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martedì 28 gennaio 2014

Seduzioni mediterranee dell’erotico Sud



Uno sguardo sul golfo di Napoli dalla collina di Posillipo mette già in evidenza come la natura abbia segnato il panorama con l’idea della seduzione con la forma di sirena mollemente sdraiata sulle due estremità del lido, bella e scostumata, sempre in attesa di nuove vittime da ammaliare e disperdere nei labirinti di carne dei bassi e dei palazzi affacciati sul mare. Anche se il mito fondativo di Napoli fa di Partenope una vergine, la leggenda poi si snoda su un grande amore contrastato e sulla finale sepoltura a Castel dell'Ovo, dove, si narra sia anche la tomba di una delle: patrone della città, santa Patrizia, versione cattolica della sirena stessa. Perché al Sud, come scrisse sprezzantemente Ernest Renan, il sesso prevale su ogni cosa, «è la terra del piacere e niente di più». Contro ogni rivendicazione illuminista, è questo il modello mitico che arriva fino alle luciferine descrizioni di Curzio Malaparte né La pelle (1947), catalogo infinito di «segnorine» e bordelli, di vecchie lolite e prostitute bambine. «Femmene», e «Zoccole» che, nel mercato italiano della prostituzione, hanno mantenuto dal lontano Quattrocento un posto di rilievo.
Napoli ed il Mezzogiorno sono sempre stati raccontati come terra di piacere e di libertà sessuale tra mandolini e duelli, camorra e passioni. Tarantelle sfrenate con audaci movenze dei corpi ed il guappo macho.
Tornando alle sirene, prodotto tipico locale, chi forse ha meglio incarnato quel mix di seduzione personale e attrazione della città è stata Sophia Loren, i partenopea regina dei sensi soprattutto in gioventù. Molte altre ci hanno provato, con esiti alterni. Una mano alle tante licenze ormonali ce l'ha messa anche l'archeologia ruffiana, con l'eros pompeiana ispiratore di infinite languidezze intellettuali e le statue classiche a forte impatto erotico, tanto da doversi registrare tra le varie psicopatie anche la «monumentofilia». Il travestimento arcaicheggiante piaceva molto al mondo gay, basti citare le celebri foto del barone von Gloeden a Taormina. E Capri, isola dissoluta dai tempi di Tiberio, è stata il simbolo stesso dell'eccentricità erotica, la «Sodoma e Gomorra» Gay-Lesbica che ha saputo incarnare un «way of life» arcadico e sregolato, eccessivo e teatrale, tipico delle classi sociali alte che vi hanno soggiornato.
Pompei ha costituito un’icona di lussuria e di sesso smodato anche se studi recenti ci hanno evidenziato aspetti sorprendenti tra cui la parità dei sessi ed il predominio delle matriarche.
Finalmente viene sfatata, una leggenda che si prestava a molte chiacchiere: non è vero che a Pompei prima dell’eruzione del Vesuvio ci fosse un numero straordinario di prostitute. In realtà le lavoratrici e i lavoratori del piacere erano, nella città sommersa da cenere e lapilli, di numero pari a quelli delle altre città romane. E allora tutte lei, immagini di Priapi e accoppiamenti tra i vari sessi e persino con animali? Be', quello riguarda, il modo con cui i Romani-Pompeiani consideravano il sesso: un divertimento. Le immagini erotiche popolavano non solo le case private, ma anche le salumerie, le bancarelle e i negozi di ogni genere, e l'uguaglianza tra maschi e femmine a Pompei si manifestava nel fatto che nessuno dei due sessi si scandalizzava più di tanto. Ma era una società maschilista come lo è oggi il Sud? Non proprio. A Pompei le donne partecipavano alla vita politica facendo campagne elettorali, possedevano patrimoni personali che spesso amministravano da sole, gestivano attività di lucro e nei negozi in proprio e, probabilmente perché impegnatissime come imprenditrici, godevano di escort maschili e femminili per particolari diletti sessuali, ovviamente a pagamento e all’insegna del motto che uomo-oggetto è bello. Il quadro che ne esce è quello di una società evoluta e mobile, moderna e complessa. Per esempio lascia non poco sorpresi il fatto che l'istruzione femminile era all'epoca estesa anche alle classi non ricche, e non si limitava solo a nozioni elementari le scritte e i versi graffiti da donne sui muri non erano certo fatte da matrone, ma da donne delle classi meno abbienti, eppure in queste scritte scopriamo una cultura che testimonia tra l'altro la lettura delle poesie di Catullo per esprimere la propria passione. Paragoni con oggi? La ragazza o il ragazzo di liceo per le sue frasi sul muro adopera Vasco Rossi o Jovanotti, e non certo Derek Walcott o Montale. Ma esiste anche una continuità fortissima tra quel passato e il nostro oggi: la presenza irresistibile dei parvenus. La casa dei Vetti apparteneva con certezza a una famiglia di arricchiti, che esageravano con il lusso più o meno allo stesso modo con cui gli arricchiti politici o criminali di oggi si fanno costruire a Casal di Principe e Marano, ville che somigliano a torte nuziali partorite dalle menti di architetti analfabeti; con la differenza che la Casa dei Vetti a paragone delle torte architettoniche odierne, è un capolavoro di eleganza.
E il cibo? Come mangiavano, a Pompei? E cosa? Qui sembra davvero non essere cambiato nulla, e anzi è come se negli ultimi dieci anni si fosse fatto di tutto per imitare gli antichi romani-pompeiani. I pranzi erano costituiti da una delirante quantità di antipastini che andavano dagli asparagi alla lattuga, dalle olive alla mammella di scrofa in salsa di tonno, dai funghi ai gamberoni alla brace, dalle ostriche al pesce marinato e ai formaggi freschi e secchi, il tutto innaffiato da abbondante «mulsum», il vino corretto con il miele che secondo il poeta Orazio, che sembra tradurre direttamente da un primigenio dialetto napoletano, «sciacquava gli intestini» prima del pranzo vero proprio: vale a dire le tre portate canoniche, la frutta e i dolci.
E la politica? Era accanita e vendibile come oggi, e i voti di preferenza erano un commercio diffuso. Secondo le leggi dell'epoca gli avvocati dovevano praticare senza chiedere soldi, ma poi grazie a questo «tirocinio» gratuito, potevano intraprendere la carriera politica. Se ne deduce che si rifacevano di tutte le spese morte dì quando erano avvocati? È ragionevole pensarlo certo queste coorti di avvocati in politica ci suonano molto, troppo familiari.
Allora come oggi si amava far casino, stare per strada, far chiacchiere da una biga all'altra, fare shopping, ammassarsi sulla soglia dell'anfiteatro, sgranocchiare sementi; ma a Pompei la circolazione di uomini e mezzi di locomozione era impossibile, e il traffico regolatissimo. A loro il piano antitraffico non serviva.

Particolare di Napoli in una tavola di Alessandro Baratta
Pompei - Alcesti e Admeto
Pompei: scena erotica

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