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sabato 17 marzo 2012

Un artista artigiano da salvare

12/12/2006

La prima volta che ho incontrato Elio Chiuriazzi è stato durante l’edizione di «Napoli Monumenti Porte Aperte» del 1993.
A visitare l’antica fonderia, sita ai Ponti Rossi, tra la collina di Capodimonte ed il traffico impazzito di piazza Ottocalli erano con me mia moglie Elvira e la più colta coppia di amici che abbia, l’avvocato Elio Rocco Fusco e consorte, la preside Amina Lucantonio.
Via dei Ponti Rossi 271 è un indirizzo da storia dell’arte da oltre 130 anni, qui sono state fuse opere di Gemito e di Mancini.

Ad accoglierci sul vialone della fabbrica, costituita da due grossi padiglioni era il proprietario Elio Chiurazzi, rappresentante della quarta generazione e pronipote del fondatore Gennaro Chiurazzi allievo di quel Pietro Masulli che per primo concepì e tradusse in atto l’idea di riprodurre l’arte antica; egli, ultimo erede della più celebre famiglia italiana di fonditori, gentilissimo ci accompagnò per tutta la visita, facendoci intrattenere a parlare con gli operai specializzati ed illustrandoci alcuni antichi segreti della lavorazione del bronzo.
Varcando il cancello dell’antica fonderia avemmo netta l’impressione di correre indietro nel tempo e di entrare in una antica bottega rinascimentale e bisogna sforzarsi per non dimenticare che ci trovavamo nel XX secolo e poco lontano dal caotico centro della città.

Il dottor Chiurazzi, laureato in legge e nato a Napoli nel 1929, ci raccontò che il suo bisnonno aveva fondato agli inizi dell’800 una scuola di artigiani, che nei primi anni venne ospitata nel Reale Ospizio dei poveri di piazza Carlo III, per poi trasferirsi nella sede attuale; mentre disponeva nel centro della città di due grandi sale da esposizione ove mettere in mostra per la vendita copie fedelissime dei reperti archeologici che in quel periodo venivano incessantemente alla luce durante i lavori di scavo di Ercolano e Pompei ed in parte anche di Roma.

A cosa è dovuta l’altissima fedeltà delle riproduzioni in bronzo che escono da oltre un secolo dalla fonderia Chiurazzi? Il segreto ci viene svelato dal dott. Elio ed è molto semplice: annessa alla fabbrica esiste una importante gjpsoteca, cioè una collezione di calchi in gesso, eseguiti sulle opere di arte originali. L’importantissima raccolta, ricca di oltre 1500 forme tassellate in gesso, opportunamente catalogate ed esposte in ambienti ricchi di suggestione e di storia, costituisce un patrimonio artistico e culturale veramente unico al mondo.

Circa trenta anni fa, ci racconta il dott. Chiurazzi, alla mia porta venne a bussare un cliente di eccezione: era Paul Getty, che per il suo museo di Malibù in California desiderava possedere la riproduzione di tutti i più importanti capolavori scoperti nell’antica Pompei e la cosa fu possibile e perfettamente realizzabile per la presenza nella nostra gjpsoteca dei loro calchi ed essendo gli unici al mondo a possederli fummo anche gli unici in grado di duplicarli. Come pure ci riuscì di realizzare una copia esatta del grandioso gruppo bronzeo del Laocoonte, un’opera veramente difficile da realizzare.
Nessun museo al mondo permette che sulle proprie opere vengano eseguiti dei calchi in gesso, per la riproduzione in bronzo o in marmo, prosegue il dott. Chiurazzi, per il timore che tali opere possano in qualche modo essere danneggiate e ciò dimostra l’ignoranza della tecnica da parte dei responsabili del patrimonio artistico.

In mani esperte non esiste, infatti, alcun rischio di danneggiare gli originali, ma la diversa convinzione da parte dei direttori dei musei, fa si che, non potendo crearsi nuovi calchi, le pochissime gjpsoteche nel mondo che posseggono i modelli delle opere più importanti rappresentano un patrimonio che deve essere assolutamente conservato, tutelato e protetto.
La fonderia ha raggiunto il massimo della notorietà all’inizio del secolo ed è sempre stata più famosa all’estero che in Italia, perché i clienti sono stati in ogni epoca quasi tutti stranieri.

Il massimo della fama venne raggiunta nel 1900, quando il nonno del dottor Chiurazzi volle partecipare con un’opera in bronzo all’esposizione mondiale di San Louise classificandosi tra centinaia di concorrenti al secondo posto. Dopo questo successo cominciarono a giungere ordinazioni da tutto il mondo e la fonderia lavorò per anni a pieno regime dando occupazione in alcuni periodi fino ad un massimo di 600 operai specializzati.
Scorrendo il registro delle ordinazioni si possono osservare oltre a numerosi turisti, molte richieste eseguite da parte di famosi musei e di illustri teste coronate europee. Tra i personaggi famosi che più volte hanno ordinato riproduzioni anche un personaggio inquietante Herman Goering, maresciallo di Hitler e numero 2 del Reich.

Nell’arco degli anni sono passati per il cancello di ingresso posto sui Ponti Rossi opere gigantesche dirette in tutto il mondo: la Madonna del Carmine per Cuba, il gruppo equestre dell’Artigas per Montevideo; le opere per il Carnegie Library College a Pittsburg, una delle due quadriglie del Vittoriale a Roma; il gigantesco gruppo La civiltà e la coscienza a Panama; il frontone dell’università ed il gruppo equestre di Armando Diaz a Napoli.
Un settore molto importante di attività è costituito dalla riproduzione di opere classiche, che richiedono, per ottenere una elevata qualità, una raffinata tecnica di esecuzione che, ideata nel passato, è restata inalterata fino ai giorni nostri ed è patrimonio di pochissimi operai specializzati, i quali eseguono con passione un lavoro artigianale difficile e meticoloso. Gli operai che lavorano oggi sono soltanto una decina, coadiuvati da pochissimi apprendisti, perché oggi è difficilissimo trovare dei giovani che vogliano dedicarsi all’artigianato.

Il sistema che noi adoperiamo, prosegue Chiurazzi, per riprodurre antichi capolavori è immutato da molti secoli e viene chiamato a cera persa. Esso consiste nel chiudere in un involucro di gesso il modello originale di cera che va poi esposto al calore, il quale sciogliendo la cera lascia una forma vuota, una sorta di negativo fotografico, nella quale vengono praticati alcuni pertugi attraverso i quali si cola la lega fusa, che, raffreddandosi si solidifica ricalcando positivamente lo stampo. L’opera in bronzo che si ottiene deve poi essere lavorata al cesello e deve essere sottoposta a vari tipi di patinatura.
Dopo la seconda guerra mondiale purtroppo il mercato internazionale delle opere in bronzo ha subito una grave crisi che ha interessato anche il settore della lavorazione del marmo. Le poche richieste provengono da parte di enti privati e da qualche grande impresa.
La crisi maggiore ha colpito specificamente il settore del ricalco tradizionale delle opere antiche, che costituisce il lavoro più caratteristico della fonderia.

Il mio sogno ribadisce Elio Chiurazzi è quello di poter avviare una scuola di artigianato artistico, di poter trasformare la mia azienda in un bene culturale, perché altrimenti dopo di me la fonderia è destinata a chiudere. I miei due figli un maschio ed una femmina hanno già intrapreso carriere diverse. Ho inoltrato numerose richieste di intervento e di aiuto senza mai ottenere risposta. Anni fa riuscii a convincere un onorevole a presentare un’interrogazione parlamentare, ma anch’essa non ha avuto alcun seguito.

«Eppure l’eccezionale interesse della fonderia e principalmente l’unicità della gjpsoteca meriterebbe ben altra attenzione», ribadisce con amarezza Elio Chiurazzi «affinché la fonderia possa continuare come scuola-laboratorio che assolva a compiti di preparazione professionale; soltanto seguendo questa strada si potrebbe valorizzare e perpetuare una tradizione unica».
Finita la visita ci rechiamo negli uffici amministrativi dove possiamo ammirare antiche foto, vecchi registri, qualche pregevole opera in bronzo riprodotta.

La mia attenzione è calamitata da un bronzo di Totò di cui da sempre sono uno sviscerato estimatore. tale opera fu costruita nella fonderia con l’ausilio di un artista contemporaneo per partecipare alcuni anni fa ad un concorso indetto dal Comune di Napoli per un omaggio da rendere al grande comico scomparso, collocando una sua statua in una piazza della città.
Come per tante altre iniziative della nostra scalcinata amministrazione, del concorso non s’è fatto più niente ed il busto del nostro amato concittadino è rimasto nell’anticamera del dottor Chiurazzi, cui chiedo se l’opera è in vendita perché sarei interessato all’acquisto.

«Debbo chiedere il permesso all’artista, mi lasci il suo nome ed il suo numero di telefono e le farò sapere entro qualche giorno».
Da allora è trascorso un tempo infinito, ma non ho ancora ricevuto alcuna risposta.
Forse l’artista non ha dato il suo assenso, forse il mio viso ed il mio cognome non hanno dato sufficienti garanzie che potessi spendere una cifra cospicua per l’acquisto dell’opera o forse la managerialità di questa vecchia ed illustre ditta è in declino.
Ai posteri l’ardua sentenza.

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