Napoli e le sue meraviglie. Finalmente visitabile un illustre monumento
Il convento di San Domenico Maggiore (Fig.01), che forma con la chiesa un complesso di grandiose proporzioni (Fig.02), è il risultato di una secolare stratificazione che fu avviata a partire dal 1227 quando papa Gregorio IX inviò a Napoli un piccolo gruppo di domenicani che si stabilirono nell’antico monastero di San Michele Arcangelo a Morfisa abitato prima dai monaci brasiliani e poi dai benedettini.
Nel convento soggiornò tra il 1272 e il 1274 Tommaso d’Aquino (Fig.03) che insegnò teologia nello Studio lì stabilito da Carlo d’Angiò.
Nel 1284 iniziarono per volere di Carlo, principe di Salerno, il futuro Carlo II, i lavori di riedificazione della chiesa, mentre nel 1289 vennero avviati i lavori di ristrutturazione del convento.
L’organismo, che nel corso dei secoli si estese progressivamente in un’insula di dimensioni quasi quadrupla rispetto alla maglia della città nella città, raggiunse il suo massimo sviluppo a seguito dei lavori promossi a partire dal 1669 dal priore Tommaso Ruffo dei duchi di Bagnara.
Il priore Ruffo, che profuse nell’intervento gran parte del suo patrimonio personale, volle salvaguardare alcuni ambienti legati alla secolare storia del complesso, come la cella di San Tommaso (Fig.04-05-06).
Il risultato dei lavori che continuarono nel corso del Seicento fu una fabbrica di maestose proporzioni, articolata in tre braccia: il dormitorio di San Tommaso, il noviziato e il dormitorio dei Maestri, disposti attorno ad un’area libera destinata a giardino. Adiacenti al dormitorio di San Tommaso si sviluppavano al primo piano il Refettorio, la Sala del Capitolo (Fig.07-08-09) e la Biblioteca.
Si avvicendarono in questa monumentale impresa gli architetti Bonaventura Presti, Francesco Antonio Picchiatti e Luigi Nauclerio.
Oggi il convento è smembrato in più zone, una parte è utilizzata dai Domenicani, un’area a livello del chiostro è occupata dalla palestra Virtus, un’altra ancora è occupata su tre livelli dall’Istituto Scolastico Casanova (Fig.10) e infine la parte più rilevante, che ha ospitato fino agli anni ’90 le aule dell’ex Corte D’Assise, è oggetto dell’attuale intervento di restauro.
Il recupero di questi grandi spazi che ospitavano le celle di sicurezza oltre che le aule della Corte con le conseguenti realizzazioni di locali ammezzati, controsoffittature e incongrui corpi di fabbrica, è stato improntato alla ricostituzione delle originarie caratteristiche architettoniche e spaziali e al ripristino dei collegamenti tra gli ambienti e delle loro caratteristiche tipologiche. Per una parte rilevante l’intervento ha riguardato la “pelle” decorativa di questi ambienti monumentali con il restauro dei superstiti cicli pittorici (Fig.11-12-13-14), degli stucchi tardo seicenteschi e della cella di San Tommaso, interamente decorata negli anni venti del Settecento, nonché di numerosi arredi tra i quali la Macchina liturgica per le Quarantore, complesso organismo che potrà costituire uno dei punti di maggiore attrazione della futura organizzazione museale di questi spazi.
L’intervento, che ha interessato una vasta area pari a circa 7000 metri quadrati, di cui 4000 afferenti all’ex Corte d’Assise integralmente restaurati e ri-funzionalizzati, 3000 afferenti all’ala dell’Istituto A. Casanova esclusivamente consolidati, ha impegnato un consistente gruppo di lavoro della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli e provincia, con l’apporto di esperienza di qualificati consulenti esterni, durante il corso di un prolungato arco temporale.
P.S. Foto di Maddalena Iodice