11/1/2007
Da tempo (anni) meditavo di scrivere sulla vecchiaia; questo ritardo mi ha permesso di avvicinarmi maggiormente a questo imbarazzante periodo della vita dell’uomo, della cui esistenza egli stesso è responsabile.
Se osserviamo gli animali in libertà, senza dimenticare che anche noi lo siamo, ci accorgiamo che non conoscono né vecchiaia, né lunghe malattie ed invece, con il nostro incauto comportamento, abbiamo condannato a queste maledizioni anche gli animali domestici.
Uno dei pensieri che più mi rattrista al mattino è che il tempo, inesorabile, non scorre eguale per tutti i viventi. Il giorno appena trascorso equivale a sette giorni per il mio fedele amico Portos; oggi abbiamo in proporzione la stessa età, ma il suo tempo scorre impietosamente più veloce.
La natura nella sua infinità saggezza, o Dio se vi fa più piacere, non aveva previsto per l’uomo che si potessero superare i 30 - 40 anni: la menopausa per le donne, la calvizie per gli uomini, la presbiopia per entrambi sono aberrazioni non programmate.
L’uomo viveva nel vigore della giovinezza e moriva nel pieno delle proprie forze, non conosceva l’umiliazione del degrado fisico e la morte per consunzione. Poi la civiltà, la prosperità e la medicina hanno aggiunto anni alla vita senza aggiungere vita agli anni, dando luogo alla vecchiaia, una maledizione tra le più difficili da tollerare.
Il nostro corpo invecchia, ma dentro molti di noi rimangono giovani. Ci è vietato guardare le ventenni con cupidigia, ma la bellezza ancora ci attrae irresistibilmente; non abbiamo davanti a noi molti anni da vivere, ma non ci rassegniamo all’idea di morire.
Spesso riusciamo a sopravvivere decentemente, ma quando siamo costretti dall’avanzare inesorabile degli anni e dalle malattie a subire mille limitazioni, ci sentiamo degli abusivi della vita. Raramente siamo tanto saggi da apprezzare ciò che ci resta ed a temere di perderlo. Ma la mazzata più forte che ci riserva la vecchiaia è la perdita del proprio compagno. Non vi è saggezza che possa confortarci, non siamo fatti per restare da soli. Abbiamo rinunciato al branco, ma siamo programmati per vivere in coppia, è scritto a chiare lettere nel nostro Dna.
Si può essere felici su di una sedia a rotelle, se vi è qualcuno che ci spinge amorevolmente. Si riesce a vivere con qualsiasi menomazione, se a confortarci vi è il nostro compagno, ma è una pena feroce continuare a vivere la vecchiaia per il sopravvissuto.
Chi muore per primo non capisce la sua fortuna; dovunque egli vada il compagno che resta va all’inferno.
Maledetta vecchiaia.
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