica. I benefici e le speranze offerte dalla nanomedicina sono, forse, l'unica risposta possibile per molte delle malattie che affliggono milioni di persone e presto molte malattie che hanno afflitto per millenni l’umanità saranno debellate e troveranno posto solo nei libri di storia della medicina
Tiziana della Ragione
Enrico Pellizzari

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