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domenica 7 luglio 2013

Verso un mondo senza lavoro

di Marina della Ragione

robot

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria mutazione genetica nel mercato del lavoro. Fino ad ora credevamo che ogni innovazione togliesse occupazione in un settore per crearne altra in campi diversi. Infatti, il motore a vapore ha reso inutili gli stallieri, ma ha creato l’industria ferroviaria, dando impulso alla siderurgia, ma oggi o robot, la telematica e tecnologie sempre più raffinate, sostituiscono l’uomo con la macchina, senza che la produzione diminuisca, anzi aumenta ed aumenterà sempre di più, liberando l’uomo dalla maledizione biblica di procacciarsi da vivere con il sudore della fronte. E non dobbiamo accusare come sempre la globalizzazione, perché molte industrie de localizzate in Asia stanno ritornando in occidente soltanto che vengono affidate alle macchine; un sovvertimento inesorabile anche in paesi a basso costo del lavoro, come Cina e India, dove si tende a sostituire gli operai con i robot.
La digitalizzazione ha effetti devastanti sulla occupazione, sostituendosi a mestieri sempre più sofisticati. I paradigmi del lavoro, dello sviluppo e del benessere che abbiamo conosciuto finora, sono destinati a cambiare più di quanto non immaginiamo.
La fotografia digitale ha fatto fallire la Kodak con i suoi 140.000 dipendenti, mentre Instagram, nuovo monopolista nel mondo delle immagini, aveva appena 13 dipendenti quando la compro Facebook.
Molti ancora si lamentano della progressiva scomparsa del posto fisso, mentre dobbiamo renderci conto che non solo molti mestieri, ma anche quasi tutte le professioni vengono oramai svolti dalle macchine. 
L’era dei robot, annunciata profeticamente dai libri di fantascienza è arrivata davvero. Un mondo nuovo fatto di badanti elettroniche con sembianze umane che negli ospedali giapponesi già assistono anziani malati, o i cingolati della General Eletric, che si occupano della manutenzione e del rifornimento negli aeroporti, ispezionando minuziosamente i motori dei jet, prima e dopo la partenza. Le metropolitane di Milano, Parigi ed Amburgo che sfrecciano senza conducente, i tram automatici in Germania, i droni americani che volano senza pilota da 8 anni, mentre si prevede che tra il 2016 ed il 2018 tutti i voli saranno guidati dal computer di bordo. I bancomat che compiono tutte le operazioni di uno sportello bancario, l’auto che cammina da sola preparata da Google, i programmi Turbo Tax o Tax Act che da anni permettono a decine di milioni di Americani di presentare la dichiarazione dei redditi senza l’ausilio di un commercialista. Le agenzie di notizie sul web che mandano in soffitta i giornali stampati, le università on line che permettono di seguire le lezioni dei più illustri luminari. I programmi diagnostici in medicina che rendono superfluo l’operato del medico, perché in grado di comparare il paziente in esame con una casistica infinita. 
La politica deve prepararsi ad affrontare un quadro profondamente diverso rispetto ai dogmi del passato: un sistema produttivo che però richiede minime quote di lavoro, senza necessariamente giungere a quanto profetizzato dai futurologi più ortodossi, che affermano che in futuro ci saranno sol tue tipi di lavoro: quelli in cui dici al computer cosa devi fare e quelli nei quali è un computer a dirti come comportarti.
Altre ricette sono state proposte in passato a partire da quella di Rifkin, che fu il primo nel 1995, nel suo libro “La fine del lavoro” a focalizzare il problema dell’impatto della tecnologia sull’occupazione e propose una riduzione generalizzata degli orari di lavoro, fino a Latouche fautore della crescita.
Un quadro quanto mai incerto, complicato dal fatto che la politica, soprattutto la democrazia viene chiamata a rompere schemi consolidati ed a prendere scelte coraggiose che possono rappresentare un salto nel buio, in un momento in cui tutti i governi dell’occidente vivono un processo di sfaldamento e di indebolimento di tutti i poteri.
Di conseguenza, come ci insegna la storia la dittatura è alle porte e dobbiamo auspicare sia a livello planetario e possibilmente illuminata.
Per chi volesse approfondire l’argomento consiglio di consultare su internet un mio breve saggio: “Un’idea per salvare il mondo”.

Marina della Ragione

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