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giovedì 28 novembre 2013

Buon sangue non mente

Luigi De Laurentiis 

Dopo nonno e padre, anche Luigi De Laurentiis si avvia a seguire le orme di famiglia e debutta con Vacanze di Natale a Cortina, nei cinema a partire dal 16 dicembre. Egli come tutti i giovani ha delle idee nuove con le quali conta di cambiare il cinema, ad esempio una telecamera sempre accesa sul set.
Luigi da pochi giorni è divenuto papà di una bella bambina, avuta dalla compagna Brooke, alla quale ha imposto il pomposo nome di Isabel Grace Maria.
Nel suo primo film è partito in quarta, scritturando attori del calibro di Sabrina Ferilli e Christian De Sica.
Lo conosciamo meglio attraverso le sue parole.
Luigi De Laurentiis dipende da come lo guardi. Se gli volti le spalle e ti affacci alla vetrata di questo palazzo arroccato sul Quirinale in cui lavora, scopri la più bella vista di Roma mai ammirata, e lì capisci che cosa significa avere successo. Se poi ti giri e guardi le pareti tappezzate da vacanze in tutto il mondo - con le facce di De Sica, Hunziker, De Luigi e tutti gli altri protagonisti del fortunatissimo filone natalizio - vedi la sua storia: quella di un uomo di 32 anni, produttore per tradizione familiare, il cui vacanze di Natale a Cortina uscirà al cinema il 16 dicembre. Ma se infine abbassi gli occhi sulla scrivania, vedi quella che poteva essere l'altra sua vita: acquattati fra copioni e matite, spuntano ovunque modellini di Ferrari e auto da corsa. 
Ma come? De Laurentiis è un marchio di cinema e di pallone (il Napoli, che il padre di Luigi, Aurelio, ha acquistato nel 2004): che cosa c'entrano le automobili? «Mai visto il calcio in vita mia, prima del 2004. Quello che mi appassiona sono le auto da corsa, se potessi è quello il campionato che vorrei vincere. Anche se, certo, noi nella Champions riponiamo grandi speranze». Per il Napoli, Luigi si occupa di merchandising e sviluppo del brand, cura la piattaforma tecnologica - apps, Facebook, sito - e sceglie i colori delle maglie. 
«Perché le maglie per una squadra sono la corazza comunicativa, quella che permette di riconoscerla, e dà forza». 
Detto questo, però, il vero impegno professionale di Luigi è cinematografico. E il cinema sì che lui lo frequenta da sempre. Da quando accompagnava il nonno - Luigi, con il fratello Dino fu il primo del- la dinastia a occuparsi di cinema, ai tempi del neorealismo e di Totò - a vedere i film «Però con lui andavo anche alle gare di cavalli: era un grande scommettitore, e spesso ci prendeva», oppure assisteva alle 
proiezioni in casa, di pellicole come Guerre stellari, il primo Indiana Jones, Ritorno al futuro. egli anni, il ragazzo ha attraversato la fase tombeur (la sua storia con Michelle Hunziker è stata paparazzatissima), ma ha anche studiato produzione all'Università della South California, e adesso affianca il padre nella loro Filmauro, fondata da Aurelio nel 1975. In più, un mese fa - il 3 novembre - è diventato papà.
Come si chiama sua figlia? 
«Isabel Grace Maria». Capisco, si è ispirato al cinema: a Isabella Rossellini e a Grace Kelly. 
«Sbaglia. Isabel e Grace li abbiamo scelti perché funzionano sia in italiano che in inglese, il terzo è il nome della nonna». In italiano e in inglese perché sua moglie è americana? 
«Sì, però con Brooke non sono sposato, non ne sentiamo la necessità. Ci siamo conosciuti mentre giravo Natale a Miami, nel 2005, e adesso è nata la bambina: l'emozione più grande mai provata». 
Una bambina interromperà la genealogia dei produttori De Laurentiis? 
«No, perché? Magari continuerà la tradizione del cinema, oppure quella del calcio. Oppure quella del cibo: mio bisnonno aveva un ottimo pastificio». 
Lei, invece, ha mai pensato di fare altro? 
«No, sono fiero del nome che porto. Fin da bambino: quando assistevo a un film di mio padre e sentivo la gente ridere, era meraviglioso. E poi ho avuto l'opportunità di conoscere tutti i comici di quegli anni, che giravano per casa nostra». 
Chi, per esempio? 
«Alberto Sordi, che mi sembrava il nonnetto. Roberto Benigni, nostro vicino di casa: un cartoon che salticchiava di qua e di là. U go Tognazzi invece mi faceva il gioco del grissino: una parte su un orecchio e una sull'altro, come se il grissino gli attraversasse la testa». 
Andavate anche a cena da Tognazzi? 
«Sì, ma si sa che i suoi piatti non erano granché». 
Quando lei ha deciso di lavorare nella FiImauro, come l'ha presa suo padre? 
«All'inizio è stato complesso trovare i miei spazi, ma dopo i primi due film papà mi ha subito mandato a New York da solo a gestire un intero set». 
Avete 30 anni di differenza, avrete anche idee diverse sul cinema... 
«La nostra idea di comicità è simile. Certo, io sono più attento a cose della mia generazione, come il Web. Mi interessa un caso come I soliti idioti: un successo nato proprio su Internet, quindi passato alla Tv 
e infine al cinema». 
Si -dice che le commedie siano uno specchio della società: come sono cambiate oggi, rispetto ai primi tempi di suo padre? 
«Per parlare al pubblico giovane, abituato a tempi concitati, il montaggio è oggi più frenetico. Ma le cose che fanno ridere non sono cambiate». 
Però, ho l'impressione che quest'anno - con Vacanze di Natale a Cortina - ci sia un'inedita riscoperta della fedeltà. 
«Questo è il Natale in cui la donna prende la sua rivincita. La Ferilli è coprotagonista a tutti gli effetti di De Sica, negli ultimi anni è successo forse solo con la Hunziker». 
A proposito di Hunziker: per un certo periodo, la vostra storia d'amore riempiva i giornali. Com'è andata poi?  «Per favore, lasciamo stare, la mia compagna leggerà quest'intervista. Sono stati due anni molto intensi, siamo stati travolti… dai paparazzi: non potevamo muovere un passo senza essere fotografati». 
D'altra parte, produttori e attrici è un classico. 
«Ho avuto la mia fase, adesso è finita. Sono contento di essere passato attraverso queste esperienze, oggi ho trovato un mio equilibrio e sono felicemente accasato». 
Tornando alla commedia. Anche nel nuovo film di Carlo Verdone che producete, Posti in piedi in paradiso, c'è un tema molto attuale: i padri separati. 
«Sono situazioni spesso terribili, difficili da raccontarsi in commedia. Ma i figli sono la vera speranza, il rapporto con i genitori permette di guardare al futuro». 
Com'è lavorare con Verdone? 
«Affascinante, per l'umiltà che mostra anche dopo 30 anni di successi, ogni volta che viene con un nuovo progetto sembra un ragazzo che ha paura di essere bocciato, ha l'ansia di chi deve fare il suo primo film. Poi inizia a raccontarci la storia, si muove, la recita, e funziona sempre». 
Qui di fronte, il presi e te Napolitano a appena firmato il decreto salva Italia. Ma la crisi quanto incide sui film comici? 
«Nel 2008, quando scoppiò la prima crisi, noi facemmo 27,5 milioni con Natale a Rio: è la terapia delle risate contro la paura. Certo, l'importante è che il film funzioni». 
Come si fa a capire se funziona? 
«Devi poter raccontare la storia in poche parole. Come dicono Spielberg e Coppola, gli elementi della riuscita sono due: la sceneggiatura e il marketing. Negli Usa ci sono ottimi sceneggiatori, si formano attraverso serie Tv di qualità, mentre da noi, a parte Sky, questa scuola non c'è». 
E il marketing? 
«Bisogna fare trailer in cui si capisca ciò che si vedrà, non confusi come si fa in Italia. lo poi sogno di tenere una telecamera sempre accesa sul set: una specie di Grande Fratello del film, da trasmettere su un canale di cinema, così che il pubblico segua giorno per giorno le riprese».

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