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sabato 28 settembre 2013

Un capolavoro poco noto

01-Sepolcro di Sergianni Caracciolo


La pittura napoletana più conosciuta è quella dei secoli XVII-XIX, ma anche in epoca precedente vi sono espressioni artistiche degne di essere poste all’attenzione degli appassionati del bello e tra queste un posto di rilievo rivestono, nella cappella Caracciolo del Sole della chiesa di agostiniana di San Giovanni a Carbonara, i cicli di affreschi di Leonardo da Besozzo e Perinetto da Benevento che narrano le Storie della Vergine e degli eremitani.
Siamo nel 1427, nel periodo di transizione tra il casato d’Angiò ed il nuovo regno di Alfonso d’Aragona e per volere di Sergianni Caracciolo del Sole, gran siniscalco, si procede alla costruzione di una grandiosa cappella dedicata alla Natività della Beata Vergine. Un nuovo corpo di fabbrica rispetto alla struttura medioevale della chiesa che presentava anche una novità in senso rinascimentale per Napoli, sotto il profilo architettonico, con la cupola terminante con costoloni  e lanternino marmoreo, purtroppo distrutta dal devastante terremoto del 1688.
Due sono gli autori delle decorazioni: Leonardo da Besozzo che arriva a Napoli dopo aver lavorato al fianco del padre Michelino nel cantiere del Duomo di Milano e Perinetto da Benevento, artista singolare, il quale, ad una formazione in sintonia con l’arte angioina contemporanea, accoppia le novità e gli espressionismi del mondo valenzano. 

02-Pavimento della Cappella Caracciolo del Sole

03-Leonardo da Besozzo-Storie della Vergine

04-Leonardo da Besozzo-Nascita di Maria

Gli affreschi raffigurano cinque episodi della vita di Maria: Natività, Presentazione al Tempio, Annunciazione, Dormitio Virginis ed Incoronazione. Alla base troviamo poi le Storie di eremiti.
Nello scomparto della Natività compaiono delle rondini a simboleggiare l’arrivo della salvezza con la Resurrezione di Cristo. Tra queste ve n’è una, posta su un’asticella resa con una naturalezza sorprendente con due rapidi tocchi di colore: bianco per il petto e nero per la coda. Sembra un dettaglio trascurabile, viceversa trasuda tangibilmente l’arte tardo-gotica di Leonardo da Besozzo.
Prima di descrivere e commentare i due cicli di affreschi, vogliamo segnalare la presenza del monumento marmoreo di Sergianni Caracciolo, a cui fanno compagnia cinque cariatidi raffiguranti personaggi armati ed un imponente pavimento maiolicato giocato su varie tonalità di azzurro, che dà luogo ad un effetto di potente luminosità. 
La lettura dei due cicli decorativi parte dalla Natività di Maria, la quale è inserita in un cortile cittadino, mentre l’evento principale si svolge in una stanza. Interessante il particolare della donna intenta a spennare un gallo, un precedente di contatto con la realtà, che troverà concreta espressione in Lombardia secoli dopo nei dipinti dei Campi. Un omaggio allo sfarzo del committente lo evidenziamo nei ritratti di Sergianni Caracciolo del Sole, nello splendore di un abito nero dai risvolti bianchi, mentre sua moglie, Caterina Filangieri è abbigliata con una splendida veste di broccato con le maniche dai risvolti di pelliccia. I cappelli dei personaggi raffigurati richiamano a viva voce i copricapi in uso nelle corti del Nord, immortalati negli affreschi di Palazzo Borromeo a Milano o nel ciclo di cavalieri del Pisanello a Mantova.
Nell’Annunciazione l’Arcangelo Gabriele dalla chioma bionda e riccioluta plana verso la Vergine in preghiera in un tripudio di luce. Il pavone sulla balconata che ne riflette l’ombra, è un raro esempio di naturalismo ante litteram.
Classica l’iconografia della presentazione al Tempio, mentre nella parte bassa della Dormitio Virginis vi è un’immagine cruenta del taglio delle mani derivato da una tradizione figurativa orientale che rinvia ai Vangeli apocrifi.

06-Leonardo da Besozzo-Incoronazione della Vergine

07-Perinetto da Benevento-Storie eremitiche

08-Perinetto da Benevento


Si giunge così all’immensa esaltazione cromatica delle gerarchie celesti con la folla di angeli dai volti rubicondi, di suonatori e di cantori, che fanno cornice all’Incoronazione della Vergine.
Quanto alla presenza dell’ordine agostiniano, essa risulta chiara nel ciclo con le Storie di eremiti. Qui è possibile riscontare il riferimento a un repertorio dotto di fonti agiografiche fondate su opere come la Vita Pauli scritta da San Girolamo e la Vita Antonii di Sant’Atanasio, cardini della tradizione letteraria delle Vite dei santi Padri del deserto. Tra boschetti verdeggianti e gole desertiche si consumano le lotte con il demonio, s’intrecciano cesti di vimini, s’intagliano cucchiai come vecchi boscaioli, si sta vicino alle fiere come se fossero animali mansueti e un eremita accovacciato su una palma riceve dall’angelo il pane eucaristico. Per giungere alla Gerusalemme celeste il transito terreno diviene obbligato; un angelo attende alla porta e richiama la schiera dei frati, vestiti tutti dell’abito agostiniano, mentre intonano lodi e mirano alla Città di Dio. Il passaggio dall’eremo al cenobio costa la fatica del lavoro manuale, così mattone su mattone nasce il convento e il cuore della comunità religiosa è là dove l’abate insegna e ammonisce.
Sembra emergere nelle Storie di questi eremiti un carattere intimamente quotidiano che di colpo li avvicina alla semplicità disarmante dei detti o delle sentenze dei Padri del deserto, dei quali scrive Cristina Campo: «Parlare dei Padri del deserto non è in realtà meno impervio di quanto non fosse far parlare loro. Bisognerebbe, per farlo, essere loro, ma allora non si parlerebbe. Non si hanno ormai, o non si hanno più, nemmeno gli organi per afferrarli. Lo spazio stesso che li isola è così eccessivo da non consentire di traversarlo. Uomini più grandi del vero, come è sempre più grande del vero la Verità».
Le storie narrate negli affreschi fungevano da esempi di vita per i nuovi eremiti che aspiravano ad entrare nell’ordine degli Agostiniani e loro avevano gli occhi e lo spirito adatto ala contemplazione.

09-Perinetto da Benevento-Storie eremitiche

10-Perinetto da Benevento-Storie eremitiche


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