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giovedì 5 aprile 2012

Ricordando il Centenario


17/3/2011

Sono divenuto vecchio senza accorgermene, infatti ricordo come se fosse ieri, ed erano cinquanta anni orsono, quando avevo tredici anni e visitai a Torino i festeggiamenti per il Centenario dell’Unità d’Italia, accompagnato da mio padre nel mio ultimo viaggio con lui già gravemente ammalato, ma volle accompagnarmi a celebrare un momento epocale della nostra storia.
Come pure conservo gelosamente nella mia biblioteca un’antologia di scritti patriottici, con in copertina una coccarda tricolore, che venne distribuita gratuitamente a tutti gli studenti italiani. 
Erano lontani anni luce le revisioni dei neoborbonici e le scriteriate proteste secessionistiche della Lega.
Per Italia ’61 a Torino fu approntata un’avveniristica monorotaia, si potette assistere al circorama ad un emozionante documentario sulle nostre regioni (le fasi emozionanti di una corsa a Monza o l’ingresso trionfale nel golfo di Napoli in aereo tra Vesuvio e via Caracciolo), vi erano un’infinità di ristoranti dove si potevano gustare i manicaretti caratteristici di ogni località della penisola.
Si respirava ovunque un grande entusiasmo, perché non si festeggiava soltanto l’Unità, ma soprattutto il grande progresso economico della nazione: l’oscar della moneta alla lira, lo straordinario successo delle olimpiadi di Roma, le ultime a misura di uomo, il lavoro che aumentava, le autostrade che crescevano come funghi, le riforme, i grandi cambiamenti nel costume, lo stupefacente miracolo economico.
Dopo cinquanta anni la situazione è radicalmente cambiata con una disoccupazione dilagante, il calo demografico, le fazioni politiche impegnate in una lotta senza esclusione di colpi, il crepuscolo delle coscienze, l’epicedio dei valori.
Come i 100 anni furono contraddistinti da allegria e partecipazione, così i 150 sembrano distinguersi unicamente dall’eclisse della speranza e dalla negazione del cammino percorso assieme.

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