Luigi Mascilli Migliorini |
Sentir parlare di Napoleone e delle sue imprese con un linguaggio preciso quanto affascinante è un privilegio raro ed eccezionale se al relatore si possono, per oltre un’ora, rivolgere le più svariate domande, ottenendone esaurienti risposte.
Sto raccontando semplicemente ciò che avvenne nel 2007 nel salotto letterario di mia moglie Elvira, quando il professor Luigi Mascilli Migliorini intervenne, gradito ospite, per illustrare ad un folto ed attento pubblico vita, morte e miracoli dell’illustre personaggio di cui è uno dei massimi esperti a livello internazionale.
Il professore, nato a Napoli nel 1952, insegna “Storia delle Istituzioni Politiche” alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Federico II di Napoli ed è docente di “Storia del Mediterraneo” e di “Storia della Francia moderna e contemporanea” all’Istituto Orientale.
Oltre a scrivere frequentemente interessanti articoli sulle pagine de “Il Mattino”, è direttore della “Rivista italiana di studi napoleonici”, condirettore della “Rivista storica italiana” e collaboratore culturale de “Il Sole 24 ore” e “La Nazione”. E’ tra i fondatori, oltre che membro, del comitato scientifico dell’”Osservatorio Euromediterraneo e del Mar Nero” del Comune di Napoli, membro della “Fondazione scientifica Francesco Saverio Nitti”, presidente del “Centro culturale e ricerche Euromediterraneo” (CIREM). Ha collaborato alla “Storia d’Italia” diretta da Giuseppe Galasso.
Ha pubblicato numerose opere: “La cultura delle armi. Saggi sull’età napoleonica” (1992), “Napoleone” (2001, vincitore nel 2002 del Grand Prix de la Fondation Napoléon), “Il mito dell’eroe: Italia e Francia nell’età della restaurazione” (2003), “Napoleone. Conversazioni religiose sulla fede e sull’esistenza di Dio” (2004), “L’Italia dell’Italia. La tradizione toscana da Montesquieu a Berenson” (Le Lettere 2006), “Leggenda e realtà di Napoleone” (UTET 2007), “Storia del Mediterraneo moderno e contemporaneo” (Guida 2009), ”L’Italia napoleonica. Voci per un dizionario critico” (UTET 2010), “Dizionario critico dell’Italia napoleonica” (2011).
Essendo anche titolare di una delle poche cattedre italiane di Storia del Mediterraneo ed avendo io organizzato in passato un importante convegno all’Istituto degli Studi Filosofici, “Napoli capitale del Mediterraneo”, la discussione si spostò sul difficile rapporto nei secoli tra la nostra città ed il mare e su come si sia sprecata una grande occasione, non riuscendo ad assicurare alla città, nonostante la strategica posizione geografica, un ruolo politicamente dominante sull’antico mare nostrum.
Napoli, infatti, nonostante la posizione centrale nel Mediterraneo, per la mancata collaborazione tra istituzioni centrali e locali, resta emarginata nei rapporti e nei traffici con gli altri Paesi che si affacciano su quel mare.
Inoltre, a distanza di un secolo, paga ancora la strategia industriale di Francesco Saverio Nitti che, insediando nel bellissimo litorale flegreo uno dei più grandi distretti dell’acciaio, lo ha privato, fino ad oggi, della possibilità di svolgere la funzione di attrattore turistico e culturale che meriterebbe per i tanti tesori d’arte e paesaggistici che contiene.
La politica degli annunci ritorna ciclicamente sui numerosi progetti di recupero e disinquinamento ambientale ma, nonostante i buoni propositi e le belle parole, a distanza di molti anni dalla dismissione e dallo smantellamento dei vari insediamenti industriali succedutisi in quell’area ed i capitali immessi allo scopo, il sito versa ancora in condizioni pietose.
C’è stato, però, un periodo nel quale Napoli è stata considerata al centro del Mediterraneo ed è stato quando, porto di imbarco delle truppe, ha subìto numerosi e devastanti bombardamenti da quelli che, in seguito, sarebbero diventati “gli Alleati”. Inutile ricordare che, negli anni precedenti alla guerra, le scelte strategiche del fascismo avevano privilegiato Genova e La Spezia, trascurando Napoli.
L’amara conclusione di Luigi Mascilli Migliorini è che Napoli non ha saputo, e non sa ancora cogliere, nessuna delle occasioni mediterranee che l’attualità e la centrale posizione nel Mediterraneo può offrirle e questo è un vero peccato.
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