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sabato 17 marzo 2012

Salone dell’antiquariato a Napoli

23/11/2006


Dopo sedi prestigiose, da Castel Sant’Elmo a Castel dell’Ovo ed in ultimo la Reggia di Portici, quest’anno il Salone dell’antiquariato è approdato alla Mostra d’Oltremare, dove a fronte di una maggiore superficie espositiva si è trovato a confrontarsi con difficoltà logistiche, dall’assenza di segnalazioni alla dislocazione decentrata dei parcheggi.
Ma passiamo dall’aridità della contingenza al sublime dell’arte e cerchiamo di identificare tra gli stand le top ten della pittura, tralasciando altre pur ben rappresentate espressioni artistiche, dalle ceramiche ai mobili, dai tappeti ai presepi ed ai pastori.
I dipinti prescelti appartengono tutti al Seicento, il secolo d’oro della pittura napoletana.
Partiamo dall’antiquario Currier dove ci accoglie una seducente Flora (fig. 1), replica autografa del capolavoro di Pacecco De Rosa conservato nel Kunsthistoriches di Vienna, dal quale differisce unicamente per un piccolo nastro azzurro tra i capelli. Composizione gioiosa che funge da quarta di copertina dell’unica monografia sull’artista, opera del sottoscritto. Ma il quadro più interessante è una splendida Madonna con Bambino che riceve una pera da San Giuseppe (fig. 2). Un classico Riposo nella fuga in Egitto ritenuto da Spinosa autografa del maestro, in base ad un raffronto con un quadro di analogo soggetto conservato al museo di Sarasota, ma forse, più probabilmente, opera pregevolissima di uno stanzionesco da identificare.


Pochi passi e ci imbattiamo in un Paesaggio con cascata (fig. 3) eseguito con certezza da Micco Spadaro, nonostante una microscopica sigla da approfondire ed interessante, presso lo stesso mercante, un San Modestino, dalla folta e cespugliosa barba, firmato da Nicola Vaccaro, un pittore di grande talento ancora poco noto e figlio del più famoso Andrea.

La Pinacoteca, diretta da proprietari competenti ed appassionati, espone quadri da museo, più che da collezione privata e tra questi due Luca Giordano di altissima qualità: un Trionfo di Galatea (fig. 4) del periodo fiorentino dell’artista, nel quale risaltano, come raffinato tocco di napoletanità, dei tralci di corallo rosso fuoco ed un’Adorazione dei pastori eseguita dal pittore all’età di sedici anni quando, come una spugna, recepiva l’influsso dei grandi pennelli dell’epoca. Nella tela, tra le figure in secondo piano, possiamo riconoscere lo stesso Luca (fig. 5) con i classici occhiali che rivedremo nei suoi più famosi autoritratti, come in quello conservato nella quadreria del Pio Monte della Misericordia.

Il principe degli espositori è Porcini, padre e figlio, titolari di Napoli nobilissima, una galleria che negli ultimi anni ha fatto fare a centinaia di capolavori il cammino inverso di quello al quale sono abituati. In genere infatti i quadri delle celebri, quanto decadute famiglie napoletane, dopo secoli di impoverimento e degrado, si sono trasferiti da tempo all’estero, quasi al soffio di un’incontenibile tempesta. Una diaspora rovinosa che ha rappresentato il segno inequivocabile del destino della città. I Porcini, viceversa, frequentando aste internazionali ed avendo occhi ed orecchie dappertutto, riescono a riportare all’ombra del Vesuvio,  presso nuovi collezionisti, preziose testimonianze del nostro passato. Come ad esempio il dipinto del D’Anna, raffigurante la festa del Carnevale, al quale abbiamo dedicato un articolo specifico. Tra le loro tele in mostra giganteggia un Martirio di San Bartolomeo della fase riberesca del Giordano, riprodotto anche nella monografia sull’artista ed un Giuditta ed Oloferne (fig. 6) di Filippo Vitale, inondato da un fiotto di naturalistico sangue arterioso.

Inoltre un delicato inedito di Pacecco De Rosa (fig. 7) ed una Santa Lucia (fig. 8) di struggente bellezza, assegnata dalla critica a Bartolomeo Bassante, ma forse opera di uno sconosciuto artista orbitante tra Cavallino ed Antonio De Bellis.

Concludiamo con la Blindarte, che espone una nobile signora dell’alta società dell’epoca ritratta nelle vesti di Santa Cecilia al cembalo (fig. 9), frutto del virtuoso pennello di uno dei primi seguaci napoletani del Caravaggio: Carlo Sellitto.


Foto di Dante Caporali

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